36. Uno per tutti

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André

Nell'istante in cui il drago era caduto a terra, carbonizzato, il mondo era diventato buio.

La magia era fluita dentro di me come se fossi un semplice involucro: la potenza devastante delle fiamme magiche di Cyran e delle abilità di Rhod erano schiaccianti ed io ero diventato molto presto la zattera in mezzo alla loro tempesta. Eppure, era stato elettrizzante, come guardare il mondo dalla cresta di un'onda gigantesca.

Quando gli ultimi residui di adrenalina mi abbandonarono, lasciando il drago di radici tutto nero di carbone, fumante e definitivamente annientato, lo fui anche io. Annientato. Non vedevo più nulla. Ero diventato completamente, definitivamente cieco. Lacrime calde di sangue mi erano scivolate sulle guance e la consapevolezza di essere cieco si fuse allo strano sollievo di un lieto fine.

Francis aveva preso la Lingua di Drago. Tutto il tempo, negli ultimi quindici anni, a desiderare di conquistare quel fiore leggendario... E adesso non potevo neanche vederlo. Eppure, quando lo avevo preso nella mano, avevo percepito una sensazione di rassicurante calore. Salvezza. Avevo un futuro, adesso: un futuro insieme a Rhod, che era molto di più di quanto potessi osare sperare.

Era inevitabile promettere a Rhod che sarei resistito finché non fossimo tornati alla nave. Avrei assunto la pozione curativa creata con la Lingua di Drago e sarei sopravvissuto. Dopo, ovunque fossi andato, sarei stato libero dall'ombra di Padre, dalla sua fattoria, dai miei fratelli morti, da Sun, dalle fiamme, dal senso di colpa per essere un sopravvissuto, dal dolore fisico. Libero. Sarei stato libero ed insieme a Rhod, finalmente.

Perciò, anche se non potevo vedere niente del mondo che mi circondava, sistemai il fiore nel taschino della mia camicia sozza di fango, sangue e sudore e cercai con la mano le piccole dita del mago, che subito individuarono le mie, intrecciandosi fino a far combaciare i palmi.

Barcollai, rischiando di inciampare in tutto ciò che picchiava contro la punta del mio stivale, ma ogni volta mi raddrizzavo prima di cadere. Non osavo ammettere di essere diventato cieco: sapevo che, altrimenti, mi avrebbero lasciato fuori. E io non potevo lasciare che Rhod entrasse in quel mostruoso castello senza di me. Anche senza occhi, avrei cercato di essere di supporto, piuttosto che un intralcio.

«Una volta la p-p-principessa m-mi ha de-detto... Di non g-guardarlo negli o-o-occhi. Pe-perché è c-così che t-ti p-p-prende.» sentii balbettare Rhod, mentre superavamo l'ingresso del castello e io sentivo un netto cambiamento nell'aria. Nell'odore. Quel luogo puzzava di muffa stantia, di cose lasciate al chiuso a deperire, di marcescente.

La puzza che aveva la cantina della fattoria, dove Padre gettava alcuni dei cadaveri dei suoi bambini cattivi, dopo aver finito con i suoi esperimenti falliti. Mi fece venire i brividi fino in fondo alle ossa: aver perso la vista mi costringeva ad aggrapparmi a tutti gli altri sensi, che invece avrei preferito ignorare.

La porta di chiuse di botto, con violenza, alle nostre spalle. E io avrei davvero voluto chiedere che cosa ci fosse intorno a noi. Che cosa vedessero. Era debole, fiacco, spossato e infastidito dal fatto che fosse tutto buio, come se avessi semplicemente gli occhiali appannati. Ma non importava quanto mi strofinassi le palpebre. Non vedevo comunque nulla.

«Andiamo avanti... L'importante è restare uniti.» disse Francis. Per tutta risposta, strinsi con maggior saldezza le piccole dita di Rhod, che sparivano nella mia presa. Non avevo paura di nulla, anche se non potevo notare le minacce in arrivo: l'importante era che Rhod restasse insieme a me.

Eppure, quella stessa speranza venne spezzata quando udii prima di tutti gli altri un inquietante rumore di pietre che stridevano e si spostavano sul pavimento. Stava per accadere qualcosa di brutto. Spalancai le labbra, ma la mia voce si bloccò nell'istante in cui un'altra si sovrappose dentro alla mia testa, rimbombando fra le pareti del mio cranio.

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora