20. Nuda verità, letteralmente

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Francis



C'erano questi due bambini, un po' sudaticci dentro ai loro vestitini pregiati, con i capelli fulvi e quelli azzurri incollati alle fronti, le guance paffute troppo rosse per la corsa, i petti che si alzavano e si abbassavano rapidamente nel tentativo di strappare aria dall'ambiente intorno a loro. Sotto al sole di Minartias, le loro pupille splendevano d'agata e metallo, le loro labbra tremule per la fretta di respirare si riscaldavano un poco, e le palpebre si sgranavano ancora alla ricerca di un nuovo posto dove nascondersi.

«... Cinquantasette, cinquantotto...»

Una voce altrettanto infantile scandiva il minuto che correva in quell'istante, mentre i due si guardavano intorno, e la principessina afferrava il colletto dell'altro come per strattonarlo.

«Dove andiamo?!»

Lui sorrise e le prese la mano, iniziando a correre. Ed io mi ricordai di com'era bello quel giorno, e di quanto tempo fosse già passato rispetto a quando eravamo piccoli, senza alcun problema al mondo se non quello di trovare il nascondiglio migliore.

Reprimendo un moto di nostalgia, rimasi a guardare ancora per qualche istante il regno fuori dalla finestra, che un giorno sarebbe diventato mio. Così come il bellissimo palazzo di Minartias, che annoverava un'ampia serie di labirintici giardini e roseti, così come ridenti meleti ed orticelli dove le piante colme di pomodori scintillavano di rosso come grappoli di rubini. Rimasi a lungo a fissare la cupola di vetro della serra preferita della principessa, quella dove passavamo troppo tempo a sfuggire dalle governanti e dal resto della corte, mentre ci sforzavamo di saper leggere tutti i nomi impronunciabili delle specie di piante.

No, non amavo la principessa Aeline, ma non potei non sentire la scintilla dentro al petto per il giorno che stavo vivendo. La celebrazione del nostro fidanzamento ufficiale, cerimonia che avrebbe preceduto, nell'arco di tempo di due anni esatti, il giorno del nostro matrimonio, e l'incoronazione di entrambi. Sarei diventato il sovrano di due enormi regni e con me avrebbe governato la mia migliore amica: l'idea mi faceva sorridere, in un'espressione colma di soddisfazione e fierezza. Eppure, in un minuscolo posto nascosto dentro al mio petto, la scintilla d'infelicità iniziò a pulsare come veleno impossibile da espellere. Non era quello che desideravo davvero, ed ogni angolo della mia mente lo urlava a gran voce, ma scacciai in fretta la protesta interiore.

Era tutto preparato. Indossavo quello splendido farsetto verde marocchino, una nuova spilla appuntata sul petto, una nuvola vaporosa di capelli fulvi e un profumo alla menta spalmato dietro alle orecchie. Stavo solo aspettando, indugiando davanti alla finestra, che il Re mi chiamasse per ultimare i preparativi finali e dare inizio alla grandiosa cerimonia che si sarebbe svolta nel primo pomeriggio. La mia attesa, infatti, non si protrasse ancora a lungo: un messaggero si allungò in profondo inchino, giunto al mio cospetto.

«Seguitemi, urge la vostra presenza nella Sala del Trono.»
Forse, quelle parole avrebbero dovuto farmi presagire qualcosa di grave e terribile, ma ero talmente spaccato a metà fra la mia infelicità e la mia diligenza verso i doveri da principe, da non rendermi conto dell'evidenza che si affacciava bruscamente nella giornata. Annuii col capo, lasciando che il messaggero mi desse le spalle per farmi strada - anche se sapevo benissimo dove si trovava la Sala del Trono - fermandomi dinnanzi alle grandi porte intarsiate, una volta raggiunte.

All'interno, nascosto dalla penombra di una tenda c'era il Re di Akra, di spalle, con le mani che si accartocciavano dietro alla schiena chiudendole e riaprendole rapide come una specie di movimento convulso, un tic difficile da mettere a freno. Quando si voltò, mi accorsi che aveva gli occhi iniettati di sangue come se una vena dell'occhio fosse sul punto di scoppiare, o come se avesse pianto troppo. 

Per arrivare a Lei | 𝑩𝒐𝒚𝒙𝑩𝒐𝒚 |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora