Capitolo 37.

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<olive? Oli, vieni a vedere questa foto, oddio è venuta proprio male... Olivia stai bene?> Lucy si avvicina a me e poggia una mano sulla mia spalla, ma è come se fossi in un universo lontano, isolata dagli altri.

<io... devo andare> esco velocemente senza neanche preoccuparmi di prendere la mia roba o di dire niente alle ragazze

Chiamo un taxi e a fatica riesco a dirgli l'indirizzo di casa mia.

Il tassista mi guarda preoccupato, mi porge addirittura un fazzoletto dopo aver preso i miei soldi. Poi la macchina se ne va e io rimango in piedi davanti alla porta di casa mia.

Prendo le chiavi ed entro. In casa c'è solo dylan che gioca alla play con tyler, entrambi sembrano quasi non accorgersi del fatto che sia rientrata in casa.

Salgo in camera mia e tiro subito fuori il computer.

-

<tesoro, sono appena tornata. Preparo la cena, vieni a darmi una mano?> mia madre entra in camera mia circa un'ora dopo il mio rientro.

<Olivia, cosa fai?> mi guarda preoccupata mentre infilo gli ultimi vestiti nel mio zaino di scuola, i libri buttati ovunque.

<io, io devo tornare a Roma mamma>

<perché tesoro? Qualche problema con Jamie? Cosa è successo?>

<no mamma, jamie non c'entra un cazzo. Gioele è in coma, io devo tornare a roma>

Mia madre impallidisce, mi guarda immobile per un secondo, poi fa l'ultima cosa che mi sarei aspettata. Non urla, non mi dice niente, semplicemente mi abbraccia.

-

Mamma mi ha accompagnata all'aeroporto senza emettere un fiato, ho fatto il check in da circa un'ora e mezza e sono finalmente riuscita ad imbarcarmi. Arriverò a roma domani mattina sul tardi, non ho avvertito nessuno.

Nessun messaggio a ludovica, nessun messaggio alle ragazze, nessun messaggio a jamie.

In questo momento non mi importa niente, il mio migliore amico si è sparato e io riesco solo a chiedermi il perché. È colpa mia? Se fossi stata lì con lui sarei riuscita ad impedirlo, lo so.

Mi sento uno schifo.

-

Ho passato circa 12h in aereo, sono le 12 e stranamente, nonostante le circostanze mi sento abbastanza bene. Quando ho messo piede fuori dall'aeroporto e ho sentito le persone parlare in quell'accento romano che avevo anche io, non ho potuto fare a meno di sorridere.

Poi però mi sono sentita in colpa, non sono qui per divertirmi.

Ieri ludo mi ha mandato un messaggio e mi ha detto che gioele è ricoverato all'ospedale sant'andrea.

Accendo il mio telefono ignorando tutte le notifiche delle chiamate perse, apro diretta maps e cerco un modo per arrivare in ospedale con i mezzi.

Ci vuole circa un'ora e quarantacinque, con tanto di cambio di mezzi e roba del genere, ma alla fine ce la faccio. Mi faccio dire dall'infermiera alla reception dov'è la stanza di gioele, ma lei mi dice che non posso entrare. Mi avvio per il corridoio passando fra madri che piangono e bambini che stringono i loro peluche.

Individuo subito ludovica seduta su una sedia davanti alla stanza, con una coperta di pile tirata su fino al collo, le cuffie nelle orecchie e quella che scommetto sia una puntata di orange is the new black sul telefono.

Mi avvicino a lei, alza lo sguardo e quasi salta su dalla sedia. Mi stringe forte a sé, con le lacrime agli occhi.

Mi siedo accanto a lei e inizia a spiegarmi la situazione. Mi dice che l'hanno trovato i suoi genitori, si era chiuso in bagno e aveva preso la pistola non so dove. Fatto sta che ora il mio migliore amico ha un proiettile nel cranio.

Nessuno sa le motivazioni, mi sento estremamente in colpa. Penso che se fossimo stati tutti insieme questo non sarebbe successo, avremmo passato la serata guardando serie tv e ascoltando katy perry.

Poco tempo dopo arrivano anche i genitori di gioele, la madre ha gli occhi gonfi dalle lacrime, il padre ha una mano sulla sua spalla. Mi salutano calorosamente quando mi vedono, mi offrono di stare con loro, ma rifiuto, andrò in un albergo, voglio stare sola.

Verso le 17 prendo nuovamente il mio telefono e trovo oltre 50 chiamate perse e circa 500 messaggi.

Richiamo subito mia madre e le dico che sono arrivata e che sto bene, parliamo un po' ma alla fine attacco inventandomi una qualche scusa.

Poi chiamo Emily e Lucy, mia madre le aveva avvertite della situazione, perciò la telefonata è circa un 20 minuti di frasi fatte e di loro che cercano di tirarmi su.

Chiamo anche Alexander, che mi aveva mandato molti messaggi. Non gli spiego la situazione nei dettagli, gli dico solo che sono dovuta tornare a roma per un imprevisto, ma che tornerò presto a casa e di non preoccuparsi.

Poi arriva la parte più difficile, ci sono 300 messaggi di jamie e circa 25 chiamate. Non ho la forza di richiamarlo, so che se sentissi la sua voce crollerei.

Mi limito ad un messaggio.

''sto bene, non preoccuparti''


A little change. || Jamie Campbell BowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora