XXXI • Piccoli sacrifici •

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Il telefono di Mirajane squillò, la ragazza lo cercò nella sua borsa curiosa di sapere chi la stesse cercando. Quando prese il telefono perse qualche battito, era sua madre.

«scusate» disse a voce rotta la ragazza alzandosi per poi chiudersi in bagno.

Con la mano tremante rispose a telefono, odiava sua madre, non sopportava tutto quello che aveva fatto e come aveva lasciato suo padre prosciugandolo dal suo orgoglio. Era stata egoista e meschina, la descrizione della persona odiata da Mira che si sentiva ancora peggio perché quella donna era sua madre e avevano un legame, odiare che ti da la vita, odiare chi vorresti amare fa male.

«Mamma?» disse sforzandosi per pronunciare quella parola.

«Tesoro, volevo invitarti alla mia festa di fidanzamento, ti avevo accennato qualcosa in ospedale ricordi?» quella voce era così acuta e sicura, totalmente diversa da quella dell'albina.

Mira per poco non fece cadere a terra il telefono, non aveva alcuna intenzione di vedere sua madre stare con qualcuno che non fosse suo padre, anche se erano passati anni ormai.

«Non mi sembra il caso» disse quasi in un sussurro la ragazza che stava tremando.

«Come? Sei mia figlia, devi venire, e poi, mi sembra un ottimo modo per conoscere meglio Macao» insistette la donna con voce persuasiva.

L'albina sospirò per poi mordersi il labbro, non voleva andarci, non voleva conoscere quell'uomo.

«Va bene...» quasi bisbigliò con gli occhi lucidi e sul punto di piangere.

Stava andando male con entrambi i suoi genitori, suo padre sospettava di lei e aveva minacciato un suo amico e sua madre faceva la bella vita con un uomo da poco divorziato.

Che splendida famiglia.
Pensò stringendo un pugno.

«Perfetto! Ah, porta anche il tuo ragazzo Lucas, o come si chiama, mi piacerebbe una bella giornata di famiglia» ridacchiò nel modo più irritante che Mira avesse mai sentito.

«Si chiama Laxus, e devo chiedere se è libero, quando hai detto che festeggi?» chiese ignorando il bruciore agli occhi e la voce un po' rotta, sua madre però non sembrava accorgersi di nulla.

«Dopodomani tesoro»

La ragazza quasi vomitò a quel nomignolo «okay, poi ti faccio sapere»

Staccò la chiamata e si diede una sistemata prima di tornare in sala da tutti.

Gray e Gajeel si trovavano nella segreteria di una delle aziende degli Oracion Seis per estrarre le informazioni necessarie a proseguire con la loro missione, ma entrambi avevano un pessimo aspetto per aver corso quattro quartieri, grandi quanto dei paesi di ampiezza media.

«Ora capisci cosa provo ogni giorno della mia vita?» chiese Gajeel col fiatone e la fronte impregnata di sudore.

Gray non era abituato a certe corse, aveva passato quasi tutta la sua vita seduto e smesso di giocare a basket all'età di tredici anni.

«Si» provò a dire quasi buttandosi a terra, aveva mal di stomaco per la corsa e la camicia gli si era attaccata addosso.

I due si accorsero della strana occhiata che stava lanciando la segretaria che batteva le palpebre incredula.

Gray sorrise «signorina» si diede una sistemata e si avvicinò «io sono Gr-» Gajeel gli schiacciò la mano sulla bocca.

«Ma sei impazzito!?» trascinò via il corvino in modo che la segretaria non potesse sentire «non puoi sparare il tuo vero nome al nemico, altrimenti quando i superiori le chiederanno chi ha fatto tante domande sul loro conto saremo pollo alla brace»

◜ ➷ evιdence ⌜ ғaιry тaιl ⌟Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora