La pioggia rada ma costante non accennava a smettere.
Però il rumore delle gocce sull'asfalto era il sottofondo ideale per la mia anima inquieta.
La testa china, le spalle erette, il passo lento ma deciso.
Era la sete a muovermi.
Io, automa nelle mani di un istinto troppo grande e troppo intenso a cui potersi opporre. Io, i sensi acuti e attenti ad ogni cosa intorno a me.
Io, il vampiro, Milik.
Mi fermai improvvisamente, la mia attenzione venne catturata dalle grida di qualcuno.
Mi diressi verso quella direzione, talmente veloce da sembrare che le mie gambe non si muovessero. Ci volle un istante affinché arrivassi nel luogo desiderato. La scena era quanto mai sconvolgente. Un ragazzo era in balia di quattro uomini dall'aria poco amichevole. Due di loro non potevano avere più di vent'anni, gli altri erano uomini fatti. A turno, stavano picchiando il giovane, che cadeva ad ogni colpo, era evidente che lo stavano menando già da un po'. I quattro uomini ridevano sguaiatamente, uno, apparentemente il più grande, si fece avanti con le mani sui fianchi, mentre gli altri ancora malmenavano il giovane: «Tenetelo fermo ora. Voglio proprio divertirmi con questo qua.»
Gli altri risero malvagiamente e andarono a bloccare il ragazzo, tenendogli fermi mani e piedi. Il giovane si dimenava urlando insulti senza ottenere alcun effetto, se non quello di eccitare ancora di più gli aggressori. Quello che aveva parlato si posizionò dietro la vittima e iniziò a slacciarsi velocemente i jeans. Gli urli del ragazzo divennero ringhi incontrollati, sapeva già cosa gli stava per succedere. L'aggressore iniziò a strappare violentemente i pantaloni dell'altro, senza cerimonie.
Lo stava per violentare... ma ci volle un istante.
Mi avventai su di loro. Gli aggressori finirono scaraventati a terra come per magia e quello coi pantaloni abbassati venne stretto da me in una morsa ferrea, senza che potesse neanche rendersene conto, il suo collo fu penetrato dai miei denti affilati, il suo sangue succhiato via dalla mia bocca assetata.
L'aggressore non c'era più.
I suoi compagni erano fuggiti via ancor prima che quell'operazione paurosa venisse messa in atto da me.
Mi ferii un dito con una delle mie unghie affilate e dure come marmo e lasciai cadere due gocce di sangue sulle ferite sul collo dell'uomo.
I piccoli buchi si richiusero istantaneamente.
Bene, per la gente comune quell'uomo era morto per arresto cardiaco, il suo cuore era infatti esploso.
Mi alzai da terra, portai alle labbra il dito che si era ferito da solo e leccai via una goccia di sangue scuro. Un attimo dopo la ferita non esisteva più.
Mi voltai, pioveva ancora.
Il ragazzo, vittima di tanti soprusi, giaceva a terra, sotto la pioggia che non cessava di cadere, immerso in una bassa pozzanghera di acqua piovana.
Mi spostai per poterlo osservare meglio: il giovane non poteva avere più di diciotto anni, sotto i vestiti laceri e sporchi, il suo fisico era magro e ossuto, ma con degli evidenti muscoli sulle braccia e sulle cosce, aveva i capelli rossi e nere sopracciglia aggrottate sopra gli occhi chiusi.
Era forse svenuto?
Nonostante la mia pelle sovrannaturale, fredda e resistente, anche lui poteva avvertire il gelo di quella piovosa giornata d'autunno. Mi abbassai sicuro per prendere fra le braccia il ragazzo, non potevo abbandonarlo a se stesso.
No, non un ragazzo così giovane, non un ragazzo così...leggero. Me lo strinsi al petto e lo avvolsi con il mio mantello che, a dispetto dei suoi abiti fradici, all'interno era rimasto asciutto.
Il ragazzo tremò e involontariamente si strinse di più a me che stringendolo ancora più forte, spiccai un balzo che lo nascose alla vista, scomparendo fra le nuvole, dirigendomi alla velocità della luce, presso la mia dimora...