Pov Edoardo
Quando mi risvegliai mi trovavo nel letto di Milik, come ogni volta. Mi riscoprii nudo sotto le coperte. Era diventato un bel pervertito non c'era che dire.
«Cazzo!» imprecai, mi ero completamente dimenticato di fare i compiti.
Il professor Lamini m'avrebbe fucilato!
Mi vestii, di malumore come non mai, e mi diressi alla fermata dell'autobus. Nel mezzo di trasporto tentai di fare qualche esercizio di aritmetica, senza però concludere niente. La matematica e tutte le sue diramazioni inutili non le avrei mai capite. Sbuffai e infilai malamente il quaderno nello zaino, prendendomi la testa fra le mani.
Novembre infine era arrivato, vestito elegantemente di rosso e marrone e con me avevo portato il vero freddo. In quel maledettissimo autobus si gelava. Ma il riscaldamento no, eh? Il moo culo si sarebbe presto congelato se non facevo qualcosa. Mi strinsi nel cappotto e nelle spalle e mi avvolsi per bene la sciarpa intorno alla bocca, provando sollievo nel sentire il mio respiro infrangersi contro la lana e sbattere sul mioo viso.
Daria era lì, al solito posto accanto l'albero vicino al cancello e sembrava aspettare proprio me, perché non appena mi vide arrivare sorrise energicamente e mi venne incontro.
«Buongiorno Edoardo! Freddo eh?» iniziò la giovane con voce giuliva.
«Sì decisamente.»
La ragazza era avvolta in un cappotto rosso troppo grande per lei e indossava un paio di guanti neri. Sotto doveva portare una gonna più corta del cappotto perché le si vedevano le gambe snelle coperte da calze scure e stivali alti fino al ginocchio. Erano stivali pieni di lacci, che le stavano molto bene, notai. I suoi capelli erano sciolti sulle spalle e sulla sciarpa rosa pallido, ed erano scompigliati dal vento. Era veramente carina. I suoi occhi erano gioiosi, tipici di una ragazza felice di vivere e che non ha nessun problema al mondo e per questo provai un po' d'invidia.
Quella ragazzina così diversa da me mi piaceva da matti. Potevo vederla respirare, perché il suo fiato caldo si tramutava istantaneamente in nuvolette di vapore. Non potevo non sorriderle, non potevo ignorarla. Era una boccata di aria fresca in quella scuola.
Durante tutte le sei ore, pensai a Wladimir, cosa che non avevo avuto il tempo di fare la notte prima per via della passione con cui Milik lo aveva investito. Perché quel tipo si era fatto vivo di nuovo? Cosa voleva da Milik? Gli avrebbe fatto del male? Dopo tutto stando al racconto del moro, egli era molto più vecchio di me. In più c'era quel giovane vampiro dallo sguardo spento che non mi convinceva per niente... no, quella situazione non mii piaceva affatto. Stare in quella stanza piena di vampiri poi. Per la prima volta avevo sentito intensamente il desiderio su di me, desiderio che Milik riusciva a controllare ma che il ragazzo chiamato Santy e il suo Creatore non riuscivano o non si preoccupavano di nascondere.
A fine lezione feci per dirigermi alla fermata dell'autobus ma venni richiamato da una voce.
«Edoardo».
Perché quella voce pronunciava il mio nome così dolcemente?