Capitolo 5

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Pov Edoardo



Il sole era alto nel cielo quando io aprii gli occhi.


Mii trovavo nel letto della notte prima, tra lenzuola di seta rossa e morbidi cuscini di piume. Mi miso a sedere, i dolori vari non mi avevano ancora abbandonato. Mi portai una mano alla testa, mii faceva male. Mi alzai in piedi e all'improvviso ricordai tutto.


Se la memoria non mi ingannava, ora mi trovava nella dimora di un vampiro.


Dopo qualche secondo di meditazione ridacchiai divertito. Tentai di convincersmii che fosse stato tutto un incubo. Ma osservai i miei abiti, la stanza in cui mi trovavo... non poteva essere stato un sogno!


Uscii dalla lussuosa camera per cercare l'uscita. Quella "casa" di giorno era splendente e tremendamente bella.


Riuscii a trovare l'uscita principale, un'enorme porta di legno su scalini di marmo. Fuori di questa c'era una stanza fatta di pietra con un portone che era grande il doppio del primo. Lo spinsi con forza ed uscii.


Rimasi a bocca aperta nel vedere quanto, dall'esterno, quella costruzione sembrasse uno dei castelli del mio vecchio libro di fiabe. Camminai all'indietro, osservando l'edificio, rapito. Dopo qualche minuto mi voltai e corsi per l'ampia strada bianca, oltrepassando il prato verdeggiante ricoperto di foglie secche e gli alberi spogli, arrivando di fronte l'enorme cancello che ovviamente era chiuso, lo scavalcai senza pensarci due volte.


Ok.


Ero fuori.


E ora?


Non avevo soldi con me, nessun posto dove andare, niente da fare.


Ripensao a due giorni prima, immagini intense, ancora vive mi assalirono e strizzai gli occhi tentando di scacciarle. Ma ormai la tristezza e il dolore si erano nuovamente impadroniti di me.


Iniziai a camminare senza meta, lasciando che la gente moi passasse accanto, che il traffico incombesse sulle strade, senza che io ci facessi realmente caso. Roma, la mia unica amica, l'affascinante donna dalla chioma rossa come la mia, alla quale avevo fatto tante confidenze, che mai m'avrebbe tradito. Roma era la culla del mio dolore e della mia consolazione, il mio primo amore, il mio amore eterno. Via del Corso, vivace e solare, m'ospitò gentile. Entrai in un bar, ma ricordandomi all'ultimo momento di non avere nemmeno un soldo con me, feci dietro front e tornai in strada. Avevo fame.


Era da due giorni che non mangiavo e mi sentivo davvero debole e lo stomaco non faceva che brontolare.


La giornata trascorse tra i morsi della fame e giri senza meta.


Famiglie felici uscivano ed entravano dai negozi, coppiette si tenevano per mano, saturi di serenità, i talentuosi musicisti in Via del Corso suonavano i loro violini, abbandonati con le guance sul proprio amato strumento, con solo la loro genialità, che li innalzava al di sopra degli altri.

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