Capitolo 28

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Pov Edoardo




Mi schiacciai con la schiena contro la parete, guardando attonito Wladimir che mi si avvicinava inesorabile.


Il vampiro camminava con le mani nelle tasche dei pantaloni, le spalle dritte ma rilassate, il mento alto.


«Fine della corsa.» Disse perentorio, dopodiché vi fu solo il silenzio, interrotto solo dal mio respiro pesante. D'un tratto Wladimir sembrò come amplificarsi fisicamente e in un lampo fu davanti a me, che sempre spalle contro il muro scivolavo nell'angolo a destra. « E' stato eccitante. Ma anche il topolino capisce quando non può sfuggire al gatto.»



Strinsi forte i denti tra loro e lanciai rapide occhiate tutt'intorno. Non avevo scampo. Dissimilai sorridendo.


«Immagino ci sia molto gusto,» iniziai, «a infierire su chi è più debole.»


Wladimir si illuminò in volto, sorridendo di rimando.



«Oh sì, non immagini quanto.» Fu la sua tetra, crudele risposta. Spostò elegantemente i ciuffi di capelli che gli erano scivolati sugli occhi e si mosse ancora, piano verso me. «Dovevi pensarci bene prima di irrompere in un mondo che non ti appartiene.« Ridacchiò» Non lo trovi patetico? Finirai per essere mangiato.



«Tsk! Carogna, le tue parole hanno il solo scopo di spaventarmi a morte. Non starò al tuo gioco.» D'un tratto il mio voltò si aprì, come se avesse avuto una qualche rivelazione. «Se devo morire... lo farò con dignità.»


Wladimir esplose in una risata crudele.



«Credimi, ne ho visti di cadaveri. Non c'è alcuna dignità nel morire nel modo in cui stai per morire tu.»


Nessuno dei due disse più nulla. Io, l'espressione coraggiosa sul volto fiero; Wladimir con lo sguardo ormai dominato dal desiderio. Il colore dei suoi occhi stava cedendo al rosso cupo della brama; aprì la bocca, deciso a sbranarmi, niente l'avrebbe fermato. Dovevo pagare per l'attrattiva che esercitavo, per la mia schiettezza, per il mio affascinante viso.


Come avrebbe reagito il mio Milik vedendo il corpo senza vita di quel suo moccioso, squarciato e ridotto un grumo di sangue?


Stava giusto immaginando il mio volto disperato quando si bloccò, spalancando gli occhi.


Abbassai lentamente lo sguardo; la lama di una spada gli bucava lo stomaco e le mie mani ne reggevano l'impugnatura. Preda appena di uno spasmo, rialzai la testa, guardandolo freddamente.


Invece tremavo convulsamente intanto che osservavo le mie mani strette sull'elsa dorata.


«Lasciai di colpo la presa, come se mi fossi scottato e indietreggiai, sconvolto, sul mio volto diafano un'ombra grigia di terrore.


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