Capitolo 4

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Pov Edoardo



Mi sentiva intorpidito.


Avevo ancora gli occhi chiusi anche se avevo appena ripreso conoscenza, tentai di muovermi ma il risultato fu solo quello di sentire in un istante, dolore in tutto il corpo. Ogni mio osso, ogni mio muscolo gridava. Lasciiai andare un sospiro ed aprii gli occhi guardando il soffitto. Dove mi trovavo? Qualcuno aveva evidentemente avuto pietà di me. Il guardai sotto le coperte. Avevo dei panni diversi addosso e qualche fasciatura qua e là. Era un sollievo sentirsi asciutto dopo tutto quel tempo sotto la pioggia, sotto i colpi di quei malviventi, che sulla pelle umida facevano ancora più male. Mi chiedevo chi fosse stato a portarlo in quel luogo caldo, mi guardao attorno. La stanza sembrava quella di un palazzo ottocentesco, anche se c'era poca luce e non riuscivo a studiarne i particolari. Fuori dalla portafinestra, dietro le spesse tende da cui proveniva un fioco bagliore lunare, doveva esserci persino un ampio balcone. Chissà a chi apparteneva quell'accogliente dimora. Il mio sguardo si posò sul fuoco dell'imponente camino, il suo calore era così piacevole. Alzai lo sguardo, sentendo dei passi. Tentao di mettermi a sedere, trattenendo gemiti di dolore.


«Non sforzatevi. Non siete messo affatto bene.»


Trasalii al suono di quella voce. Il timbro del misterioso uomo era caldo e suadente, profondo e rassicurante.


Una vera voce maschile!


Di quella persona riuscivo solo a distinguere una sagoma indefinita.


«Io...d-dove sono?» farfugliai, accorgendomi che la mia voce era innaturalmente rauca, allora tossì un paio di volte per tentare di migliorarla.


«Siete nel mio palazzo, non volevo portarvici senza chiedere prima il vostro consenso, ma eravate privo di sensi e in una situazione poco piacevole,» l'uomo aveva parlato con estrema fluidità, si notava una certa educazione nel suo modo di esprimersi.


«In un palazzo?» esclamai sbalordito. «Dove...da quanto tempo...»


«Avete dormito quattro ore.»


«Non volevo darti disturbo. E poi non so se sia valsa la pena prendersi cura di me,» dissi abbassando lo sguardo per poi rialzarlo curioso, «puoi avvicinarti? Sei totalmente in ombra, non riesco a vederti.»


Il misterioso uomo esitò per un istante, ma poi lentamente si fece avanti. C'era silenzio nella stanza, a parte il rumore prodotto dai passi del padrone di casa, egli entrò lentamente nel fascio di luce selenico.


Scattò all'indietro.



La mia era paura?


O...meraviglia?


L'uomo che si trovava di fronte era diverso da chiunque altro che io avessi mai visto. Non riuscivo a definirne l'età. Il volto, cereo ed eccessivamente luminoso, non mostrava alcuna ruga, nemmeno espressiva, nonostante ciò quel volto era MOLTO espressivo. Quel pallore innaturale era sconvolgente. Un uomo non può esserlo a tal punto... può esserlo solo... un cadavere! I suoi occhi erano azzurri, intensi, cangianti, così penetranti da togliere il fiato. Ne derivava uno sguardo profondo e tagliente. I capelli lisci e corvini, gli ricadevano sulla fronte scoperta e sulle spalle. Lo sconosciuto era totalmente vestito di nero: indossava stretti jeans, stivali in pelle alti fino al ginocchio, una maglia aderente, una cintura sui fianchi, sulle spalle un mantello morbido.

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