Capitolo 21

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Pov Edoardo



Non avevo mai visto occhi così belli eppure così terrificanti.


I soffi agitati del suo respiro erano vergognosi. Non potevo nascondergli il fatto che avessi paura. Non staccava più gli occhi, magnetiche, dai miei. Nonostante ad una prima impressione quegli occhi mi fossero sembrati freddi, ora che li guardavo così da vicino -pericolosamente vicino!- Il loro colore intenso, la loro espressività, le onde violacee che si rincorrevano in quelle iridi incandescenti creando una tempesta nei miei occhi, la profondità del suo sguardo come se ci si potesse morire dentro, mi fecero ricredere.


Il suo viso non presentava la minima imperfezione. Sembrava che uno spesso velo luminoso avesse ricoperto la sua pelle, facendo scomparire i normali segni dell'epidermide e così il passaggio del tempo, ogni imperfezione, se mai ne aveva avute. Sembrava che non potesse essere imperfetto, che fosse nato nella compiutezza e che egli stesso non potesse essere altro.


Tentando di fingere impassibilità, posai lo sguardo sulle sue labbra stirate in un ghigno sicuro; esse erano pallide come corallo bianco e quindi non si era ancora nutrit


Deglutii.


Ricordavi lo stesso colore sulle labbra di Milik poco prima che mi mordesse e ricordavao il colore che avevano assunto dopo, quando dal suo letto, stanco e debole, le aveva ammirate, vive e bellissime, dello stesso colore delle ciliegie mature. Eppure mi ero offerto spontaneamente al vampiro dai capelli neri, gli avevo praticamente detto, senza pensarci nemmeno troppo in verità, ehi, assaggia pure il mio sangue. E' invecchiato di soli diciassette anni!


La smorfia che passò sul mio viso sembrava solo la pallida ombra del sorriso che quel pensiero aveva suscitato in me. Chinai la testa e chiusi gli occhi quando sentì un familiare fischio nelle orecchie.


Wladimir alzò un sopracciglio. Afferrò rudemente la mia mano sinistra che gemette un po' per la sorpresa, un po' per il contatto con la pelle fredda. Con dita veloci egli sciolse la benda di fortuna che Francesco mi aveva legato al dito e fissò con bramosia la piccola ferita ancora aperta. Il vampiro sorrise senza distogliere lo sguardo, che sembrava ora addolcitosi eppure accesosi insieme.


«La mia ospitalità è così pessima da indurti a farti questo pur di tentare di fuggire?»


Un altro fischio, più acuto del precedente, perforò i miei timpani.


«AHI!» gridai senza riuscire a trattenermi e liberai la mia mano da quella sua per portarmela alla tempia.


Wladimir inarcò entrambe le sopracciglia, sorpreso.


«Tu...»


«Siete tutti uguali maledizione! » sbottai inferocito. «Quando lo capirete che fa male?»


«Ma è sbalorditivo!» esclamò il vampiro spalancando la bocca in una reazione tipicamente umana e allontanandosi un poco da me, dice per potermi guardare meglio. «Che reazione strana e piacevole la lettura della tua mente!»

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