Capitolo 14

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Pov Edoardo



Svegliandomi mi accorsi di abbracciare il cuscino.


Sbadigliai e lanciai un'occhiata alla finestra. Il sole era già alto e ovviamente Milik dormiva nella sua bara. Rabbrividii al pensiero e mi alzai dal letto.


Spalancai le tende e il sole mi colpì in pieno, ferendomi gli occhi. Indietreggiai gemendo, coprendomi il viso con le braccia.


«Cazzo!»


"Hai gli occhi sensibili. Quasi quanto i miei."


Mi voltai, cercando chi avesse parlato, ma la voce l'avevo sentita nella testa.


«Sei tu Milik,» domandai titubante, guardandomi attorno.


Non udii più niente e allora iniziai a prepararmi per la nuova giornata. Però l'episodio mi turbò per tutto il giorno.


Durante l'intervallo restai in classe, stavo finendo di scrivere una poesia.


Improvvisamente mi era tornata una voglia assurda di scrivere, di liberarmi buttando giù qualche frase e senza neanche rendermene conto stavo già creando un piccolo componimento.


«Il buio che hai intorno non è... opprimente... non è... tagliente...»


«Edoardo?»



«Alzai la testa sentendomi chiamare.»


«Ah, Daria. Che ci fai qui, non fai ricreazione?»


La giovane portò le mani dietro la schiena, scosse le spalle.


«Pare di no,» disse semplicemente prima di avvicinarsi e posare lo sguardo sul foglio dove stavo scrivendo la poesia. «Cosa scrivi?»


Tirai subito via il foglio.


«N-niente.»


«Ma come... dai fammi vedere.»


«No, non è niente davvero,» le disse frettolosamente, alzandomi. «Scusami devo... devo uscire un attimo.»


«Ok... ci vediamo dopo.»


Uscii velocemente accennando un sorriso forzato.


Non potevo mostrarle la mia poesia, tenendo conto poi dell'argomento che trattava. Mai avevo esibito ad altri i miei versi, sapendo perfettamente che non sarebbero stati capiti, che anzi, avrebbero contribuito ad aumentare la mia fama di sfigato. Non mi vergognavo di ciò che scrivevo, ma nonostante fossi stato sempre solo, temevo la solitudine.

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