New arrivals.

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- Hey buongiorno ... -

- No, non iniziare Fede. - piagnucolò lei.

Federico, ventinovenne milanese.
Giulia l'aveva conosciuto il primo giorno, erano in classe insieme.
Voi vi potrete chiedere com'è possibile che una sedicenne sia in classe con uno di ventinove anni, ma la verità era che non lo sapevano neppure loro.
In teoria in base al livello d'inglese, ma sembrava una gran buffonata.

- IMMENSAMENTE GIULIAAAAAAAAAA!!! - iniziò a canticchiarle lui, facendo si che Giulia si tappasse le orecchie dal fastidio che quel ragazzo le dava.

- Fede ti prego, almeno tu, non rompermi i coglioni. -. Per quanto più grande fosse, Federico era un bravo ragazzo.
Un pò menoso di aspetto, ma bravo.

- Ah giusto, hai già i tuoi spasimanti a romperti i coglioni. Non vorrei che tu fraintendessi le mie azioni. -.

- Ma vaffanculo. - sorrise lei.
C'erano alcuni ragazzi alla scuola che erano veramente dei "cagacazzo" e mentre Fede continuava a sostenere che le stessero facendo il filo, lei era certa che le volessero rompere le balle solo per divertimento personale.

- Scusatemi, posso chiedervi un'informazione? - chiese un ragazzo.
Era alto, capelli color biondo ossigenato, un corpo atletico, un viso dolce e un sorriso genuino: era proprio bello.
Aveva un'aria troppo persa, doveva essere il suo primo giorno.

- Certo, dicci pure. - disse Giulia gentilmente.

- Dopo aver superato lo speaking, cosa ... dovrei fare esattamente adesso? -.
Giulia sorrise. L'avevano abbandonato in balia di sé stesso e la sua faccia da cucciolo spaesato era troppo adorabile. La ragazza gli fece cenno di sedersi con loro.

- Devi aspettare che vengano quassù e che ti chiamino, potrebbero metterci un po'. -.

- Ah grazie. Comunque, piacere Jeno. - disse lui porgendo educatamente la mano.

- Io sono Giulia, lui è Federico. - disse stringendogli la mano.

- Da dove venite? - chiese il nuovo arrivato cercando di fare conversazione.

- Dall'Italia, Milano. Tu? -.

- Corea del Sud, Seul -. A Giulia si illuminarono gli occhi. Adorava Seul, era da anni che sognava di andarci, ma non ne aveva mai avuto l'occasione, sia per una questione di soldi sia per una questione di tempo.
Fortunatamente per lei, sia sua sorella maggiore sia suo padre avevano lo stesso desiderio, perciò sapeva che grazie a questo le possibilità di andarci un giorno aumentavano.

- Oddio, che meraviglia! - esclamò lei estasiata, facendo così ridere Jeno.
Tuttavia, qualcuno si intromise nella conversazione.

- Mi hai chiamato amore mio? -.
Oh no. Lui no.
Giulia si mise una mano sulla fronte, già irritata di sentire la sua voce a quell'ora del mattino. Il ragazzo russo le mise un braccio intorno al collo e guardò con aria di sfida Jeno che gli rivolse un sorriso innocente.

- Piacere Jeno. - disse il ragazzo porgendogli la mano, ma il russo non gliela strinse.

- Valentin. -. Uno dei gran rompiscatole menzionati precedentemente.
Questo ragazzo le rompeva veramente le palle, provava veramente un piacere enorme nel farlo e non si capiva il motivo.

Ad un tratto i vari professori arrivarono a chiamare le proprie classi. Jeno finì nella classe di Valentin, il quale sbuffò molto rumorosamente.
Prima di andarsene però scompigliò un po' i capelli di Giulia e vedendo la sua reazione infastidita, se ne andò ridendo.

- Finirò per strozzarlo uno di questi giorni! - disse Giulia irritata all'estremo.
Rivolgendosi a Federico, però notò che il ragazzo la stava guardando in maniera piuttosto maliziosa.

- Beh, che hai da guardarmi in quel modo? -.

- Sei stata piuttosto carina con quel Jeno. - disse Federico dandole una gomitata simpatica.

- Mi sono comportata in maniera normalissima. - si giustificò lei.

- Eppure non ti ho mai sentita così gentile.-. Giulia lo spinse scherzosamente, rischiando di farlo cadere dalla sedia; dopodiché, ridendo di gusto, si alzò e assieme al ragazzo si diressero in classe.

Quel giorno Giulia conobbe un sacco di gente nuova e tutta proveniente dalla Corea e qualcuno dal Giappone. Sembrava esserci stata un'invasione, ma una buona.

Il suo preferito al momento era Jeno, ma anche un certo Jisung Park non era male. Contrariamente al suo aspetto da pulcino innocente, aveva un carattere forte e badass, una combinazione indubbiamente intrigante. Oltre a loro, aveva conosciuto altri due ragazzi, Jimin e Jungkook, sempre coreani: si comportavano come due fratelli, divertenti e un po' folli, ma li adorava.
Per non parlare di quanto sono belli, mamma mia.
Infine, ultimo ma non ultimo, Yuta, l'unico ragazzo giapponese.
Era comunque contenta, dato che non era molto brava a fare amicizia, ma fortunatamente per lei questi ragazzi erano molto spontanei ed estroversi e questo l'aiutò a lasciarsi andare.

- Ma senti, non te ne piace neanche uno? - le chiese sua sorella maggiore, Rebecca, dopo che Giulia ebbe finito di raccontarle la sua giornata.

- Ma chi li conosce! -. A Giulia sembrava una domanda parecchio idiota, dato che li aveva incontrati solo poche ore prima, ma era una domanda comune tra loro due.

- Oh andiamo, vuoi dirmi che non ti sei fatta nemmeno un'idea? -.

- Beh, allora ... diciamo che non ho nulla di cui lamentarmi. - disse Giulia senza sbilanciarsi troppo. Voleva tenere per sé i propri commenti.

- Oh Madonna, mi fai cadere le braccia! -.

- Non so cosa dirti. -. Come da copione.

- Tu non sai mai cosa dire. -. Era vero, ma solo perché preferiva osservare piuttosto che fare commenti. Non tutti capivano questa cosa, non tutti l'apprezzavano.

- Beh, sono comunque contenta di sapere che hai conosciuto persone nuove. Fatti consigliare qualche drama per favore, ho finito l'ultimo. -. Giulia glielo promise e dopo aver parlato ancora un po' del più e del meno, chiuse la telefonata.

- Chi era al telefono? -. Giulia si spaventò a sentire quella voce, specialmente perché non sapeva dove fosse,o almeno finché non lo vide sbucare da dietro il muretto a cui era appoggiata.
Ora sta iniziando a diventare inquietante.

- Ma da dove diavolo esci fuori? -.

- Forse dai tuoi sogni. - disse lui sorridente, appoggiando i gomiti sul muretto sul quale lei era seduta.

- O dai miei incubi peggiori. -. Giulia ci provava a fare la stronza, ma dopo quella sera con lui non ne era più capace, o almeno non seriamente.
Aveva come la sensazione che lui si fosse accorto di questo suo cambiamento, ma non poteva dirlo con assoluta certezza.

- Allora farò in modo di essere il tuo miglior incubo. -. Giulia distolse lo sguardo, scuotendo la testa per l'innumerevole montagna di stronzate che quel ragazzo le stava rifilando.

- Non sforzarti troppo, mi raccomando. - disse lei alzandosi, ma lui la seguì.

- Chi era al telefono? -.

- Ma una betoniera di cazzi tuoi mai? -. Non capiva perché questo ragazzo fosse così interessato a lei e non sapere le dava al quanto fastidio.
La cosa irritante era che anche se gli avesse chiesto il motivo, non sapeva quanto si sarebbe potuta fidare della risposta.

- Solitamente lo farei per educazione, ma qui non si tratta di questo. -.

- E di cosa si tratta? -.

- Di me interessato a qualcosa, anzi a qualcuno. E quando c'è dell'interesse da parte mia, l'educazione può andare a farsi fottere, perdona il mio francesismo. - disse il ragazzo guardandola intensamente negli occhi, ma la ragazza non voleva cedere, o per lo meno, non così presto.

- Forse dovresti andare a farti fottere con l'educazione invece. -.

Viraha; Mark LeeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora