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"Dai Ste, muoviti!" Lo incitò Sal dal corridoio, dove lo stava aspettando.

"Ci sono, ci sono." Rispose con un po' di affanno, infilandosi una scarpa saltellando per tutta la stanza.

Erano le 5 del pomeriggio e sarebbero dovuti già essere a casa di Sascha e Sabrina per discutere insieme a loro e Giuseppe i dettagli del loro prossimo viaggio in Giappone.

"Eccomi!" Disse trafelato, scontrandosi con l'amico, che sostava ad un paio di passi dalla porta della sua stanza.

"Ma sei scemo?" Lo apostrofò il più piccolo, sbuffando appena e, senza lasciargli il tempo per ribattere, lo afferrò per un polso e lo trascinò fuori di casa.

Rimase interdetto al gesto del più piccolo che, lasciata la presa su di lui per chiudere la porta di casa, avvolse nuovamente le dita attorno al suo polso per poterlo tirare con sé giù per le scale.

Sentiva il cuore battere un po' più velocemente e gli sembrava quasi che la pelle a contatto con la mano di Surry fosse molto più calda del normale.

Avrebbe voluto interrompere quel contatto e, allo stesso tempo, avrebbe voluto far scivolare la mano verso l'alto, per poter intrecciare le sue dita con quelle di Sal.

Si costrinse, però, a non fare nulla, lasciando all'altro la libertà di interrompere il contatto quando avrebbe voluto.

"Ecco. Lo sapevo, io." Sbuffò il più piccolo, quando la suoneria del suo cellulare riempì il silenzio che aleggiava tra loro.

La presa sul suo polso fu velocemente sciolta e si sorprese per l'intensità con cui avvertì la mancanza di quel semplice contatto.

"Lo so, siamo in ritardo." Rispose nel frattempo Surry, che si era portato il cellulare all'orecchio.

Lo osservò mentre ascoltava in silenzio quella che immaginava essere una mezza paternale da parte di Giuseppe e non poté che sorridere all'espressione imbronciata che increspò i lineamenti del più piccolo.

"Sì, lo so Giuse. Abbiamo perso il senso del tempo per registrare, ma siamo per strada. Arriviamo tra massimo 10 minuti."

Si sorprese nel sentire quelle parole.

Era  stato lui a non accorgersi di quanto tardi fosse e, quando Surry era andato a bussare alla sua porta credendolo pronto per uscire, si era ritrovato a doversi preparare nel minor tempo possibile.

Sorrise appena alla bugia che il ragazzo aveva detto e, quando staccò la telefonata, gli dette un pizzicotto giocoso su un fianco.

"Non dovevi mentire, Sal. Tanto Giuse se lo immaginerà già che è colpa mia se abbiamo fatto ritardo.

Surry lo guardò per un attimo, ma distolse velocemente gli occhi dai suoi e accelerò il passo per approfittare del semaforo verde.

"L'ho fatto solo per non sentire Giuse continuare a oltranza col solito pippone." Borbottò distrattamente Sal, quando ebbero raggiunto l'altro lato della strada.

Qualcosa nel tono del più piccolo non lo convinceva e la sua riluttanza improvvisa ad osservarlo lo confondeva, ma decise di non pressare l'argomento.

Giunsero al palazzo di Sascha e Sabrina pochi minuti più tardi.

"Sì?" Chiese Sascha, dal citofono.

"Siamo noi, Sa." Rispose, aspettando che l'amico aprisse il portone.

"I piccioncini, finalmente!"

Il commento fu talmente inaspettato che sobbalzò leggermente sul posto e, senza che potesse fare nulla per impedirlo, avvertì un leggero tepore farsi strada sul suo volto.

Lanciò un'occhiata furtiva verso il più piccolo, per vedere come avesse reagito, ma il ragazzo aveva girato il viso verso la strada.

"Apri sto portone, Sa." Disse, maledicendo mentalmente la leggera nota tremolante che aveva fatto vacillare il suo tono.

Quando finalmente il portone si aprì sotto la spinta della sua mano, entrò subito nell'androne del palazzo e iniziò a salire le rampe di scale.

Aveva ignorato senza indugio l'ascensore nella speranza che le sue guance rosate tornassero al loro colore originario e, se ciò non fosse stato, avrebbe potuto imputare il suo rossore alla fatica di farsi 4 rampe di scale a piedi.

Giunto sul secondo pianerottolo estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e, continuando la sua salita, scrisse un veloce messaggio a Sascha.

La risposta arrivò quando giunse al pianerottolo successivo.

Sotto al suo "Vedi di non dire niente di strano, intesi?" seguiva una semplice faccina con la lingua di fuori che faceva l'occhiolino.

Non sapeva come interpretare quella risposta e, quando giunsero davanti alla porta dei loro amici, sperò con tutto se stesso che quell'incontro passasse velocemente e senza sorprese.




Salve bella gente ^^

Capitolo leggermente più corto, lo so, ma inizia a smuoversi pian piano il tutto =)

Mi sono appena resa conto, tra l'altro, che abbiamo superato sia le 600 visualizzazioni che le 50 stelline... Grazie!

Inaspettato |Salvefano|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora