Capitolo 32

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" È meglio che lei si prenda un periodo di pausa dottoressa Jauregui.."

Questo fu il modo in cui iniziò il discorso uno dei dottori presenti alla riunione facente parte della commissione dell ospedale, la stessa, che non aveva mai accettato la sua candidatura a primario e quella che le aveva sempre messo i bastoni fra le ruote. Ad essere sinceri, considerando le probabilità, Lauren ne aveva pochissime di uscire indenne da quella stanza. Quelle persone l'avrebbero condannata a prescindere, mettendola in cattiva luce, soltanto per affossarla. Aspettavano questa occasione da quando era entrata in quello stabile, in agguato come leoni, pronti a sbranarla.

Lauren Jauregui era sempre stata troppo per loro: troppo brava, troppo spigliata, troppo famosa e tutto questo, li aveva sempre fatti sentire deboli ed insoddisfatti e come ben si sa, l'ego di un uomo ferito, è la peggior cosa su cui fare leva.

"Una pausa? Io non vado proprio da nessuna parte. Non ho inserito io quel medicinale nella cartella. Potete dire tutto di me, ma non che non sappia fare il mio lavoro. Sapevo perfettamente che la paziente era allergica ed una dose, l'avrebbe fatta andare in shock, quindi invece di puntare il dito contro di me, che è la cosa più semplice che potreste fare, indagate su come sia potuto succedere.." - si agitò la corvina, ribadendo il suo punto di vista -

"Non mi sembra il caso di discuterne ora dottoressa Jauregui. Sono le due del mattino e siamo tutti stanchi. Ne riparleremo domani, quando decideremo anche se prendere dei provvedimenti nei suoi confronti.." - intervenne l'uomo brizzolato di prima -

"Una donna ha rischiato di morire stasera ed ancora adesso, è in condizioni precarie, perché qualcuno, qui dentro..." - volse lo sguardo verso Lucy e Jack - " vuole darmi una lezione e voi, pensate alla stanchezza?" - Lauren gettò il suo cartellino sopra al tavolo - "ho sempre pensato che nessuno di voi fosse degno di quella poltrona, oggi ne ho la conferma!"

La dottoressa diede un ultimo sguardo a tutti i presenti, giusto per tenere a mente le persone subdole con cui aveva a che fare ed uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Non appena fuori, si poggiò con la schiena al muro, inspirando lentamente a pieni polmoni, cercando di ripristinare il suo normale battito cardiaco. Subito provò a chiamare Camila, in quel momento, era l'unica persona che avrebbe voluto al suo fianco. La linea era libera, ma il cellulare continuava a squillare. Riprovò più volte, ma il risultato fu sempre quello. La corvina guardò l'orologio: le tre meno venti, era normale non le rispondesse, quasi sicuramente, stava dormendo.

L'ospedale era deserto ed il silenzio quasi assordante. Era presente soltanto qualche infermiere o dottore, costretti a fare il turno di notte, in cui molto spesso, l'unica cosa da affrontare, era la noia. In lontananza vide il suo ufficio, immerso nel buio della notte, non aveva molta voglia di entrarci, ma in quel momento, non avrebbe voluto nemmeno tornare a casa. Si sentiva persa, come se tutte le sue convinzioni, fossero crollate.

"Dottoressa Jauregui?"

All' improvviso sentì una voce alle sue spalle che pronunciò il suo nome. Sobbalzò, leggermente spaventata e notò subito di chi si trattasse. Le sorrise flebilmente, anche perché in quell'istante, non era in vena di parlare con nessuno. Era esausta, sia mentalmente che fisicamente.

"Dottoressa Lovato, come mai qui? Ha il turno di notte?" - chiese anche se la risposta sembrava ovvia -

"Mh si, diciamo che ho fatto arrabbiare il primario di ostetricia ed eccomi qui..." - alzò le spalle sconsolata la ragazza - "ma lei? Come mai qui? È da parecchio che non la vedo tra le corsie di notte almeno che non sia una questione di vita o di morte..." - le disse -

"In un certo senso lo era.." - si limitò a dire la corvina -

"Quella donna in shock?" - domandò, facendole capire che la notizia aveva già fatto il giro dell'ospedale -

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