Capitolo 51

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QUATTRO GIORNI DOPO

Erano passati quattro interminabili giorni da quel momento e Lauren non aveva ancora aperto gli occhi. Camila non l'aveva lasciata un momento: era sempre presente, impaurita di non poterci essere nell' esatto istante in cui si sarebbe svegliata. Aveva dormito sì e no cinque ore ma non riusciva a sentire neanche più la stanchezza, il suo unico pensiero era solo quella ragazza dagli occhi smeraldo che le mancava così tanti vedere.

Si era fatta amica alcune infermiere, in modo da poter entrare a visitare la corvina, ogni qualvolta volesse, sempre però, quando la madre di Lauren, non c'era. Il rapporto con lei, non era migliorato: secondo la donna, era proprio la cubana il motivo di tutto il male che stava vivendo la figlia, era stata proprio a lei a portarla sulla cattiva strada. Non avevo ancora saputo di Clarissa, nessuno ebbe il coraggio di dirglielo; di dirle che la figlia che non aveva mai riconosciuto ed abbandonato, aveva quasi ucciso l'atra figlia a cui invece aveva dato tutto.

"Dolores? Posso entrare?" - chiese la cubana ad una delle infermiere del turno di notte -

" È tardi Camila e la madre arriverà a momenti, non è il caso" - le disse la donna, cercando qualcosa al PC -

"Ti prego cinque minuti, devo darle la buonanotte, lo sai che se non lo faccio, non riesco a dormire.." - la pregó fortemente la ragazza -

"Va bene.." - sbuffò Dolores - " cinque minuti, non uno di più! Non mettere alla prova la mia buona volontà!"
- le raccomandò per poi lasciarla passare -

Camila ormai conosceva a memoria quell' angolo di ospedale. Ci aveva passato più tempo di quanto forse, ne avesse mai passato in quello in cui lavorava. Gli ospedali, in Europa, erano abbastanza diversi da quelli americani: i colori erano più vivaci, il personale più severo ed i controlli meno frequenti. Il corridoio in cui stava camminando, era tetro. La penombra faceva da padrona, a causa di quella piccola luce sul soffitto, che non riusciva ad illuminare quasi nulla. Ai lati, le porte delle stanze dove soggiornavano i pazienti, ognuna con un numero diverso attaccato al centro. Camila ricordava che le prime due erano vuote, mentre la terza, la precedente a quella di Lauren, ospitava un ragazzo, che cadendo dalla moto aveva sbattuto la testa. Anche lui era entrato in cima, ma dopo pochi giorni era riuscito a risvegliarsi. Per questo, Camila non si sarebbe mai arresa, aveva un esempio di come ci fosse ancora speranza.

"Hey, bellissima! Sono qui.." - la cubana si sedette accanto al letto della corvina - " ma chi è gira su questi programmi? È stata Susy sicuro, domani le dico due parole"

Camila era ormai abituata a parlare con Lauren, anche se lei, forse, non avrebbe potuto sentirla. Ogni sera, entrava nella sua camera, dopo essere stata in ospedale tutto il giorno, soltanto per darle la buonanotte. Si raccomandava con le infermiere che le dessero più confort possibili: come accenderle la TV sul suo canale preferito, aprire la tenda, per fare entrare il sole la mattina, leggerle le notizie del quotidiano  e spruzzare due gocce del profumo che lei usava sempre. Tutte cose che avrebbe fatto la cubana, se la madre della corvina, non le avesse impedito di farlo.

"Stasera ho solo cinque minuti, quindi sarò breve, ma tanto non c'è bisogno che io parli più di tanto, tu sai già tutto. Ah a proposito, sai che Larissa della camera 487 sì e fatta avanti con il nuovo infermiere? Che è bono eh devo dire.." - la cubana sorrise, immaginando la faccia imbronciata che avrebbe fatto Lauren perché gelosa -

"Mi sa che se non ti svegli, mi accontenterò di lui. Mi trasferisco qui e faccio la bella vita, che dici?"

Camila provava a scherzare, provava a mantenere un'aria più leggera, ma ogni volta che Lauren rimaneva lì, impassibile, senza risponderle, senza fare alcuna espressione, la realtà tornava a farsi prepotente e la cubana provava un dolore forte al petto.

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