23.
"Spara, Abel. Fallo."
Lidya scosse il capo, sentiva il sangue colorarle dal naso, gli occhi bruciarle di lacrime. La pistola che stringeva in mano sembrava incendiarle la pelle, il fatto che fosse puntata contro Steve e che lei non fosse capace di spostare la mira, le faceva battere forte il cuore.
"No, non lo farò!" borbottò a denti stretti.
"Sì invece. Spara!"
Lei lo fece.
Lidya aprì gli occhi di improvviso e scattò a sedere al centro del letto, un ciuffo di capelli le ricadde sugli, lei lo spostò con una mano che poi si passò sul viso scoprendo che dal suo naso calava lento un rivolo di sangue. Tenendo la mano ferma per non sporcare ovunque, si alzò e raggiunse il bagno, accese la luce e si piegò sul lavandino. Si sciacquò il volto e si specchiò: era pallida, gli occhi contornati da cerchi neri, le labbra secche e screpolate. Aveva preso qualche chilo ma anche se il viso era paffuto, non c'era serenità nei suoi occhi. Si rese conto che quando si era alzata Steve non era a letto e si chiese se fosse tornato per poi sparire di nuovo risucchiato da un'altra missione, o se invece non fosse ancora rientrato da quella del giorno prima.
Sospirò strofinandosi gli occhi e quando sentì la porta aprirsi cercò di sorridere nonostante tutto.
"Steve?" chiamò.
"Sono io" lo sentì replicare e dopo pochi secondi lo vide entrare nel bagno. Stava bene, di nuovo in abiti civili, i capelli un po' all'insù, come era solito portarli ultimamente. Gli stavano bene e anche quella t-shirt bianca che stava indossando gli stava bene: definiva il suo corpo scolpito, gli faceva risaltare gli occhi chiari. "Che ci fai in piedi?"
Lei ripiegò l'asciugamano e si voltò a guardarlo. "Mi sono svegliata e..."
"È sangue quello?" l'uomo fece qualche passo e la raggiunse, i suoi occhi erano fermi sulla felpa chiara che Lidya indossava. Istintivamente lei guardò in giù scoprendo una macchia di sangue di cui non si era accorta guardandosi allo specchio. "Sei ferita?"
La donna sentì le mani dell'uomo prenderle delicatamente il viso, muoverlo piano fino a fissare i loro occhi gli uni dentro gli altri. Alzò la mano e gliela poggiò sul petto, con le dita sfiorò il punto in cui nel suo sogno...
"Lidya?" la esortò lui e lei ripiombò nel presente.
"Sto bene" gli disse. "Ho solo fatto un brutto sogno, lo stesso che oramai faccio da un mese" e cioè da quando Pierce l'aveva rapita, svuotata di quelle poche abilità che possedeva e quasi costretta a sparare all'uomo che amava.
"Cosa sogni esattamente? Non vuoi mai dirmelo. Ti prego, raccontamelo. Voglio aiutarti."
"Sogno di premere il grilletto" sussurrò lei con la voce spezzata. "Pierce indirizza la mia mano ed io non... non riesco a muoverla. Mi dice di sparare e io mi oppongo ma alla fine lo faccio. Il proiettile esce dalla canna della pistola e arriva dritto qui" gli puntò un dito all'altezza del cuore, lui non distolse lo sguardo dal suo, "e tu cadi in terra, privo di sensi e c'è tanto sangue. E poi mi sveglio, alcune volte prima di vederti cadere."
"Lidya" Steve le prese le mani e le baciò dolcemente stringendole tra le sue. "Io sto bene. Non hai sparato e non lo avresti mai fatto, lo so per certo. Ascolta, Pierce è stata una terribile parentesi, ma non puoi permettergli di condizionarti. Tu non sei così: tu sei combattiva e grintosa, Pierce non merita più neppure un attimo del tuo tempo."
Lidya poggiò la fronte sul suo petto per qualche secondo, infine sospirò alzando gli occhi per guardarlo. "Sharon mi ha inviato un messaggio questo pomeriggio. Dice che Ross vuole vedermi. Credo che mi licenzierà."
STAI LEGGENDO
Assemble
FanfictionGli Avengers affrontano ogni giorno nuovi nemici e sono bravi in quello che fanno. Un po' meno bravi sono invece nelle questioni di cuore e, infatti, a parte uno di loro, nessuno ha una vita sentimentale stabile e qualcuno da cui tornare la sera, do...