28.
Il giorno in cui Lidya venne dimessa, incaricata di prenderla e portarla a casa fu Pepper. Steve e gli Avengers erano dovuti partire per una missione improvvisa e, anche se il Capitano non sarebbe voluto partire, Lidya lo aveva praticamente costretto a farlo. Era rimasto con lei giorno e notte per settimane, dormendo scomodamente seduto su una poltrona, e solo per qualche ora a notte, troppo impegnato a preoccuparsi per lei.
Aveva bisogno di tornare alla sua routine e la sua routine consisteva nel salvare la gente, proteggere gli innocenti e tenere uno scudo in mano battendosi con coraggio. Era quello che era e lei amava quella parte di lui esattamente come ogni altra parte. Non voleva che rimanesse chiuso lì dentro un minuto di più, e visto che alla fine era riuscita a convincerlo, nemmeno lui voleva rimanerci.
Pepper arrivò alle otto e trenta del mattino e portò la colazione per entrambe: "Cappuccino e brioche, da quella caffetteria che ti piace tanto" le disse sistemando i sacchetti e i bicchieri sul piccolo tavolo all'angolo della stanza. "Il dottore ha detto che ci vorrà almeno mezz'ora prima che l'incartamento per le tue dimissioni sia pronto. Quindi faremo colazione."
Lidya si infilò le scarpe e la raggiunse al tavolo. "Mi sembra un'ottima idea. Hai notizie dei mitici Avengers?"
"Sono arrivati a destinazione sani e salvi. E pare che il problema sia già quasi del tutto risolto. Torneranno entro stasera, vedrai. Non preoccuparti."
"Non lo faccio. Come te, giusto?" Lidya sorrise appena, "suppongo che ci abbiamo fatto entrambe l'abitudine."
"Suppongo di sì" confermò Pepper. "Come ti senti? Hai un bell'aspetto."
"Grazie" l'altra respirò a fondo. "Mi sento stanca, il che è singolare se pensi che sono stata a letto, a dormire, per più di un mese."
"Eri in coma. Non lo chiamerei proprio dormire."
"Magari è così" Lidya chiuse gli occhi e si massaggiò la tempia sinistra. "Mentre ero addormentata è successo qualcosa di strano."
"Che cosa?"
"Era come se mi fossi persa, come in un sogno. Mi sono ritrovata in un bar e non conoscevo nessuno. E poi l'ho vista, seduta ad un tavolo."
"Chi? Chi hai visto?"
"L'Agente Carter."
"Quella Agente Carter?" Pepper bevve un sorso di cappuccino. Corrugò la fronte quando la sua amica annuì leggermente. "E cosa è successo, dopo?"
"Mi sono avvicinata a lei e le ho chiesto se fossi morta. Mi ha detto che ero solo di passaggio. E poi... poi è stato come se mi leggesse dentro. Mi ha detto di non dubitare dell'amore di Steve, mi ha detto che lui mi ama e che mi ama più di quanto abbia amato lei."
Rimase in silenzio, diede un morso alla sua brioche senza aggiungere altro e Pepper rimase zitta a sua volta. Pensava di dover dire qualcosa, ma davvero non sapeva cosa. Capì che lei aveva capito e scosse il capo.
"Cosa ti aspetti che ti dica?" le domandò.
"Pensavo che magari potresti dirmi cosa ne pensi."
"Vuoi la verità?"
"Solo quella."
"Penso che tu sia spaventata. Spaventata di perdere Steve, spaventata dal suo passato. E credo che tu non dovresti avere paura" poggiò una mano sulla sua. "Quell'uomo ti ama tantissimo. Non dovresti dubitarne."
Lidya sospirò, lasciò cadere qualche lacrima che si affrettò ad asciugare mentre il dottore entrava nella stanza.
"Il suo appetito è un buon segno" le disse tirando fuori da una cartelletta un foglio che le porse. "Questi sono i disturbi che potrebbe sentire nelle prossime settimane. Il suo corpo non è ancora del tutto guarito e potrebbe lamentare qualche fastidio mentre si riprende completamente."
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Assemble
FanfictionGli Avengers affrontano ogni giorno nuovi nemici e sono bravi in quello che fanno. Un po' meno bravi sono invece nelle questioni di cuore e, infatti, a parte uno di loro, nessuno ha una vita sentimentale stabile e qualcuno da cui tornare la sera, do...