8.
Tony era arrivato a Ginevra in circa un'ora e aveva raggiunto Lidya senza perdere tempo. L'aveva trovata semi addormentata, coperta da uno scialle marrone e seduta su una sedia che sembrava l'apoteosi della scomodità. E la prima cosa che aveva fatto era stata abbracciarla. Un abbraccio dentro il quale lei si abbandonò completamente tremando come una foglia.
"Stai bene?" le chiese staccandosi poco per guardarla.
Lei annuì. "Sì, sto bene. Sono solo un po'... stordita. Non so neppure se sia il termine più adatto a descrivere come mi sento."
"Non è importane" le disse lui scuotendo il capo, sistemando meglio lo scialle che minacciava di cadere. "L'unica cosa che conta è che tu sia tutta intera, ci occuperemo di tutto il resto dopo."
Lidya sospirò tornando a sedersi; le sue gambe proprio non ne volevano sapere di tenerla in piedi, esattamente come le sue mani non ne volevano sapere di smettere di tremare. "Grazie di essere venuto, Tony. Non eri tenuto a farlo."
"Sì beh" l'uomo si guardò intorno curioso. "Non potevo di certo lasciarti qui. Capitan Ghiacciolo non me lo avrebbe mai perdonato e, come ti ho detto, è un rompipalle di prima categoria quando ci si mette."
La donna chiuse gli occhi: le faceva male la testa ma si disse che era fortunata tutto sommato. Sarebbe potuto succedere di peggio, sarebbe potuta morire e sarebbe successo solo ed esclusivamente per la sua testardaggine. Era un errore che non voleva fare mai più e se ne era resa conto quando dentro quell'edificio le bombe stavano per esplodere e lei si era ritrovata a pensare a Clint, e a Tony, e a Natasha... a Steve.
"Hai detto a qualcuno che stavi venendo a prendermi?"
"No. Natasha era all'ospedale con il Capitano, Clint a sbrigare alcune cose personali, Thor e Banner non ho idea di dove fossero quando sono partito per venire qui" Tony guardò l'orologio. "Che ne dici se ora ce ne torniamo a casa?"
Lidya si alzò, o almeno ci provò, e per poco non cadde in ginocchio: Stark la afferrò per tempo. "Sicura di stare bene?" le domandò.
"Sì, sto bene. Andiamo via."
***
Natasha andò incontro al Queen Jet quando si fermò sul tetto, le braccia aperte e l'espressione confusa mentre il portellone si apriva. "Stark ma dove cavolo eri?" i suoi occhi si spalancarono quando si accorse che poggiata a lui c'era Lidya. Non poteva crederci e il suo primo istinto fu quello di correre da Steve per dirglielo.
"Ciao Nat" le sussurrò la donna e lei riprese lucidità. Le andò incontro e la abbracciò come meglio poteva, sorreggendola quando si rese conto che non riusciva a reggersi in piedi.
"Oh mio Dio" le sussurrò accarezzandole i capelli. "Come... com'è possibile? Quel posto è saltato in aria, un'esplosione così violenta che..."
"Non si ricorda molto" la informò Tony sorreggendo Lidya dall'altro lato. "E ha qualche graffio di troppo. La dottoressa Cho è già arrivata?"
"Sì, si sta occupando di Steve."
"Steve" mormorò Lidya cercando di ritrovare il controllo del suo corpo. "Portatemi da lui, voglio vederlo. Posso aiutarlo."
"Ci stiamo andando dolcezza" le fece sapere Tony. I tre percorsero il corridoio, salirono alcuni gradini ed entrarono nello studio che la dottoressa Cho stava utilizzando. Steve era sveglio, le sue ferite avevano già un aspetto migliore, fissò Lidya come se avesse visto un fantasma.
"Lidya?" domandò guardandola, guardando poi Natasha e Tony.
"Ciao Rogers" lei gli sorrise e barcollò fino al letto. Il Capitano la aiutò a mettersi seduta. "Tutti questi lividi sul tuo bel viso sono colpa mia, credo. Mi dispiace tanto."
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Assemble
FanfictionGli Avengers affrontano ogni giorno nuovi nemici e sono bravi in quello che fanno. Un po' meno bravi sono invece nelle questioni di cuore e, infatti, a parte uno di loro, nessuno ha una vita sentimentale stabile e qualcuno da cui tornare la sera, do...