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Lidya avanzò con passo prudente dentro la banca e trovò gli ostaggi ad attenderla all'entrata. Una donna si fece avanti per parlarle. "Ha detto che una volta che lei fosse arrivata saremmo potuti uscire."

L'altra annuì. "Siete tutti?"

"No" la donna scosse il capo. "Ha tenuto un uomo che continuava ad urlargli contro dicendo cose tipo tu non sai chi sono io, pagherai per questa cosa. Un vero idiota. Sono lungo il corridoio" indicò la direzione con un dito.

"Quello è il Segretario di Stato Ross" intervenne un uomo che, a giudicare dall'abbigliamento, era un dipendente della banca.

"È davvero un idiota!" esclamò Lidya respirando a fondo per poi rivolgersi alla donna che le si era avvicinata. "Uscite, tenete le mani alzate e non correte."

"Lei non viene con noi?"

"No. Andate ora." Lidya attese che uscissero, poi riprese il suo cammino. I suoi superiori non le avevano permesso di entrare disarmata e tantomeno senza giubbotto antiproiettile, e lei non aveva avuto altra scelta che accettare le condizioni imposte per poter entrare lì dentro.

"Michael" chiamò guardandosi intorno. "Sono io, l'agente Abel."

Sentì la canna di una pistola poggiarsi alla sua nuca, la sicura scattare, poi la voce che aveva sentito al telefono poco prima. "Pensavo di averti detto che potevi entrare solo se disarmata e senza il tuo giubbotto antiproiettile."

Lidya alzò le mani. "I miei superiori non mi hanno permesso di farlo. Ora sono dentro però, quindi farò come promesso."

Piano si piegò sulle ginocchia sempre con le mani alzate. "Ecco fatto. Metto giù la pistola" disse poggiandola sul pavimento. "Ora mi volterò lentamente verso di te" lo avvertì girandosi con calma. "Non è una vera presentazione se non ci si guarda negli occhi."

E lei ci guardò dentro quegli occhi; erano chiari e pieni di lacrime e paura. Era solo un ragazzino terrorizzato, voleva solo prenderlo e portarlo via da lì; poter tornare indietro ed evitare che facesse quella colossale scemenza.

Michael si irrigidì poco, si notò subito. Alzò la pistola fino alla fronte di Lidya e si schiarì la voce. "Hai detto che mi avresti messo in contatto con mio padre."

"I miei ci stanno lavorando proprio adesso. Potrebbe volerci un po' però..." Lidya si inumidì le labbra. "Nel frattempo, perché non metti giù la pistola? Così possiamo parlare e cercare di sistemare tutto."

"I cecchini... Probabilmente ci stanno osservando con la loro ultra tecnologia. Cos'è che rivelano? Il calore dei corpi? Se non ti tengo sotto tiro mi spareranno."

"Lo faranno se non la metti giù. Lo so che hai paura, Michael. Anche io ne ho. Ma dobbiamo fidarci l'uno dell'altra e io mi fido di te."

Michael titubò un attimo, poi rimise la sicura alla pistola e gliela porse lentamente. "Non voglio morire qui dentro, per favore."

Lidya prese la pistola con una mano, con l'altra gli sfiorò il braccio. "Non accadrà. Te lo prometto" lo tirò piano verso di sé e se lo mise dietro, quasi come ad assicurarsi che il suo corpo facesse da scudo, per evitare i cecchini di cui Michael sembrava avere tanta paura. "Uno degli ostaggi all'entrata, quelli che hai lasciato andare, mi ha detto che hai tenuto una persona."

"Sì, è un idiota. Continua a vantarsi di cose che non mi interessano."

"Sta bene?"

"Sì, l'ho solo chiuso dentro un ufficio, la sua faccia mi infastidiva."

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