19.

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19.

Il funerale di Michael era stato un colpo difficile per Lidya. Non che funerale fosse una parola adatta; era stato portato al cimitero all'alba quando la città ancora dormiva, come un temibile criminale e, visto che non aveva nessuno, nessuno aveva partecipato. Gli unici presenti alla sepoltura erano stati Lidya, Tony, Sam, Steve, Natasha e la squadra di Lidya. Alla luce dei recenti avvenimenti, Steve e Long si erano stretti la mano ma il Capitano non aveva cambiato idea sul conto del detective; Tony iniziava a pensare che avesse ragione.

L'aveva osservato durante la "cerimonia" e si era accorto che sul suo viso non era passata neppure l'ombra di un'emozione. Non era normale. Sì, il suo lavoro forse gli aveva insegnato a essere freddo e distaccato, eppure...

Lidya aveva pianto tanto invece, e quando erano tornati a casa, in auto, non aveva detto nemmeno una parola. Il silenzio era continuato fino a sera, precisamente fino a quando dopo cena non aveva comunicato agli altri che se ne sarebbe andata a casa. Steve era andato con lei. Le cose tra loro sembravano andare bene, Tony sperava continuasse in quel modo. Pensò a Pepper e decise che avrebbero cenato, tutti e quattro insieme, il prima possibile. Si versò da bere e respirò a fondo guardando il cielo fuori dalla finestra.

"Friday" chiese alla nuova Jarvis. "Puoi trovarmi tutto quello che esiste su Liam Long per favore?"

"Sì signore!"

***

Steve fece capolino nella stanza e si fermò sulla soglia della porta; Lidya stava controllando alcuni documenti, respirava profondamente bevendo da una tazza dentro la quale c'era della camomilla. Lo sapeva perché gliel'aveva preparata proprio lui.

"Stai bene?" le chiese in un sussurro.

Lei alzò gli occhi su di lui e si sforzò di sorridere. "Ho solo avuto una brutta giornata, tutto qui" respirò a fondo spostandosi dalla sedia al letto e ci si sedette sopra. "Non devi preoccuparti per me, Steve. Hai già abbastanza cose a cui pensare; le tue piccole missioni con Sam. E gli Avengers e tutto il resto..."

Steve la raggiunse sul letto. "Nessuna di queste cose conta più di te, dovresti saperlo oramai" le si mise a sedere accanto e le prese una mano per baciarne il palmo. "Posso vedere che sei turbata, ho novantacinque anni ma non sono stupido."

Lidya accennò un sorriso. "Michael era solo un ragazzo. Ha fatto degli errori ma non era un criminale. Avrei voluto salvarlo, per far vedere al mondo quello che ho visto io in lui."

"E cos'hai visto?"

"Aveva paura, ed era solo. È morto provando solitudine... non dovrebbe succedere a nessuno. Mai."

"Ti ho sentita parlare con lui dentro la banca" le disse Steve. "Gli parlavi come si parla ad un amico, sono certo che non si è sentito solo nei suoi ultimi momenti, sono certo che ha sentito che tu eri lì per lui, che ti importava."

"Lo spero" mormorò la donna. Con un respiro profondo poggiò il capo sulla spalla dell'uomo e lui le passò un braccio sulle spalle per stringerla forte. Le baciò la fronte.

Credeva di amarla, ma non ne era sicuro e d'altronde come avrebbe potuto? Non aveva mai davvero amato nella sua vita. C'era stata Peggy ma non avevano neppure avuto il tempo di dare un nome a quel sentimento che li aveva legati e lui non aveva mai imparato a danzare o a riconoscere l'amore. Il pensiero della donna lo fece sorridere, si ricordò di quando era andato a trovarla l'ultima volta prima che morisse.

Di improvviso gli aveva afferrato la mano e gliel'aveva stretta più forte che aveva potuto. Gli aveva chiesto chi era la persona da ringraziare per quell'espressione felice sul suo viso e lui aveva risposto senza esitare: si chiama Lidya, le aveva detto, credo che ti piacerebbe se la conoscessi. Quell'incontro non sarebbe mai avvenuto, ma forse era quello l'amore? L'istinto, la prontezza, il primo nome che viene in mente a qualcuno quando gli chiedono della sua felicità?

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