45.Abbiamo condiviso troppa vita

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15 giugno 1943

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15 giugno 1943

-Benvenuta a casa!- esclamò Druella andandole incontro a braccia aperte.
Il calore di quell'abbraccio riscaldò un pò il cuore di Adhara e si lasciò avvolgere ricambiando la stretta a sua volta.
-Vedrai che tutto si sistema.- le sussurrò all'orecchio per non farsi sentire da nessuno.

Se solo ci fosse qualcosa da sistemare. E invece non c'è niente. Un niente assordante che mi fischia nelle orecchie.

Adhara si staccò dall'abbraccio con un sorriso amaro e poi si rivolse agli altri salutandoli uno ad uno per poi fermarsi di fronte al fratello di Adhara che la guardò subito negli occhi facendo un cenno impercettibile con la testa.
Era un no.
Non aveva dunque avuto notizie di Tom.
Adhara non era stupita, del resto non aveva mai comunicato con i suoi scagnozzi durante la pausa estiva.

La villa dell'amica si trovava in Costa Azzurra, e da essa si poteva godere la vista del mare.
Era enorme, piena di stanze e provvista di una piscina.
Si lasciò guidare dall'amica attraverso i locali fingendosi interessata e poi venne lasciata finalmente sola in camera per sistemare le proprie cose.
Non appena si fu sistemata vide dalla finestra della sua stanza che i suoi amici si erano tuffati tutti in piscina e si schizzavano l'acqua addosso ridendo.
Lei però si sentiva così distante da tutto. Si sentiva come se non sarebbe mai più riuscita ad essere felice o a provare interesse per qualcosa. L'ombra di Tom era sempre lí ad oscurarle i pensieri.
-Adhara?-
La voce di Evan la ridestò dalle sue riflessioni e voltò le spalle alla finestra guardando il ragazzo.
-Sicuramente è tornato all'orfanotrofio. Non ha altro posto in cui andare e inoltre non credo che il preside avrebbe permesso che se ne andasse in giro senza meta epr tutta l'estate.- disse lui convinto.
-Lo sai anche tu quanto è persuasivo.-
Ci fu un attimo di silenzio rotto solo dalle risate dei loro amici al piano di sotto.
-Si. Ma con noi non ha fatto mai parola di luoghi in cui voleva recarsi o altro. E scommetto nemmeno con te.-
La ragazza alzò gli occhi al cielo ignorando la morsa che le stritolava lo stomaco.
-Ovviamente con me non ne ha fatto parola dal momento che mi ha abbandonata a scuola Rosier!- sibilò sarcasticamente calcando la parola "ovviamente".
-Hai ragione, scusa. Comunque sa cavarsela da solo. Di questo non devi preoccuparti.- cercò di rassicurarla lui.
Evan non aveva capito proprio niente.
-Non è di lui che sono preoccupata Rosier.-
-Ah...e quindi come mai non stai bene?-
Ma tutti i maschi erano così ignoranti?
Adhara rimase qualche istante in silenzio sperando che Evan si sarebbe risposto da solo, infatti dopo un attimo la sua faccia cambiò.
-Oh...si...chiaro. Lui ti ha ferita sparendo così. Mi dispiace non ci avevo pensato subito.- cercò di giustificarsi in evidente imbarazzo.
-Bene ora che hai capito posso chiederti di non parlarne più?-
Rosier annuì.
-Dai vieni di sotto, un pò di compagnia ti farà bene.- disse lui prima di sgattaiolare fuori dalla camera e correre al piano di sotto.
Adhara fece un respiro profondo stupita da quanto potessero essere stupidi i maschi e prese un libro. Sicuro la compagnia di un buon libro avrebbe reso tutto più sostenibile e le avrebbe occupato la mente.
Nessuno la disturbò ma tutti a volte le lanciavano qualche occhiata per sincerarsi che stesse bene. Pensavano che sarebbe crollata da un momento all'altro.
Quello che non sapevano, però, era che lei era già crollata da un pezzo ma riusciva comunque a mantenere una facciata neutra, come se nulla la scalfisse.

Passò quindi tutte le vacanze estive con loro.
Nessuno osava sfiorare l'argomento "Tom" e Adhara ne era felice. Parlarne avrebbe significato renderlo ancora più vero.
Passava le giornate a fare i compiti per scuola, leggere, fare passeggiate in paese e in riva al mare con i ragazzi. Fecero persino delle gite per esplorare la zona circostante.
Ogni tramonto che vedeva, ogni luogo che scopriva, ogni nuotata nel mare che faceva, pensava a lui. Perché la verità era che nulla di tutto quello che faceva le sembrava interessante senza di lui.
Se Tom fosse stato lì avrebbe sicuramente reso tutto più eccitante, oscuro e avventuroso, ogni cosa avrebbe acquistato un diverso significato. Ma lui non c'era. E quindi tutto diventava automaticamente irrilevante, faticoso, e Adhara doveva cacciare la testa sotto l'acqua del mare per nascondere le lacrime, doveva allontanarsi dai suoi amici qualche istante per ricominciare a respirare.
Visse quei mesi come in uno stato di trance, completamente priva di lucidità perché troppo occupata a sforzarsi di sorridere e fingere che tutto andasse bene.
Infatti, non seppe esattamente come successe.
Era una torrida giornata d'agosto. Un secondo prima era seduta a bordo piscina con le gambe immerse nell'acqua a parlare con Dean, un secondo dopo le labbra di Dean erano sulle sue.
Fu come ricevere una secchiata d'acqua gelata in faccia: riprese immediatamente lucidità rendendosi conto di ciò che stava succedendo e la sua mente iniziò a lavorare frenetica per decidere come agire. Che avrebbe dovuto fare?
Si sentiva terribilmente infastidita da quel contatto. No, infastidita non era la parola giusta. Era totalmente indifferente. Quindi in qualche modo era infastidita da Dean che non si accorgesse che lei era indifferente.
Sapeva però che Dean non l'avrebbe mai fatta soffrire. Decise quindi, che se doveva fingere di aver superato l'abbbandono di Tom, quello sarebbe stato il modo migliore per farlo.
Ricambiò il bacio del ragazzo dopo quelle riflessioni, il cuore che pesava come un macigno, nessuna traccia della morsa allo stomaco che sentiva quando era Tom a baciarla.
-Io posso renderti felice per davvero.- le sussurrò lui sulle labbra.

Ma che ne sai tu di cosa potrebbe rendermi felice? Perché se tu lo sapessi davvero non mi staresti baciando, non staresti violando ciò che è stato e sarà sempre di Tom Riddle.
Che ne sai tu del suo profumo, delle sue labbra, della consistenza dei suoi capelli? Della linea della sua mascella e della sua pelle così chiara, così simile alla mia?
Dei nostri baci, quelli al sapore di rabbia, di sangue, di lacrime e dolore, quelli al sapore di vento, quelli al sapore di amore?
Abbiamo condiviso troppa vita perché qualcuno che non sia lui possa permettersi di pensare di rendermi felice.

Questo avrebbe voluto dire Adhara. Queste erano le parole che le bruciavano in gola. Invece si limitò ad allontanarsi piano da quel bacio e abbassare lo sguardo per poi entrare in piscina.
Doveva sopprimere il bisogno di piangere che aveva in quel momento, non riusciva ad avere accanto Dean, il suo amico Dean, dopo che lui l'aveva baciata. Come avrebbe fatto a fingere di non provare fastidio ad averlo accanto in quel modo? Come avrebbe fatto a fingere di non avere ancora tutto il proprio amore in un angolo del cuore, ma che quell'amore fosse ormai inutilizzabile?

Quella notte, dopo essersi rigirata per ore nel letto ed essersi finalmente addormentata, fece un sogno.

Sento rumore di acqua che scorre, io stessa mi trovo nell'acqua.
Ma non sono completamente immersa. Da quello che riesco a capire, sono distesa a pancia in giù sul pavimento del gabinetto del bagno delle ragazze al secondo piano. Solo quel bagno a scuola ha quelle piastrelle. L'acqua si trova quindi sul pavimento e la sento in faccia, la sento che mi infradicia i vestiti.
Cerco di muoverm ma non ci riesco, sono come paralizzata. Bloccata a faccia in giù nell'acqua, l'angoscia inizia a salire. Cosa mi succede? Come sono finita in questa situazine? So che non potrò uscirne. Non so come ma lo so.
Mi vedo ora dall'alto, come se fossi fuori dal mio corpo. Vedo i cubicoli, vedo i rubinetti tutti aperti e capisco che è da lì che arriva l'acqua che sta invadendo il pavimento. Vedo me stessa riversa a terra.
Voglio tornare giù. Perché non riesco a tornare giù?
Il bagno diventa sempre più lontano, sempre di più, fino a sparire e lasciare il posto al buio.

Adhara aprì gli occhi di scatto con la sensazione opprimente di essere soffocata. Scostò bruscamente le coperte dal proprio corpo e si mise seduta sul letto cercando di respirare in modo regolare.
Lentamente, la sua testa ricominciò a ragionare lucidamente. Sicuramente era colpa dello shock avuto qualche mese prima. Non se lo spiegava in altro modo. Ed era troppo terribile pensare che potesse essere ciò che il futuro le riservava.

Amortentia - A Tom Riddle StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora