60. Ti ho distrutta

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"Questa notte
ho più paura di morire
cosí immagino
le tue mani e i tuoi occhi
sul mio corpo.
Le tue mani e i tuoi occhi
che si posano
sul mio corpo,
in questa notte scura,
come tutte le altre e
cosí infinitamente irrilevante.
Le tue mani e i tuoi occhi
che, per un breve istante,
mi salvano
dal niente."

Tom Riddle aveva sempre mal sopportato che qualcuno si prendesse cura di lui.
Per lui, durante le poche volte nelle quali da bambino si era ammalato, la parte peggiore erano sempre state le suore che lo accudivano.
Lui non voleva essere curato, toccato, accudito. Non ne aveva bisogno. Quelle attenzioni erano solo per i deboli e lui se la sapeva cavare da solo.
In quel frangente però, si rese conto di quanto effettivamente necessitasse di avere attorno Adhara e di quanto gli facesse bene la sua presenza per la ripresa. 
Sentirla girare per casa lo teneva ancorato alla realtà. In quei giorni in cui i confini tra immaginazione e realtà erano sottili, la ragazza lo aiutava a capire quando era nel mezzo di un incubo e quando era desto. Inoltre, gli sembrava che solo avendola accanto sarebbe riuscito a sopravvivere a quella situazione. 
Probabilmente, l'attaccamento che sentiva verso di lei era anche dovuto al fatto che la sua anima in quei giorni fosse estremamente instabile.
Passava repentinamente da momenti di sconforto piú assoluto a momenti di euforia. Da momenti in cui sentiva una furia cieca salirgli in gola a momenti in cui avrebbe solo voluto prendere Adhara e abbracciarla per il resto della vita. 

Una sera, mentre la ragazza era seduta sul bordo del letto e gli tamponava la fronte con un panno umido nel tentativo di fargli abbassare la febbre, Tom iniziò a temere sul serio che qualcosa fosse andato storto. Aveva messo in conto di metterci qualche giorno a sentirsi meglio ma fino a quel momento aveva continuato a stare male, non aveva energie e si sentiva sempre sull'orlo di una crisi di nervi. 
La paura di morire si insinuò tra le sue membra, lenta e inesorabile e in un batter d'occhio il suo cuore iniziò ad accelerare.
Respirò profondamente nel tentativo di imporsi la calma come faceva solitamente ma non sembrò servire. Adhara si accorse che qualcosa non andava, infatti posò il panno sul catino d'acqua accanto al comodino e lo guardò con sguardo interrogativo.
Lei non parlava quasi mai in quei giorni. Si limitava a guardarlo come se lui fosse una bestia selvatica in mezzo a una fitta vegetazione. 
-Ho paura Flint.- mormorò lui sentendosi soffocare e desiderando con tutto se stesso di poter fare entrare più aria nei propri polmoni.
Lei rimase colpita da quella dichiarazione - Tom non aveva mai paura di nulla - e si portò le mani in grembo torturandosi il labbro con i denti. Non sapeva bene cosa dirgli: le sembrava che il proprio cervello nei giorni precedenti fosse andato completamente in pappa.
Persa nei propri pensieri non si accorse che Tom aveva spostato la propria mano da sotto le coperte e l'aveva allungata per prendere quelle di lei.
Per l'ennesima volta in quei giorni, Adhara rimase a guardare le loro mani intrecciate. 
Stessa carnagione pallida, stesse vene in evidenza, uguali in tutto e per tutto tranne che per la dimensione. E per il fatto che quelle di Tom si erano sporcate del sangue di tre persone solo qualche giorno prima. 
Si sentì improvvisamente esausta a quel pensiero e si lasciò cadere sul letto accanto al ragazzo, dandogli le spalle. Non voleva guardarlo in faccia in quel momento.
Lui grazie a quella vicinanza poté sentire i suoi capelli che gli solleticavano il viso e il profumo del suo shampoo. Allungò una mano sul fianco di lei che ebbe un lieve sussulto ma poi si accoccolò con la schiena contro il suo petto.
Nei deliri della febbre il ragazzo quella sera le disse tante cose, cose che Adhara aveva sempre desiderato sentire, ma che a quel punto non voleva più permettersi di ascoltare. Cose mormorate contro l'incavo del suo collo dalle labbra bollenti del ragazzo che continuava a provocarle brividi, stringerla, accarezzarla, annusarle i capelli e il collo con disperazione, come se solo quello potesse salvarlo in quel momento.
Si aggrappava a lei.
E lei, per quanto lo volesse, non riusciva a tagliare quel legame che li teneva legati da anni. 
-Prometti che non te ne vai.- la supplicò facendola voltare verso di lui e scontrandosi con il suo sguardo.
Adhara strinse gli occhi e sospirò forte per poi riaprirli e trovarsi inghiottita dall'onice cupa di quelli di Tom. 
-Promesso.- mormorò in risposta lei avvicinandosi ancora e appoggiando la fronte contro il suo petto, e ascoltando il cuore al suo interno.
Come a volersi sincerare che un cuore ci fosse davvero.
Come a volersi sincerare che quel cuore battesse.
Poi, esausta, si addormentò tra le braccia del ragazzo che la stringeva come fosse la cosa più importante del mondo.

Amortentia - A Tom Riddle StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora