67. Straziato dal non poterti avere.

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Io comunque vi avviso...capitolo un po' spinto :P

"E tu
E qui sta il mio orgoglio
Oh meno in controluce, oh meglio amata
Che non mi sei più estranea. Lo so, siamo cresciuti
Negli stesso giardini oscuri. Abbiamo bevuto
La stessa difficile acqua sotto gli alberi.
Ti ha minacciata lo stesso angelo severo.

E uguali sono i nostri passi, districati
Dai rovi dell'infanzia da scordare, dalle stesse
Imprecazioni impure."

La porta della Stanza delle Necessità si aprí con un cigolio rivelando una figura di spalle intenta a guardare fuori dalla finestra

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La porta della Stanza delle Necessità si aprí con un cigolio rivelando una figura di spalle intenta a guardare fuori dalla finestra.
Il vestito le lasciava scoperta la schiena mostrando la sua pelle diafana.
Era ormai l'una di notte e il ballo era appena finito: lei aveva atteso l'arrivo di Tom come si attende l'arrivo della pioggia dopo un periodo di siccità.
Si voltò un momento facendo scontrare i propri occhi con quelli di Tom che era fermo sulla soglia.
Nessuno dei due aveva ancora fatto l'abitudine al tumulto che scatenava dentro di loro il fatto di guardarsi negli occhi.
-Ti aspettavo.- disse lei tornando a guardare fuori.
La luce della luna illuminava la ragazza e dava sfumature surreali alla scena.
Tom ammirò la sua figura fasciata alla perfezione in quel vestito, si avvicinò con calma sciogliendo il nodo della propria cravatta e sbottonando i primi due bottoni del colletto.
Si fermò a un passo da lei e le scostò i capelli lasciandole il collo libero, per poi baciarglielo e stringerle i fianchi causandole la pelle d'oca ed un sospiro. La ragazza lasciò cadere indietro la testa contro la spalla di Tom, tutte le difese azzerate sotto il tocco del ragazzo.
-Come mai mi aspettavi? Dimmelo.- chiese con le labbra contro la pelle di lei.
-Per questo. Perché avevi ragione. E non ho più paura.- sussurrò in risposta per poi aggiungere
-perchè tu mi tormenti Tom Riddle e non esiste cura che non sia tu.-
Tom sorrise contro alla sua pelle e poi la lasciò all'improvviso. La ragazza sentì freddo dove prima c'erano le sue labbra che scottavano.
Le mani di lui corsero alla zip del vestito sulla schiena di Adhara, facendola scendere lentamente. A quel punto la ragazza si voltò fissando il proprio sguardo nel suo.
Il fuoco del desiderio ardeva negli occhi di entrambi.
Adhara portò la mano prima alla spallina sinistra, poi alla destra sfilandole. Il fruscìo dell'abito che scivolava a terra ruppe il silenzio di quella stanza e fu come un boato alle loro orecchie. Come qualcosa di definitivo. E lei rimase li davanti a lui, solo con l'intimo addosso.
Tom rimase piacevolmente colpito dalla scelta. L'aveva immaginata con capi sobri sotto a quel vestito, e invece si era sbagliato di grosso. Un intimo di pizzo scuro pieno di laccetti e molto poco consono ad una ragazzina adornava le sue curve rendendole ancora più sensuali di come se le immaginava e ricordava: Adhara, anche quella volta era riuscita a sorprenderlo.
Tom fece un sorrisetto e si avventò sulle sue labbra: non riusciva più a tollerare la distanza tra i loro corpi.
Il suo respirò bollente le si spezzò in bocca.
Adhara si sentì spingere contro il vetro freddo della finestra dietro di sé ed allacciò le proprie gambe alla vita di Tom.
La resse sprofondando i propri polpastrelli nella pelle delle sue cosce e spingendola ancora di più contro il vetro mentre lei portava le proprie mani tra i suoi capelli.
Le loro lingue calde si scontravano tra loro in una dolce lotta e furono morsi, sospiri, gemiti di sollievo a quel contatto che avevano tanto anelato.
Il ragazzo scese verso il suo collo sfiorandola con le labbra e iniziò a lasciarle una scia di baci sempre più roventi tra il collo e il petto.
-Sono straziato dal non poterti avere.- ansimò poi sulle sue labbra con sofferenza sul volto e nella voce.
-Sono qui per te.- rispose lei stringendogli il viso tra le mani e approfondendo un nuovo bacio.

Sono straziata anche io. Sono anni che ti aspetto e poi scappo. Anni che ci facciamo la guerra. Anni che giochiamo a guardie e ladri. Che facciamo un passo avanti e 1000 indietro.
Non averti mi ha straziato il cuore. La mia anima è integra ma é incrinata. Non averti mi ha straziato il corpo. Ogni punto in cui mi hai toccata in quesi anni mi fa male come se avessi fei lividi, mi fa male da morire. Tu fai male da morire e io voglio che continui a farlo.
Nessun altro mi conosce come te, nessun altro mi ferisce come te. Nessun altro PUÒ ferirmi come te.
Nessun altro è allo stesso tempo veleno e antidoto.
"Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso."

A quel punto Tom si mosse e la portò in braccio mettendola sul letto che la Stanza della Necessità aveva messo loro a disposizione per quell'occasione. Si fermò in piedi davanti a lei per ammirarla.
Era sdraiata tra i cuscini bianchi e lo guardava implorante. Sapeva perfettamente che quell'immagine l'avrebbe tormentato per molto tempo dopo quella sera, come era successo con l'immagine di lei nella vasca da bagno dei Prefetti.
Salì sul letto anche lui e lei gli sfilò definitivamente la cravatta, senza togliergli gli occhi di dosso nemmeno un istante. Poi passò a sbottonargli la camicia che solitamente era sempre così perfettamente stirata e provò una sorta di eccitazione al pensiero che in quel momento era spiegazzata a causa sua.
Passò le mani sulla schiena e sul petto di lui che chiuse gli occhi per qualche istante, inspirando inebriato dal suo tocco.
Ogni respiro gli faceva male, lontano da lei.
Quando riaprì gli occhi le bloccò il collo con una mano continuando a baciarla su di esso e passò la mano libera sul suo seno imprigionato in quella moltitudine di laccetti.
-Tom...- sussurrò lei completamente rapita e desiderosa di sentirlo ancora di più contro di sé.
Le sfilò prima il reggiseno, poi le mutandine con delicatezza: si perse in ogni dettaglio della sua pelle, baciò ogni neo, anche quello in mezzo ai seni e fu come trovare l'acqua in mezzo al deserto da quanto disperatamente aveva desiderato farlo per anni. Poi, si prese un momento per guardarla ma lei istintivamente si coprì con le braccia abbassando lo sguardo con fare imbarazzato.
-Non nasconderti da me.- sussurrò Tom al suo orecchio mentre le spostava le braccia e la guardava nuovamente con adorazione. Era una dea. Un'assoluta dea.
Smaniava il tocco delle labbra carnose di Adhara contro le sue. Nessuna aveva mai avuto il permesso di baciarlo, addirittura di toccarlo durante il sesso. Lo aveva sempre e solo considerato uno sfogo, qualcosa di necessario ma non quella volta, non con lei.
Voleva toccarla, assaporarla, sentirla per davvero. Aveva aspettato troppo tempo di poter vivere quel momento.
Adhara sentiva le dita di Tom scorrerle lungo tutto il corpo, terribilmente piacevoli e talmente bollenti da quasi sfrigolarle sulla pelle. si chiese se il giorno dopo avrebbe avuto qualche scottatura addosso.
Gli occhi scuri e liquidi di Tom che poco prima erano fissi sul suo corpo, si fecero sempre piú bassi mentre fissava le sue labbra.
Quegli occhi catturavano il buio, l'avevano sempre fatto. Avevano sempre tolto luce ad ogni altra cosa.
Tom pensò a quanto aveva desiderato avere addosso quelle labbra che tante, troppe volte l'avevano maledetto. Avere addosso quelle mani che avevano passato anni a respingerlo.
Le stesse labbra che l'avevano ricoperto di insulti, in quel momento erano premute contro il suo collo. Le stesse mani che gli avevano stampato schiaffi sul volto, in quel momento si stavano aggrappando alla sua schiena, come per pregarlo di rimanerle vicino.
Adhara lo aiutò a sfilarsi gli ultimi vestiti che aveva ancora addosso e a quel punto, quando lui fu dentro di lei, sentì sensazioni  che non pensava di essere in grado di provare. Non appena il dolore fu passato, lo strinse forte con le gambe contro i suoi fianchi  inarcando la schiena per approfondire il contatto mentre le sue mani le passavano nei capelli.
Stare dentro di lei era per Tom la sensazione migliore del mondo, mille volte meglio di quella che aveva provato con le altre. Gli occhi di Adhara non fuggivano nemmeno un attimo dallo sguardo del ragazzo e i suoi gemiti e ansimi si fecero sempre più forti.
-Tom...- sussurrò mentre si mordeva le labbra e si aggrappava a lui con tutte le sue forze graffiandogli gli avambracci e gettando la testa indietro.
Vederla arrivare al limite fu terribilmente appagante per lui. Era compiaciuto di essere stato il primo a provocarle quelle sensazioni e fu sicuro che nient'altro avrebbe rimpiazzato o offuscato quel ricordo nella mente di Adhara. Sarebbe sempre stato solo lui ad averla portata lí per la prima volta, sempre solo lui a rimanere nei suoi ricordi in quel modo.
Quei pensieri uniti allo sguardo sconvolto ma appagato della ragazza fecero capire a Tom che stava arrivando al limite anche lui. Affondò il volto nell'incavo del suo collo e la morse per evitare di urlare. Adhara gemette per il dolore di quel morso e il suo gemito fu la goccia che fece traboccare il vaso facendo crollare Tom sopra di lei.
Rimasero fermi, immobili finché i loro respiri si regolarizzarono e entrambi ripresero il controllo dei propri corpi.
Tom poi si sdraiò accanto a lei sulla schiena, gli occhi chiusi e un sorrisetto soddisfatto a illuminargli il volto.
Anche Adhara chiuse gli occhi. Era stremata da tutti gli ultimi avvenimenti, tutto era successo così velocemente da doverlo ancora assimilare.
Tutto, però, le sembrava cosí giusto da volerlo ripetere ancora e ancora per imprimerselo a fuoco nella mente.

First of all: have you spotted la citazione di Franz Kafka? 😏

NO
MARIA
IO
ESCO.
CE
L'HANNO
FATTA.
🎺

Amortentia - A Tom Riddle StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora