49.Ti appartengo ma tu non mi vuoi

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"Ed è strano sapere che una donna pretenda un fiore
per avere in mano una cosa stupenda che muore."

12 ottobre 1943

Adhara aveva sempre adorato il giorno del proprio compleanno.
Trepidava all'attesa di ricevere qualche pensierino, era curiosa di sapere chi si sarebbe preso un attimo per farle gli auguri. La sera prima solitamente non riusciva mai a dormire, divorata dalla curiosità e dalla trepidazione.

Quell'anno la ragazza non venne delusa, ricevette infatti molti regali da parte dei propri amici. Tom ovviamente non le fece nemmeno gli auguri. Era prevedibile, ma fino all'ultimo lei aveva sperato che le parlasse o facesse qualsiasi cosa: quello per lei sarebbe stato il regalo più bello, anche se dentro di se continuava a ripetersi che avrebbe dovuto smetterla di aspettare qualcosa da Tom. Se doveva andare avanti, doveva smettere di sperare in lui. Farlo però, non era così semplice dal momento che era costretta a passare la vita a contatto con quel ragazzo, vederlo, sentire il suo profumo, sentirlo accanto a se a lezione. Sentirlo così forte nel cuore. Scontrarsi ogni giorno con l'evidenza di non poterlo avere. Sperava che presto si sarebbe stufata di sentire la sua mancanza. Ma temeva che nonostante tutto l'avrebbe sentita per sempre.

Dean le portò un mazzo di rose a cena sotto gli occhi di tutti. Le ragazze sospirarono sognanti lanciandosi occhiate tra di loro, mormorando, ridacchiando, invidiando quanto fosse perfetto, amorevole e premuroso.
Adhara ringraziò arrossendo, detestando l'attenzione che aveva attirato quel gesto. Forzò un sorriso e pensò fosse qualcosa di troppo intimo e importante per essere condiviso con gli sguardi indiscreti dei loro compagni.
Non potè impedire a se stessa di far scivolare lo sguardo verso Tom che fissava i fiori con la mascella contratta.

Basterebbe solo una tua parola per mettere fine a tutta questa farsa.

Il ragazzo si alzò dopo un attimo lasciando la tavolata e uscendo a lunghe falcate dalla sala. Lei lo segui con lo sguardò finchè non venne riportata alla realtà da Eileen che le chiedeva di poter annusare i fiori. Adhara passò il resto della serata a nascondere il fatto di essere rimasta turbata dall'uscita di scena di Tom. A dissimulare come poteva andare o fatto di cercarlo su tutti i visi che incontrava, come se fosse uno spreco non portare gli occhi su un viso col rischio che fosse lui e perderselo. E perderlo.
Ma lui non si fece vedere per tutto il resto della serata.

Quando Adhara rientrò in camera da sola dopo cena, notò un particolare che quando era uscita qualche ora prima non c'era.
Sul suo cuscino, c'era qualcosa di strano. Qualcosa di inaspettato. Come una sbavatura sul bianco perfetto della trapunta.
Una sbavatura nera che faceva contrasto.

Era una rosa nera.

Si avvicinò lentamente, rapita, lasciando cadere a terra i fiori di Dean che aveva in mano. Il mondo attorno si fece lontano e ovattato, come se esistesse solo ciò che era posato sul suo cuscino e la stesse richiamando a se, facendo passare in secondo piano tutto il resto. Il suo cuore accelerò fino a renderle i respiri difficili, facendole rattrappire i polmoni e quando prese in mano il fiore non si accorse che le spine non erano state eliminate. Le spine erano state lasciate lì al loro posto, di proposito, e Adhara si punse la mano.
Quel dolore improvviso la riportò sulla terra e si guardò le dita, con grande sgomento. Là dove le spine le avevano bucato la pelle, vi erano ora dei segni rossi dai quali usciva una goccia di sangue. Mise la mano in tasca alla ricerca del proprio fazzoletto col quale si pulì le dita, tremando. Poi portò il fiore verso il proprio viso inspirandone il profumo e chiuse gli occhi.
Una sensazione si insinuò tra le sue viscere mentre respirava l'odore del fiore. Sapeva perfettamente chi le aveva regalato quella rosa. Se lo sentiva persino nelle ossa. Se lo sentiva come un pugno nello stomaco. Come delle spine che bucano la pelle. Si morse le labbra, forte, fino a farsi male.
C'era silenzio in camera, un silenzio assordante rotto solo dal respiro strozzato di Adhara, ma era come se con quel regalo Tom fosse lì e le stesse urlando nelle orecchie: "Sarò sempre io quell'angolo di buio nella tua vita, sempre riuscirò ad oscurare tutto il resto e a ferirti."
La presenza di Tom nella sua vita era ingombrante, impossibile da ignorare e rendeva vano tutto il resto. Tutti i suoi sforzi per chiuderlo fuori dalla sua vita, tutti gli sforzi che facevano gli altri per rendersi interessanti ai suoi occhi. Ma la realtá era che a lei non importava un fico secco di nessuno che non fosse lui. Nessuno le era mai sembrato davvero interessante e degno di approfondire i rapporti. Nessuno aveva mai silenziato il mondo circostante come sapeva fare lui.
Si sedette sul letto con ancora in mano la rosa, senza riuscire a posarla, a buttarla e a fare qualunque cosa. Il cuore le batteva persino nelle orecchie e si sentiva sul punto di piangere.
Portò lo sguardo sulle rose di Dean abbandonate a terra e si sentì male.
Non riusciva a guardarle. Si alzò, le raccolse e le mise nella spazzatura. Irrilevanti. Ecco come le sembravano quei fiori di fronte al gesto che aveva fatto Tom. E lo aveva fatto lontano dagli occhi di tutti, rendendo quel momento solo ed esclusivamente loro.
Fece apparire un bicchiere pieno d'acqua nel quale posizionò la rosa nera, lasciandola in bella vista sul proprio comodino.
Rimase a lungo in camera, camminando avanti e indietro, indecisa sul da farsi.
A volte portava lo sguardo sul fiore che era lì, quasi a farsi beffe di lei.
Poi, decise. doveva parlare con lui.
Stava per uscire dalla camera quando Druella fece la sua comparsa.
-Oh ciao non pensavo fossi qui!- esclamò allegra per poi incupirsi vedendo lo stato in cui si trovava Adhara.
-Tutto bene?- domandò con la fronte corrucciata.
Adhara annuì forzando un sorriso.
-Hai visto Riddle?- domandò con urgenza.
L'amica la guardò interrogativa.
-Si, prima...era con mio fratello e gli altri, erano in sala...- la voce le morì quando il suo sguardo si posò sulla rosa nera sul comodino di Adhara.
La consapevolezza si fece subito spazio sul suo volto e guardò Adhara che si stava incamminando per uscire dalla stanza.
-Che sta succedendo?- domandò Druella trattenendola per il polso.
-Non...non lo so!- sbottò la ragazza cercando aiuto nello sguardo dell'amica.
Druella sospirò.
-Non lasciarglielo fare. Non di nuovo.-

Il problema è che io a lui permetterei anche di uccidermi. E forse glielo sto già permettendo, visto che sono mesi che mi aggiro come un involucro vuoto e nessuno se n'è accorto.
Io non ci sono più e nessuno si accorge che non sono più qui davvero.

Adhara la guardò, atterrita, e si liberò dalla stretta correndo via come se tutta la sua vita ne dipendesse.
Arrivò in sala comune ma vide Nott Rosier e gli altri intenti a giocare a scacchi; non vi era traccia di Tom.
Uscì fuori nei corridoi e iniziò a correre senza una meta, la lucidità era rimasta in stanza. Doveva trovarlo ma non riusciva a imporsi di andare in un luogo preciso.

Questa volta io ci muoio. Questa volta il mio cuore non regge, batte talmente forte che mi si conficca nelle costole, che mi fa ricordare come stavo quando te ne sei andato. Quando ti cercavo nel buio perché tu è da lì che vieni ma non ti trovavo lo stesso.

Lo vide, infine, che arrivava dalla direzione opposta della sua.
Tom la vide correre trafelata verso di lui e si fermò di colpo, pochi passi li separavano.
Adhara era ferma di fronte a lui, Aveva gli occhi lucidi ed era pallida.
Il suo petto si alzava e si abbassava e lo guardava negli occhi, con una sorta di disperazione nello sguardo.
Riddle spostò il suo sguardo verso le mani di lei. Vide i segni delle spine. Era lì perché aveva trovato il suo regalo, dunque.
Si avvicinò ancora di più a lei.
Le prese la mano con la sua, la guardò meglio.
Sulle sue dita c'erano  i segni rossi dove le spine l'avevano punta. Adesso li poteva vedere da vicino.
-Perché?- domandò la ragazza in un soffio, come se fosse esausta, come se avesse perso la voce.
Riddle fece un sorriso che non arrivò agli occhi e portò le dita ferite di Adhara verso la propria bocca, guardandola negli occhi.
Le sue labbra vennero a contatto con la pelle di lei, provocandole brividi e una fitta al cuore che era troppo provato dal dolore e dagli eventi. Era troppo provato dal fatto di risentire la consistenza delle labbra di Tom su di lei. Una sensazione quasi dimenticata e che la scosse come un terremoto.
-Ricordati sempre a chi appartieni.- le dissse lui ancora a pochi centimetri dalla sua pelle. Sentì il suo respiro caldo che strideva terribilmente con il tono freddo che aveva utilizzato per pronunciare quella frase. Non smise di guardarla negli occhi nemmeno per un secondo. Poi, lasciò la sua mano e si allontanò lasciandola lì in mezzo al corridoio.
Adhara si voltò di scatto, incapace di muoversi, guardando la schiena del ragazzo che si allontanava.

Ti appartengo ma tu non mi vuoi.

Glielo avrebbe voluto gridare. Era quello che il suo cuore gridava. Ma lei non aveva più voce, non aveva più forza, non aveva più respiro. Lui glieli aveva appena portati via, per l'ennesima volta.

Tom andò a letto compiaciuto, ripensando allo sguardo pieno di sgomento che gli aveva rivolto Adhara. Questo lo ripagava della rabbia provata quando quell'essere insignificante le aveva portato quel mazzo di rose rosse.
Rose rosse. Quando mai?
Adhara non sarebbe mai stata associabile alle rose rosse.
Si vedeva perfettamente che quell'inetto non la conosceva realmente.
Adhara non era una rosa rossa.
Adhara era bellezza vestita di oscurità anche se lei non lo dava a vedere. Era graffiante, pungente. Non era estate, non era morbida e vellutata come una rosa rossa.
Non era senza spine, no. Lei le spine ce le aveva eccome.
Lei era inverno, era fascino, era mistero.
Diggory non si era preso la briga di conoscerla. Le aveva accostata a dei fiori classici, monotoni, senza notare la raritá terrificante di quella ragazza.
O forse era lei che non si era mai fatta conoscere realmente. Forse lei si mostrava solo a lui. Quel pensiero era una piccola scintilla di speranza che gli accese il petto.
Era compiaciuto anche di aver trovato un incantesimo interessante da applicare sulla rosa che le aveva regalato.
Ogni giorno della sua vita Adhara avrebbe portato sulle dita il segno delle spine di quella rosa. Non sarebbe mai andato via.
Ogni giorno della sua vita lei l'avrebbe portato su se e ricordato, qualunque cosa fosse successa.
E gli altri avrebbero sempre notato quella sbavatura sulla sua pelle diafana, perfetta, su quelle mani curate.
Lui era la sbavatura nella sua vita. Nera. Indelebile. Qualunque cosa lei avesse fatto, ci sarebbe sempre stato quel particolare a legarli, a riportare la sua mente a lui, a ricordarle che sarebbe sempre stata solo sua.
Decise di concentrarsi su quello e di nascondere in un angolino recondito della sua mente il fatto che prima di posare la rosa sul cuscino, si era abbassato ad annusarlo perché anelava a sentire l'odore dei capelli di lei.

Tengo molto a questo capitolo. Lo trovo molto significativo e spero tanto che vi abbia lasciato qualcosa 🥀
Per scriverlo mi sono ispirata alla storia "Fabbricante di lacrime" che sto leggendo qui su Wattpad e che trovo meravigliosa ♥️ Rigel lo vedo così simile a Tom!

Comunque se avete voglia fatemi sapere che ne pensate di questo episodio! A presto 🌸

Amortentia - A Tom Riddle StoryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora