Capitolo 2

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[Peter]

Dopo una doccia veloce, ritorno nella stanza con una tovaglia legata alla vita. Becco Estefano con uno dei miei fazzoletti stile bandana sulla testa e mi si forma un nodo nello stomaco. Glielo tolgo e lo avverto – Non toccare di nuovo questo Estefano.

-Perché no? - Chiede con i suoi occhi innocenti.
Per Estefano, è solo una bandana, per me è il simbolo del presente e di quello che il futuro non sarà mai. Come si suppone che lo spieghi ad un bambino di 11 anni? Lui sa quello che sono, la sete di vendetta e la rappresaglia mi spinsero ad entrare in questo circolo, e adesso non c'è modo di uscire da esso. Ma sarei morto prima che uno dei miei fratelli si lasci ingannare.

Stringo la stoffa nel pugno.
-Estefano, non toccare le mie cose. Soprattutto se sono dei "Latinos blood".

-Mi piacciono il rosso ed il nero.

-Se ti becco di nuovo con questo addosso, porterai il nero ed il viola, ma sulla tua faccia. - lo avverto – Hai capito nano?

-Si, capisco. - risponde scrollando le spalle.

Mi chiedo se realmente lo ha capito vedendolo andarsene dalla stanza saltellando, provo a non pensare troppo a quello mentre prendo la maglietta nera ed i jeans scoloriti dall'armadio. Quando mi lego la bandana in testa, sento mia madre che mi grida dalla cucina: -Juan, vieni a fare colazione prima che si freddi il cibo. Dai, sbrigati.

-Arrivo. - rispondo.
I miei fratelli stanno già mettendo dente nella colazione quando entro in cucina. Apro il frigorifero per dare un'occhiata e vedere cosa c'è dentro.

-Siediti.

-Mamma devo solo prendere...

-Non prenderai niente, Juan, siediti. Siamo una famiglia e facciamo colazione come tale.

Lascio scappare un sospiro, chiudo la porta del frigorifero e prendo posto vicino a Vico. Essre membro di una famiglia unita ha spesso i suoi svantaggi. Mia madre colloca davanti a me un piatto pieno di uova e frittata di mais.

-Perché non mi chiami Peter? - Le chiedo abbassando la vista sul cibo che ho davanti.

-Se volessi chiamarti Peter, non mi sarei disturbata a chiamarti Juan. Non ti piace il tuo nome?

Mi faccio teso, ho ereditato il nome di mio padre, che morendo mi ha lasciato la responsabilità che tocca assumere all'uomo di casa. Juan, Juan junior, junior... A me non importa.

-Peter vuol far sembrare di essere bianco. - Interviene Victorio – Cambia il nome se vuoi, fratello, ma tutti vedranno da miglia che non sei altro che un ragazzo messicano.

-Victorio chiudi la bocca. - lo avviso – Non voglio essere bianco. Ma non voglio nemmeno che mi comparino a mio padre.

-Per favore, ragazzi. - prega mia madre – Basta discussioni per oggi.

-Sei una spalla bagnata. - Canticchia Victorio provocandomi di nuovo.

Ormai ne ho più che sufficiente. Victorio ha esagerato. La sedia striscia contro il suolo quando mi metto in piedi. Mio fratello imita i miei movimenti e si colloca di fronte a me accorciando la distanza che ci separa. Sa che potrebbe prendersi un cazzotto, ma è troppo orgoglioso. Uno di questi giorni litigherà con la persona sbagliata e si metterà in un bel casino.

-Victorio siediti. - gli ordina mia madre.

-Porco messicano. - mi dice strisciando le parole con falso accento forzato – Meglio, sei ancora un immigrante.

-Victorio!!! - Ammonisce mia madre avvicinandosi, ma io le taglio la strada e prendo mio fratello per il colletto della maglietta.

-Sì, questo è quello che la gente sempre penserà di me. - dico – Ma lo penseranno anche di te se continui a dire stupidate.

-Fratello, lo penseranno faccia quello che faccia, lo voglia o no.

-Ti sbagli Victorio. Le cose non devono per forza essere uguali. Puoi essere molto meglio di me. - Rispondo lasciandolo.

-Meglio di te?

-Chiaro meglio di me, non lo dubitare nemmeno un istante. - rispondo – Adesso chiedi perdono a mamma per dire tante barbarità davanti a lei.

A Victorio basta guardarmi una sola volta per sapere che non sto scherzando.
-Mi dispiace mamma. - dice, e subito dopo, torna sulla sua sedia. Anche se posso percepire nel suo sguardo il colpo che ha sofferto il suo orgoglio.

Mia madre si gira perché nessuno la guardi piangere. Maledizione, è preoccupata per Victorio e gli altri due saranno decisivi. O matura o si perde.
Mi metto la giacca nera di cuoio e do un bacio sulla guancia a mia madre e mi scuso per averle rovinato la colazione. Esco di casa chiedendomi come farò a far avere a Victorio ed Estefano un destino migliore e non finiscano come me... Ah maledetta ironia.

In strada vedo alcuni ragazzi con la bandana dello stesso colore della mia e mi dirigono il saluto dei "Latinos blood".
Prima di salire sulla moto, li saluto a mia volta nonostante mi consumi la rabbia dentro. Se vogliono un ragazzo duro come membro della banda, lo avranno. Mi sono messo tanto nel ruolo che rappresento, che a volte mi sorprendo di me stesso.

-Peter aspetta. - mi implora una voce di ragazza che mi risulta famigliare.
Belen, mia vicina ed ex ragazza, si avvicina correndo verso di me.

-Ti va di portarmi a scuola?
La minigonna nera lascia scoperte delle gambe incredibile e la maglietta attillata rialza due seni piccoli ma bellissimi. C'era stato un tempo in cui avrei fatto qualunque cosa per le, ma questo era prima dell'estate, quando la beccai nel letto con un altro.

-Dai Peter, non mordo.
Belen è la mia ragazza Latino blood. Che siamo o no una coppia dobbiamo coprirci le spalle. È il nostro codice.

-Sali. - dico.
Belen sale sulla moto con un salto e mentre mi abbraccia con forza il busto, finisce con il mettermi deliberatamente le mani sulle cosce. Tuttavia, non fa l'effetto che spera. Che pensa, che ho scordato tutto quello che è successo? In nessun modo.

[Mariana]

-I capelli mi si increspano sempre quando salgo su questa macchina, Cande. Ogni volta che abbasso la cappotta sembra che mi sia passato un tornado addosso. - Dico alla mia migliore amica mentre ci avviamo a scuola sulla mia nuova decappottabile argentata – L'aspetto è tutto.

I miei genitori mi hanno insegnato alcuni slogan che adesso reggono la mia vita. Questa è la ragione per cui non ebbi nessuna obiezione quando mio padre mi offrì il BMW come regalo di compleanno la scorsa settimana.

-Viviamo a 30 km dalla città del vento. - dice Candela che intrattiene lasciando la mano in aria mentre io guido – Chicago non è una città conosciuta per il suo clima mite. Inoltre, Lali (come mi chiamano i miei amici), sembri una dea greca con una pettinatura selvaggia. Sei solo nervosa perché sei sul punto di vedere Pablo.

Sposto lo sguardo verso la foto del cuore, dove ci siamo io e Pablo, che c'è sul cruscotto.
-La gente può cambiare in un'estate.

-Ma la distanza rafforza l'amore in una relazione. - risponde Candela – Tu sei la capitana delle cheer-leader e lui il capitano della squadra di football della scuola. Se non siete destinati voi due a stare insieme, il mondo si avvia verso la sua fine.

Durante l'estate, Pablo mi ha chiamato alcune volte dalla casa della sua famiglia, dov'è andato a passare alcuni giorni con i suoi compagni, ma adesso non so a che punto sta la nostra relazione. È tornato a Chicago ieri notte.

-Mi piacciono questi jeans. - dice Candela osservando i miei pantaloni scoloriti.

-A mia madre non piacciono per niente, dice che sembra che li abbia comprati in un negozio di seconda mano.

Nessuno sa com'è vivere a casa mia. Per fortuna posso contare su Candela. Può essere che non capisca tutto, ma almeno sa sufficientemente per ascoltarmi e mantenere i segreti dei miei affari famigliari. A parte Pablo, Cande è l'unica persona che conosce mia sorella.

Entro nel parcheggio della scuola pensando più a mia sorella che alla strada. Le ruote della macchina stridono quando freno in secco vedendo che quasi mi scontro con un ragazzo ed una ragazza su una moto. Pensavo che ci fosse uno spazio libero per parcheggiare.


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