Capitolo 23

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-Ehi. - rispondo, deglutendo – Io, ehm, suppongo che dovrei ringraziarti per avermi portata qui invece di avermi lasciata svenuta sulla spiaggia.

Il suo sguardo non vacilla nemmeno per un momento.

-Ieri mi sono reso conto di una cosa. Tu ed io non siamo così diversi. Ti piace giocare tanto quanto me. Utilizzi il tuo aspetto, il tuo corpo e il tuo cervello per assicurarti che la bilancia vada a tuo favore.

-Ho i postumi della sbornia, Peter. Non riesco nemmeno a pensare chiaramente e adesso fai il filosofo.

-Vedi? In questo stesso momento stai recitando un ruolo. Mostrami la vera Mariana, bambina. Ti sfido a farlo.

Mi prende in giro? Mostrargli la vera Mariana? Non posso. Perché allora scoppierò a piangere e forse uscirò di testa abbastanza da dire tutta la verità su di me: che ho creato un'illusione di perfezione dietro la quale nascondermi.

-Sarà meglio che io torni a casa.

-Prima di farlo, dovresti prima passare al bagno. - mi suggerisce.

Quando sono sul punto di chiedere perché, vedo il mio riflesso in uno specchio appeso al muro.

-Merda! - grido.

Ho il rimmel nero appiccicato sotto gli occhi e sulle guance. Sembro un cadavere. Passo vicino a Peter correndo, e quando trovo il bagno, entro e mi guardo bene allo specchio. I capelli sembrano un ramoso nido di uccelli. Come se non fosse abbastanza il mascara che mi macchia le guance, ho il resto della faccia pallida come quella di mia zia Dolores senza trucco.

Ho le borse sotto gli occhi, come se stessi immagazzinando acqua. L'insieme non è un'immagine molto attraente. Per nessuno.

Bagno un tovagliolo di carta e mi sfrego sotto gli occhi e le guance finché non spariscono le macchie. Ok, avrò bisogno dello struccante per eliminare la macchia definitivamente. Dopo essere riuscita a schiarire abbastanza le impronte del rimmel, mi metto un po' di acqua fredda sulle borse sotto gli occhi.

Sono completamente cosciente che questa è una stima dei danni. L'unica cosa che posso fare è dissimulare le imperfezioni e sperare che nessuno mi veda in quello stato.

Uso le dita da pettine senza riuscire a molto. Subito dopo, raccolgo i capelli come posso, sperando che lo chignon mi dia un aspetto migliore del nido.

Mi sciacquo la bocca con l'acqua e mi sfrego i denti con un po' di dentifricio, sperando di eliminare dal mio alito la puzza del vomito, del sonno e dell'alcol finché non arrivo a casa e posso pulirmi bene.

Magari ho il lucidalabbra in tasca. Ma, disgraziatamente, non è così. Raddrizzo le spalle ed alzo la testa, apro la porta e torno in salotto, dove Eugenia va in camera e Peter si alza non appena mi vede.

-Dov'è il mio cellulare? - credo – E, per favore, mettiti una maglietta.

Peter si piega e prende il mio cellulare dal pavimento.

-Perché?

-Ho bisogno del cellulare - dico, prendendo il cellulare dalla sua mano – per chiamare un taxi... e voglio che ti metta una maglietta perché, ehm... perché, io...

-Non hai mai visto un uomo a torso nudo?

-Che divertente. Molto divertente. Credimi, non hai niente che io non abbia già visto.

-Vuoi scommettere? - dice, portandosi la mano al bottone dei jeans e aprendolo.

-Ehi, Peter. Per favore, tieni i pantaloni addosso.

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