Capitolo 39

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Peter non smette mai di muovere le mani. Con una traccia dei cerchi sulla mia schiena, mentre l'altra giocherella con i miei capelli.

Lui non è l'unico che si dedica ad esplorare. Percorro il suo corpo con le mani, sentendo i suoi muscoli tesi sotto le mie dita, rendendo la nostra complicità più intensa. Sfiorandogli la mandibola, la sua barba lunga di due giorni mi graffia la pelle.

Sento Enrique schiarirsi forte la gola e ci separiamo. Peter mi guarda con una passione traboccante negli occhi.

-Devo tornare al lavoro. - sussurra tra gli ansimi.

-Ah. Va bene. - rispondo. Improvvisamente. Imbarazzata per il nostro scambio di effusioni in pubblico, faccio un passo indietro.

-Ci vediamo più tardi? - mi chiede.

-La mia amica Candela viene a cena da me.

-Quella che non smette mai di guardare nella sua borsa?

-Ehm, si. - ammetto. Devo cambiare argomento o mi sentirò tentata di invitare anche lui. Riesco

già ad immaginarlo: mia madre traboccante di disprezzo per Peter e i suoi tatuaggi.

-Mia cugina Rocìo si sposa Domenica. Vieni con me al matrimonio. - suggerisce.

-Non posso permettere che le mie amiche si accorgano di noi. Né i miei genitori. - ammetto, abbassando lo sguardo.

-Non dirò niente.

-E le persone al matrimonio? Tutti ci vedranno insieme.

-Non ci sarà nessuno della scuola. Solo la mia famiglia, e mi assicurerò che tengano la bocca chiusa.

Non posso. Mentire e scappare di soppiatto non è mai stato il mio forte.

Lo allontano con uno spintone.

-Non riesco a pensare quando sei così vicino.

-Bene. Parliamo del matrimonio.

Oh mamma, solo a guardarlo ho il desiderio di accompagnarlo.

-A che ora?

-A mezzogiorno. Sarà un'esperienza indimenticabile. Fidati di me. Ti verrò a prendere alle undici.

-Ancora non ho detto di si.

-E' vero, ma stai per farlo. - assicura con un tono dolce e misterioso.

-Perché non ci incontriamo qui, alle undici? - gli suggerisco, indicando l'officina con la testa. Se mia madre si accorge di noi, sarà tutto finito.

Peter mi alza il mento per obbligarmi a guardarlo negli occhi.

-Perché non ti fa paura stare con me?

-Scherzi? Sono terrorizzata! - confesso, guardando i tatuaggi che si espandono lungo le sue braccia.

-Non posso mentirti. Non conduco precisamente una vita invidiabile. - mi prende la mano e la alza, il mio palmo contro il suo – Siamo così diversi in certe cose. - dice infine.

Le nostre dita si intrecciano.

-Anche se in altre siamo molto simili.

Mi guadagno un sorriso con quelle parole, finché Enrique non tossisce di nuovo.

-Ci vediamo qui Domenica, alle undici. - gli dico.

Peter fa un passo indietro, annuisce e mi strizza un occhio.

–Questo si che è un appuntamento.

PETER

-Amico, ti stava baciando come se fosse stato l'ultimo bacio della sua vita. Se bacia così, mi chiedo come...

-Zitto, Enrique.

-Ti ucciderà, Peter. - continua Enrique – Guardati, ieri in gattabuia e oggi non sei andato a scuola per guadagnare soldi e recuperare la moto. Non c'è dubbio che la tipa sia molto bella, ma... ne vale davvero la pena?

-Devo mettermi al lavoro. - dico, mentre le parole di Enrique risuonano nella mia testa.

Passo tutto il pomeriggio a lavorare su un Blazer, pensando unicamente a baciare ripetutamente Mariana.

Si che ne vale la pena. Non ne ho il minimo dubbio.

-Peter, Hector è qui, è venuto con Chuy. - annuncia Enrique alle sei, quando sto per andare a casa.

Mi pulisco le mani sulla tuta da lavoro.

-Dove sono?

-Nel mio ufficio.

Man mano che mi avvicino all'ufficio, mi invade una sensazione di terrore. Apro la porta e vedo Hector comodamente seduto come se fosse a casa sua. Chuy è in un angolo, spettatore non del tutto innocente.

-Enrique, è una questione privata.

Non mi sono accorto che mio cugino mi ha seguito fin qui, agendo come un seguace di cui non ho bisogno. Gli faccio un gesto perché ci lasci soli.

Sono sempre stato leale ai Latinos Blood, non c'è ragione perché Hector dubiti adora del mio impegno con la gang. La presenza di Chuy aggiunge importanza alla riunione. Se ci fossimo solo Hector ed io, non mi sentirei così teso.

-Peter. - Hector si dirige a me non appena Enrique scompare – Va bene rimanere qui invece che al magazzino, non ti sembra?

Lo guardo con un timido sorriso e chiudo la porta.

Hector indica il piccolo e rovinato divano che c'è dall'altro lato della stanza.

-Siediti. - ordina, ed aspetta che mi sieda prima di aggiungere – Ho bisogno di un favore, amico.

Non serve a niente posticipare l'inevitabile.

-Che tipo di favore?

-Bisogna fare uno scambio il 31 Ottobre. Manca ancora un mese e mezzo. La notte di Halloween.

-Non voglio avere niente a che fare con la droga. - gli dico – Lo sai dal primo giorno.

Guardo Chuy, che sembra esser diventato teso, come il cane del pastore quando le pecore si allontanano troppo dal recinto.

Hector si alza in piedi e mi appoggia una mano sulla spalla.

-Devi dimenticare la faccenda di tuo padre. Se vuoi arrivare a guidare i Latinos Blood, dovrai entrare nel traffico di droga.

-Allora, non contare su di me.

Hector mi stringe la spalla e Chuy fa un passo in avanti. È una silenziosa minaccia.

-Magari fosse così semplice. - confessa Hector – Ho bisogno che tu faccia questo per me. E, per esserti sincero, me lo devi.

Merda. Se non mi avessero arrestato, non dovrei niente ad Hector.

-So che non mi deluderai. A proposito, come sta tua madre? È da molto che non la vedo.

-Va bene. - replico, chiedendomi cosa c'entra mia madre in questa conversazione.

-Dille che la saluto, va bene?

Che cazzo vuol dire questo?

Hector apre la porta, ordina a Chuy di seguirlo con un gesto e mi lascia solo per pensarci.

Mi siedo di nuovo, osservando la porta chiusa, e mi chiedo se sarò capace di trafficare droga. Se voglio tenere in salvo la mia famiglia, non ho altra scelta.


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Scusatemi se vi ho fatto aspettare tanto prima di pubblicare questo capitolo, ma l'università mi impegna molto ultimamente.. cercherò di pubblicare più spesso..

Spero vi stia piacendo la storia!

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