Capitolo 34

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Mariana

-Sali. Se vuoi ringraziarmi per averti salvata, vieni a casa con me. Ciò che ho detto ieri era sul serio. Tu mi hai mostrato un pezzetto della tua vita, ed io voglio mostrarti la mia.

Mi guardo intorno nel parcheggio. La gente ci sta guardando; probabilmente aspettano il momento opportuno per far girare un pettegolezzo. Se me ne vado con lui, la notizia si diffonderà rapidamente. Il ruggito del motore mi fa tornare alla realtà.

-Non aver paura di ciò che potranno pensare.

Lo guardo, dai jeans consumati e un po' strappati e la giacca di pelle fino alla bandana rossa e nera che si è appena legato alla testa. Dovrei essere terrorizzata, ma allora mi ricordo di come si è comportato ieri con Laura.

'Fanculo.

Mi metto lo zaino in spalle e salgo a cavalcioni sulla moto.

-Tieniti forte. - dice, portando le mie mani alla sua vita. Il semplice contatto delle sue forti mani sulle mie risulta profondamente intimo.

Prima di allontanare l'idea dalla mia mente, mi chiedo se anche lui senta la stessa cosa. Peter Lanzani è un tipo duro. Con esperienza. Suppongo che il semplice sfioramento delle mani non gli provochi le farfalle nello stomaco.

Prima di mettere le mani sul manubrio, sfiora le mie mani con i polpastrelli, di proposito.

Oh mamma mia. In che casino mi sto mettendo?

Quando aumenta la velocità uscendo dal parcheggio, mi aggrappo con forza ai suoi duri addominali. Mi spaventa la velocità e comincio ad avere la nausea, come se fossi sulle montagne russe senza la sbarra di sicurezza.

La moto si ferma ad un semaforo rosso. Mi tiro un po' indietro. Lo sento ridere quando il semaforo diventa di nuovo verde e corre di nuovo a tutta velocità. Mi aggrappo alla sua vita e nascondo la testa sulla sua spalla.

Quando finalmente ci fermiamo, e dopo che Peter ha abbassato il cavalletto della moto, mi guardo intorno. Non ero mai stata in questa strada. Le case sono così... piccole. La maggioranza di esse ha solo un piano, e nemmeno un gatto riuscirebbe a scivolare fra lo spazio tra l'una e l'altra.

Anche se non voglio sentirmi in questo modo, ho alla bocca dello stomaco una sensazione di colpa. La mia casa è, almeno, sette, o meglio, otto o nove volte più grande di quella di Peter. Sapevo che questa zona della città era povera, ma non così tanto...

-E' stato un errore. - dice Peter - Ti porto a casa.

-Perché?

-Tra le altre cose, per la faccia schifata che hai.

-Non mi fa schifo. Mi fa male che...

-Non mi compatire. - mi avverte - Sono povero, ma non un vagabondo.

-D'accordo. Non mi inviti ad entrare? I ragazzi dall'altra parte della strada non la smettono di guardare la ragazza bianca.

-In effetti, da queste parti ti chiamano "Biancaneve".

-Odio la neve. - gli dico.

Peter sorride.

-Non è per questo, bella. E' per la tua pelle, bianca come la neve. Tu seguimi e non guardare i vicini, anche se loro lo fanno.

Peter avanza attentamente mentre mi accompagna all'interno della sua casa.

-Be', eccoci qui. - dice, una volta dentro.

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