Capitolo 32

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Quando Mariana apre la porta con una maglietta larga e dei pantaloni corti, le mie intenzioni cedono.

-Peter, che fai qui? - mi chiede con i suoi occhi lucidi spalancati.

Le do il campanello e la serpentina.

-Non posso credere che tu sia venuto qui solo per uno scherzo. - dice, e mi strappa le sue cose dalle mani.

-Dobbiamo parlare di altro.

Lei deglutisce. E' nervosa.

-Non mi sento molto bene, ok? Parleremo a scuola. - mi prega, cercando di chiudere la porta. Merda, non posso credere di stare per fare questo, come gli ispettori dei film.

Apro la porta con uno spintone. Che cazzo!

-Peter, no!

-Lasciami entrare. Solo un minuto, per favore.

Mariana scuote la testa e le sue angelicali onde di capelli dondolano da un lato all'altro.

-Ai miei genitori non piace che inviti della gente a casa mia.

-Sono qui?

-No. - sospira ed apre la porta con indecisione.

Scivolo dentro. La casa è anche più grande di come appare dall'esterno. I muri sono pittati di un bianco antisettico, come quelli di un ospedale. Scommetto che la polvere nemmeno osa posarsi sul pavimento, che brilla come l'oro.

Mariana ha ragione, non vado bene qui. Non mi importa. Anche se non appartengo a questo posto, lei è qui, dove voglio che stia.

-Be', di cosa volevi parlare? - mi chiede.

Magari le sue snelle e perfette gambe non si vedessero tanto con quei pantaloncini. Sono una distrazione troppo tentatrice. Allontano lo sguardo e cerco di controllarmi con tutte le mie forze.

E allora? Che fa che abbia delle gambe sexy? Che importa che abbia gli occhi dolci come il miele?

Chi pretendo di ingannare? Non ho nessuna scusa per stare qui eccetto il desiderio di stare al suo fianco. 'Fanculo la scommessa.

Voglio scoprire come farla ridere. Voglio sapere come farla piangere. Voglio sapere cosa si sente a guardare come sarebbe se mi guardasse come se fossi il suo cavaliere dalla brillante armatura.

-Lali! - risuona una voce distante, che rompe il silenzio.

-Aspetta qui. - mi ordina Mariana prima di correre in corridoio - Torno subito.

Non sono disposto a rimanere nell'ingresso come un coglione. La seguo, sapendo che sono sul punto di entrare nel suo mondo privato.

MARIANA

Non è che mi vergogni della malattia di mia sorella, ma non voglio che Peter la giudichi, perché se ridesse di lei, non potrei sopportarlo.

Mi giro.

-Non sei molto bravo ad obbedire agli ordini, vero?

Mi sorride come per dire "Sto in una gang, cosa ti aspettavi?"

-Devo dare un'occhiato a mia sorella. Ti dispiace?

-No. Così potrò conoscerla. Fidati di me.

Dovrei cacciarlo di casa a calci, con i suoi tatuaggi e tutto. Dovrei, ma non lo faccio. Senza dire nient'altro, lo porto nella nostra oscura biblioteca rivestita di legno.

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