Capitolo 24

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PETER

Mariana mi ha chiamato. Se non fosse per il pezzo di carta segnato dal suo nome e dal suo numero scarabocchiato da mio fratello Stefano, non avrei mai creduto che Mariana facesse davvero il mio numero. L'unica informazione che sono riusciti a darmi, è che lei voleva che la richiamassi.

Questo è stato ieri sera, prima che arrivasse alla nostra spiaggia e si fosse addormentata fra le mie braccia.

Quando le ho detto di mostrarmi la vera Mariana, sono riuscito a vedere la paura riflessa nei suoi occhi. Ma da cosa deriva tanta paura? Il mio obiettivo è riuscire a sfondare le pareti di "perfezione" dietro le quali si nasconde. So che c'è qualcos'altro in lei oltre le ciocche color miele e un corpo da paura. Segreti che si porterà nella tomba e che muore per condividere.

Quando le ho detto ce ci somigliavamo, lo dicevo sul serio. Invece di sparire, la connessione che ci unisce si rafforza sempre di più. Perché più tempo passo con lei, più vicino voglio starle.

Sento la necessità di chiamarla, solo per ascoltare la sua voce, anche se fosse piena di veleno. Apro il cellulare, mi siedo sul divano del salotto e registro il suo numero in rubrica.

-Chi chiami? - mi chiede Nico entrando in casa mia senza nemmeno bussare alla porta. Euge è con lui.

-Nessuno. - dico, chiudendo il cellulare.

-Allora andiamo a giocare a calcio.

Giocare a calcio mi va molto di più che rimanere qui seduto a pensare a Mariana e ai suoi segreti, anche se ancora sento gli effetti della festa di ieri. Andiamo al parco dove c'è un gruppo di ragazzi che fa riscaldamento.

-Vuoi fare il portiere, Peter?

-No. - replico. Diciamo che, nel calcio come nella vita, amo affrontare le cose in attacco.

-Nico, tu che dici?

Nico accetta e si mette in posizione, ovvero, davanti alla linea di porta. Come al solito, l'idiota del mio amico rimane seduto finché la palla non sorpassa la metà campo.

La maggior parte dei ragazzi che stanno giocando sono del vicinato. Siamo cresciuti insieme e siamo persino entrati nella gang nello stesso momento. Ricordo il discorso che ci fece Lucky prima di entrare: "Una gang è come una seconda famiglia... Una famiglia che ci sarà se un giorno mancherà la vostra".

Offrivano protezione e sicurezza. Era perfetto per un ragazzo che aveva appena perso il padre.

Con il passare degli anni, ho imparato ad allontanarmi dalle botte, dallo spaccio di droga o dalle sparatorie. E non mi riferisco solo ai nostri nemici. Conosco vari ragazzi che hanno cercato di lasciare la gang e sono finiti per essere così picchiati dai loro stessi amici che probabilmente preferirebbero essere morti.

Per essere sincero, mi sono mantenuto al margine perché ho paura. Si suppone che io sia abbastanza duro da averlo supera, ma in realtà mi preoccupa molto.

Ci posizioniamo nel campo. Immagino che la palla sia il primo premio. Se riesco ad allontanarla da tutti gli altri e faccio un gol, diventerò per magia un ragazzo ricco e potente e toglierò la mia famiglia (e Nico) da questo infernale buco nero in cui viviamo.

Quelli dell'altra squadra sono in vantaggio, dato che il nostro portiere, Nico, è solo interessato alle sue stesse palle, che si gratta placidamente dall'altra parte del campo.

-Nicolas, smettila di toccarti una buona volta!" - lo richiama Mario, un compagno.

-Non riesco ad evitare che mi prudano. Forse ieri la tua ragazza mi avrà attaccato i granchi.

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