Capitolo 62

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PETER

Sono qui da una settimana, e sono stufo delle infermiere, dei medici, degli aghi, degli esami... e soprattutto, dei camici dell'ospedale. Credo che più tempo passo qui dentro, più divento brontolone. Ok, forse non avrei dovuto gridare così contro l'infermiera che mi ha tolto la sonda. E' stata la sua disponibilità a farmi uscire di senno.

Non voglio vedere nessuno. Non voglio parlare con nessuno. Meno gente entra nella mia vita, meglio è. Ho allontanato Mariana dalla mia vita e mi ha fatto molto male ferirla. Ma non ho avuto altra scelta. Più mi sta vicina, più pericoli corre. Non potrei sopportare di vedere che le accada la stessa cosa accaduta a Nicolas.

"Smettila di pensare a lei." - mi dico.

La gente a cui voglio bene muore, così all'improvviso. Mio padre. Ora Nico. Sono stato uno stupido a pensare che potessi avere tutto.

Quando sento qualcuno bussare alla porta, gli grido - Vattene!

Ma, chiunque sia, lo fa di nuovo con insistenza.

-Lasciami in pace una fottuta volta per tutte!

Quando si apre la porta, gli lancio un bicchiere. Non finisce contro nessun dipendente dell'ospedale ma contro il petto della Signora Attias.

-Oh, merda, non tu.

La signora Attias indossa degli occhiali nuovi, con una montatura piena di diamanti falsi.

-Questo non è esattamente il benvenuto che mi aspettavo, Juan Pedro. - dice - Sai che posso ancora darti una nota di castigo per il linguaggio scurrile?

Mi volto per non guardarla.

-Sei venuta a darmi note di castigo? Perché se è così, te lo puoi scordare. Non tornerò a scuola. Grazie per la visita. Mi dispiace che tu debba andartene così presto.

-Non andrò da nessuna parte finché non ascolterai quello che devo dirti.

Per favore, no. Qualunque cosa tranne ascoltare il suo sermone. Premo il bottone per chiamare l'infermiera.

-Hai bisogno di qualcosa, Peter? - chieda una voce attraverso l'altoparlante.

-Mi stanno torturando.

-Come dici?

La signora Attias si avvicina e mi toglie l'altoparlante dalla mano.

-Sta scherzando. Mi dispiace. - dice la signora Attias, lasciando in seguito l'altoparlante sul comodino, fuori dalla mia portata - Non ti danno delle pillole della felicità in questo posto?

-Non voglio essere felice.

La signora Attias si china in avanti.

-Peter, mi dispiace molto di ciò che è successo a Nicolas. Non era un mio alunno, ma mi hanno detto che eravate molto uniti.

Guardo fuori dalla finestra per evitarla. Non voglio parlare di Nicolas. Non voglio parlare di niente.

-Perché è venuta?

Sento il suono di una zip. Prende qualcosa dalla borsa.

-Ti ho portato i compiti, perché tu stia al passo quando torni a lezione.

-Non tornerò. Glie l'ho già detto. Lascio. Non dovrebbe sorprenderla, signora Attias. Sono un delinquente, ricorda?

Lei cammina intorno al letto, entrando nel mio campo visivo.

-Suppongo di aver sbagliato con te. Ero convinta che avresti rotto lo schema.

-Si, be', questo è stato prima che sparassero al mio migliore amico. Volevano ammazzare me, lo sa? - dico guardando il libro di chimica che ha in mano. Il libro mi ricorda ciò che era prima e ciò che ormai non può più essere - Nicolas non doveva morire, maledizione! Avrei dovuto essere io! - grido.

La signora Attias nemmeno si muove - Ma non è successo. Credi di fare un favore a Nicolas arrendendoti e lasciando la scuola? Consideralo un suo regalo, non una maledizione. Nicolas non tornerà. Ma tu ancora puoi. - la signora Attias mette il libro di chimica sul davanzale della finestra - Ho visto morire più alunni di ciò che credevo possibile. Mio marito insiste che me ne vada da Fairfield e che dia lezioni in un'altra scuola dove non ci siano delinquenti la cui vita porterà soltanto alla morte o allo spaccio.

Si siede sul bordo del letto e si guarda le mani.

-Sono rimasta a Fairfield per cambiare le cose, per diventare un modello da seguire. Il preside Vazquez crede che possiamo sfondare la breccia esistente, ed io cerco di aggiungere il mio granello di sabbia. Se cambiassi la vita di uno dei miei alunni, potrei...

-Cambiare il mondo? - la interrompo.

-Forse.

-Non può farlo. Il mondo è com'è.

Lei mi guarda, con un'espressione soddisfatta sul viso.

-Ahi, Juan Pedro, sei così nel torto. Il mondo è come tu vuoi che sia. Se pensi di non poterlo cambiare, allora continua sulla strada tracciata. Ma ci sono altre strade, anche se sono più difficili da percorrere. Cambiare il mondo non è facile, ma ciò che mi è chiaro è che voglio provarci. E tu?

-No.

-E' un tuo diritto. Io ci proverò in ogni modo. - assicura, e dopo aver fatto una pausa, aggiunge - Vuoi sapere come sta la tua compagna di laboratorio?

-No. Non mi importa. - rispondo, scuotendo la testa.

Le parole quasi mi si bloccano in gola.

Lei sospira, dandosi per vinta, e si avvicina al davanzale per prendere il libro di chimica.

-Devo lasciarlo qui o portarmelo?

Non le dico niente.

Lei lascia di nuovo il libro vicino alla finestra prima di dirigersi alla porta.

-Magari avessi scelto biologia invece che chimica. - confesso quando apre la porta per andarsene.

Lei mi fa l'occhiolino con complicità.

-Non ti credo. E, purché tu lo sappia, il preside Vazquez ti farà una visita questa sera. Lo avvertirò di stare attento all'entrata, nel caso ti venga voglia di lanciargli qualcosa.

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Mi hanno fatto uscire due settimane dopo, e mia madre ci ha portati in Messico. Un mese dopo ho trovato lavoro come cameriere in un hotel, a San Miguel, vicino casa della mia famiglia. Un bell'hotel, con muri dipinti da poco e pilastri all'ingresso. Siccome parlavo l'inglese meglio degli altri impiegati, facevo da interprete quando me lo chiedevano. Quando uscivo con i miei amici dopo il lavoro, questi cercavano di presentarmi qualche ragazza messicana. Le ragazze erano bellissime, sexy e, evidentemente, sapevano come attrarre un uomo. Il problema era che non erano Mariana.

Dovevo togliermela dalla testa. E in fretta.

Ci ho provato. Una notte, una ragazza americana che alloggiava in hotel mi ha portato nella sua stanza. All'inizio ho pensato che andare a letto con un'altra donna mi avrebbe fatto dimenticare la notte passata con Mariana. Ma quando ero sul punto di farlo, sono rimasto paralizzato.

Allora, mi sono reso conto che Mariana aveva rovinato la mia percezione delle donne per sempre. Non era il viso di Mariana, né il suo sorriso, né i suoi occhi. Tutto questo faceva che gli altri la vedessero come una ragazza bellissima, ma era ciò che c'era dentro di lei a renderla diversa. Era il modo in cui puliva il viso a sua sorella, la serietà con cui prendeva le lezioni di chimica, il suo modo di mostrarmi il suo amore nonostante sapesse chi e cosa io fossi. Ero stato sul punto di mettermi in mezzo ad affari di droga e, nonostante tutto, Mariana ha scelto di amarmi.

Quindi adesso, tre mesi dopo la sparatoria, torno a Fairfield per affrontare ciò che la signora Attias chiamerebbe la mia peggior paura.

Chimica PerfettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora