Two

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Hey A,
come stai? Spero davvero che tu stia come dici sempre di stare, bene. Spero davvero che quelle tue labbra si siano messe d'accordo con il tuo cuore. Perché se non fosse così, dovresti smetterla. Dovresti smetterla di mentire a te stessa. Se non stai bene, urlalo al mondo. Sussurralo a qualcuno. Tira pugni al tuo letto. Stringi a te il tuo cuscino. Ma non tenerlo lì dentro. Non continuare ad accumulare dolore, rabbia e delusione. Ti prego, ti scongiuro non lo fare più. Non ti nascondere più. Non nascondere più le tue lacrime. Non nascondere più ciò che ti fa star male. Ma soprattutto non nascondere te stessa. Ne hai bisogno, hai bisogno di tirar fuori tutto ciò che hai sempre tenuto per te e allora perché non lo fai? Perché hai paura?

Ricordo di esser rimasta da sola in classe quel giorno, perciò decisi di fare ciò che facevo sempre: scrivere. Mettere su carta e penna ciò che non potevo dire agli altri. Ciò che non potevo dire a nessuno, perché nessuno avevo accanto. E forse, era quello il motivo. Mai nessuno si era avvicinato a me per sapere ciò che realmente avevo. Per capirmi. O semplicemente per ascoltarmi.

Ed era così buffo, perché ciò che scrivevo erano delle lettere indirizzate a me stessa, a quella me che ogni giorno lottava con la me che aveva voglia di libertà.

Libertà che forse, mai avrei avuto.

Basta pensare, Ana. Basta.

Obbligai la mia mente a non pensare, perciò dopo un po', quando mancavano ancora 10 minuti dalla fine dell'intervallo, decisi di scendere in cortile per prendere un po' d'aria fresca, anzi per andare nel mio posto preferito.

"E stai attenta a dove cammini" disse una ragazza che mi era completamente venuta addosso

"Scusa" sussurrai per poi continuare a camminare con passo spedito verso il mio posto

"Non te ne vai con un semplice scusa" disse un ragazzo biondo afferrandomi dal braccio, costringendomi a girarmi verso di lui

Forse era il suo ragazzo.

"Cosa vuoi?" chiesi guardandolo negli occhi e solo nel momento in cui spuntò mio fratello da dietro, capí chi era, chi avevo davanti

Il mio migliore amico di mio fratello, Lucas.

Come avevo potuto, non riconoscerlo? Forse per il nuovo taglio di capelli...

E in quel momento capí che mi ero appena messa contro il gruppo di mio fratello. Sí, perché il gruppetto di Justin era quello con cui non volevi avere a che fare per nessuna ragione al mondo. Quel gruppetto che riusciva a metterti in soggezione anche solo guardandoti da lontano.

E io lo sapevo, sapevo che mi ero appena messa contro tutto quel gruppetto perché una delle loro regole era se uno di noi ferirai, morte assicurata riceverai.

Eh già, le sapevo a memoria.

"Guarda chi abbiamo qui, Justin. La tua sorellina" disse un ragazzo castano

"Cosa? È tua sorella?" chiese il ragazzo che mi stava stritolando il braccio

"No, non lo è" rispose guardandomi con un ghigno sul viso

Come potevo minimamente pensare in un suo 'sì, è mia sorella'.

Che ingenua.

"Bene, allora..." rispose il ragazzo biondo per poi scaraventarmi su un armadietto lì vicino

E in quel modo mi ritrovai a terra con i miei libri sparsi intorno a me e con un dolore allucinante alla testa.

A secret painDove le storie prendono vita. Scoprilo ora