CAP. 13

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"Permesso?"

Dissi aprendo la porta lentamente


"Vieni pure!"

Disse Niccolò accogliendomi con un caldo sorriso.

La prima cosa che feci appena entrata fu osservarlo.
Era vestito con una semplice maglietta nera e leggermente larga e aveva dei jeans chiari strappati sulle ginocchia, tenuti su da una cintura marrone. Aveva i capelli leggermente spettinati, come se si fosse appena alzato ma che comunque gli donavano parecchio, dandogli una strana aria da non mi curo ma sono figo lo stesso. Sugli occhi portava un paio di occhiali neri a specchio, proprio come il giorno precedente. L'unica differenza era la marca diversa.

Quando mi accorsi che aveva notato che lo stavo fissando abbassai lo sguardo e appoggiai zaino e giubbotto sul primo banco che mi capitò sotto mano.
Il silenzio si stava facendo imbarazzante e fu lui a parlare per primo.


"Allora... Oggi iniziamo!"


Disse entusiasta. Sembrava quasi più emozionato di me


"Già... Non vedo l'ora"


Dissi arrissendo leggermente.



"Allora siediti qui al pianoforte vicino a me."

Il mio cuore cominciò a martellarmi nel petto. Ma che mi stava succedendo? Sentivo le mie mani sudare e le mie guance andare a fuoco. Quel ragazzo mi metteva una grande ansia addosso, non riuscivo però a spiegarmi il motivo.

Tirai fuori dallo zaino spartiti e libro di pianoforte e mi sedetti nello sgabello di pelle nera. Lui era su una sedia accanto a me.



"Fammi sentire qualcosa. Voglio vedere a che punto sei."


Disse per fare un punto della situazione.


"Va bene."


Sospirai e chiusi gli occhi, cercando di concentrarmi al meglio. Volevo fare una bella figura, specialmente ai suoi occhi.
Cominciai a suonare.
Quando suonavo mi sentivo libera... Come in un mondo parallelo. Chiudevi gli occhi e aprivo la mente, lasciandomi trasportare dalla melodia. Quando ero pronta poi cominciavo a cantare.
Gli feci sentire qualche brano. Fra un pezzo e l'altro osservavo il suo volto compiaciuto che non toglieva gli occhi un attimo dalle mie mani appoggiate sui tasti bianchi del pianoforte.



"Sei brava certo... Però c'è ancora molto lavoro da fare."



Disse annuendo.
Rimasi un po' delusa. Avevo suonato con il cuore e speravo di aver fatto centro. D'altronde lui era un vero musicista... Ai suoi occhi dovevo sembrare proprio una novellina.


"Bene... Ora ti va di imparare un nuovo pezzo?"


Chiese poi, facendomi abbandonare subito la delusione.



"Certo!"



Risposi entusiasta.



"Quello che vuoi tu... Cerchiamo lo spartito su internet."



Wow! Era un insegnante proprio tecnologico. Mi scappò un lieve sorriso penando al suo modo di insegnare, poi però tornai subito a concentrarmi.
Pensai a qualche canzone che mi avesse colpito negli ultimi giorni.
Pensai, pensai e... Una frase si materializzó nella mia mente.

Ricorda é dal dolore che si può ricominciare.


"L'altro giorno ho ascoltato una canzone... Mi ha colpito molto soprattutto il testo e mi piacerebbe imparare sia a suonarla che a cantarla."


Chiesi, riproducendo nella mia mente quella stupenda melodia.


"Certo. Come si chiama?"



"Mi sembra... Giusy"


Risposi incerta, per paura di non ricordandomi alla perfezione il nome del brano.


"Giusy?"


Disse lui con sguardo divertito. Non capivo perché. Avevo per caso sbagliato?


"Non c'è neanche bisogno di cercare lo spartito su internet."



Disse lui tenendo un tono divertito.


"Come mai?"



Chiesi incuriosita.

Senza rispondermi si alzò dalla sedia e aprì un armadietto, dal quale tirò fuori due fogli.



"Ta-daaa"



Disse ridendo, facendo uno strano gesto con le mani.



"Ma allora la conosci! Penavo di aver detto qualcosa di sbagliato"



Dissi con tono sollevato, contenta di non aver fatto una figuraccia delle mie solite.

"Certo che la conosco. L'ho scritta io"



Mi rimangiai subito quello che avevo appena pensato. Questa si che era una figuraccia! Come potevo essere così stupida a non ricordarmi l'artista?
Oltre a rimprovermi però rimasi colpita. Un ragazzo così giovane aveva scritto una canzone così profonda, con melodia e parole perfettamenfe combacianti, con un testo così ricco di significati. Dovevo documentarmi e ascoltare altre canzoni di questo Ultimo. Magari sarei rimasta stupita.



"Oh... Non lo sapevo"



Dissi ridendo, cercando di non dimostrarmi troppo imbarazzata.



"Non preoccuparti. Ora te la insegno"


Disse lui soddisfatto. Doveva essere una bellissima cosa per un artista vedere le proprie opere apprezzate.

Passò mezz'oretta ad insegnarmi la canzone, ma nel punto del ritornello le mie mani si bloccavano e non riuscivo ad andare avanti, sporcando trememdamente i tasti. Me l'aveva spiegato circa cinque volte, ma continuavo a sbagliare.

"Aspetta, non così"

Disse dolcemente venendo in mio aiuto.


"Ora ti aiuto io"


Mentre lo diceva, appoggió lentamente le sue mani sopra le mie, mettendosi in piedi dietro di me, che invece ero rimasta seduta sullo sgabello.
A quel tocco un brivido mi passó per tutto il corpo. Aveva le mani morbide e calde. Cominciai a sudare freddo e il cuore che prima martellava nel mio petto era direttamente schizzato fuori dalla cassa toracica. Le mani tremavano, ma cercai di controllarmi.
Cominció a suonare, guidando le mie mani. Era bellissimo suonare così.
Finita la parte difficile, continuó a tenere le mani sulle mie e si rimise a sedere.

Ci fu un momento di silenzio. Guardai prima le nostre mani, poi alzai lo sguardo. I nostri occhi si incontrarono, ma non distolsi lo sguardo. Si era tolto gli occhiali qualche minuto prima e i suoi occhi color nocciola erano finalmente stati rivelati, dimostrando la loro pura bellezza... Ci fissammo per qualche minuto, finché la campanella non mi risveglió.
Scattai in piedi e misi nel mio zaino velocemente i libri.

"Grazie... Io ora vado."

Dissi con voce tremolante. Non aspettai una sua risposta e mi precipitai fuori dalla classe. Chiusi la porta alle mie spalle e mi appoggiai al primo muro lontano dalla classe, riflettendo su quello che era appena accaduto e su cosa aveva suscitato dentro di me. Forse era per questo che portava sempre gli occhiali da sole: erano una trappola. Ti incantavano e non riuscivi più a distogliere lo sguardo.
Mentre le persone mi passavano davanti io pensavo. Pensavo a quello che era appena successo e a cosa sarebbe potuto succedere se non fosse suonata la campanella.
Pensavo.

IL CAPOLAVORO CHE È IN ME ||ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora