CAP. 19

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Quando mi svegliai, Stella era addormentata sulla mia spalla. Non avevo idea di quanto avessi dormito, ma ci trovavamo nello stesso posto di quando ci eravamo addormentate: nella sala d'attesa dell'aeroporto.
Mi guardai intorno.
Alcuni miei compagni di classe dormivano, altri erano al telefono e altri ancora parlavano fra di loro.
Guardai l'orario sul mio inseparabile orologio da polso. Da sempre avevo avuto bisogno di avere un orologio al braccio. Non mi piaceva non sapere che ore fossero. Era, diciamo, la mia fissa più grande.


"Le 11.30?!"


Esclamai.
A causa del mio alto tono di voce, Stella si sveglió sobbalzando.


"Abbiamo dormito tre ore e mezza! Perché siamo ancora qui?


Stella, ancora intontita dal sonno mugugnó qualcosa che non compresi a pieno.
Proprio in quel momento il professore si avvicinó a noi, richiamando l'attenzione di tutta la classe.


" Mi duole dirvelo ragazzi, ma a causa di problemi tecnici all'aereo sarà impossibile partire. Vedremo di spostare la gita a qualche altro giorno. Ora se volete potete tornare a casa."


Diversi ragazzi cominciarono a lamentarsi, mentre io e Stella eravamo più raggianti che mai. Ci congedarono e ci salutarono, alcuni con più enfasi di altri.

Ci fecimo rimborsare il biglietto e successivamente entrai in macchina di Stella.



" Io ora corro da Adriano. Gli faccio una sorpresa! Ti porto a casa?"


" Si, grazie. Anche io voglio fare una sorpresa a Mattia!"


Questa volta lo dissi con sincerità. Volevo vederlo. Anche se erano state solo quattro ore, mi era mancato più del previsto.

Durante il viaggio decisi di mandare un messaggio a Niccolò, per avvisarlo.

MARGHE

Hey Nick! Ho una novità!

NICK

Che é successo? Siete già arrivati?

MARGHE

No. L'aereo aveva un guasto. Non parto più!

NICK.

Wow! Che fortuna.
Ti va di vederci oggi pomeriggio allora?

MARGHE

Volentieri!

NICK

A dopo.

**

Percorremmo la strada verso casa mia tutte e due con il sorriso sulle labbra e più allegre di quello che era stato il viaggio di andata.

Arrivata davanti a casa, salutai Stella e tirai fuori dalla valigia le chiavi di casa. Ero sicura che Mattia fosse in casa, perché c'era la sua macchina parcheggiata davanti all'entrata.
Aprii lentamente la porta senza fare rumore ed entrai nel pianerottolo.
Salii in punta di piedi le scale, trattenendo il respiro. Volevo che la sorpresa riuscisse alla perfezione.
Aprii la seconda porta e per evitare inconvenienti la lasciai aperta.
Appena entrata in casa però mi si geló il sangue nelle vene. C'era qualcuno con lui.
Li sentivo ridere.
Avevo un pessimo presentimento.
Decisi di non farmi sentire.
Non volevo che mi vedesse subito. Avrei fatto chiarezza sulla situazione.
Accostai il mio orecchio alla porta della nostra camera, che ormai a quanto pareva non era più tanto nostra.


"Non farmi il solletico! Sai che non lo sopporto!"



Una voce femminile arrivò dritta come una freccia alle mie orecchie. Mi crollò il mondo addosso.
Ancora non avevo la certezza di quello che stava succedendo li dentro, ma sicuramente non stavano giocando a carte.
Gli occhi continuavano a bruciare a causa delle lacrime che minacciavano di scendere.
Dovevo essere forte, ancora per un po'. Dovevo arrivare fino in fondo.
Con il silenzio più totale, aprii leggermente la porta, creando uno spiraglio necessario per intravedere l'interno della camera.
Come sospettavo.
Mattia era steso di lato nel suo solito posto. Era in mutande e a petto nudo.
Solo che di fianco a lui non c'ero io come di consueto, ma una ragazza.
Doveva avere circa la mia età, capelli biondi e ricci, lunghi fino alle spalle. Il volto leggermente scavato era riempito da un largo sorriso che la bionda stava rivolgendo al mio fidanzato. Era in intimo anche lei.
A quella visione, le parole mi morirono in gola. Volevo urlare, dirgli che era uno stronzo, che mi aveva solo preso in giro. Ma non riuscivo a farlo. Ero come paralizzata davanti a quella scena. La gola mi bruciava e le lacrime avevano cominciato a scendere sulle guance, rigandomi il viso.


"Amore, sei sicuro che la tua ragazza non ci scopra?"



Chiese la bionda. L'aveva chiamato amore e stavano parlando di me.
Lei sapeva di me.


"Ma si, stai tranquilla! Non tornerà prima di una settimana. Inoltre non sospetta nulla quella scema. Ho fatto un po' il cretino per assicurarmi la sua fiducia e lei c'è cascata come una pera cotta"



La bionda scoppiò a ridere e gli stampó un bacio sulla bocca.

Alle parole di Mattia non resistetti. La voce tornò a funzionare. Come una furia e con le lacrime agli occhi feci la mia apparizione nella stanza, spalancando la porta con una tale forza da distruggere un intero esercito.
Avevo il cuore spezzato. E niente é più pericoloso di un cuore spezzato, perché con i resti di questo ti puoi tagliare.

Il volto di Mattia, che fino a qualche secondo prima sembrava essere il più felice del mondo mutó drasticamente. Il sorriso era sparito anche dal viso della bionda.


"E COSÌ SAREI UNA STUPIDA?! UNA CRETINA?!"


Dissi con tutta la rabbia che avevo in corpo.



"IO MI SONO FIDATA DI TE. TI SONO STATA VICINO. TI HO AIUTATO NEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ E TU COSA FAI? MI TRADISCI. MI HAI SOLO PRESA IN GIRO."



Poi rivolsi uno sguardo alla bionda. Stavo piangendo più di prima e le lacrime mi impedivano la vista completa. Avevo il respiro affannoso e una crisi di panico stava per scaturirsi nel mio organismo.
Non potevo più sopportare quella vista.

" Mi fate schifo."


Dissi guardando Mattia dritto negli occhi, prima di scappare via, tirandomi dietro la mia valigia.

Mattia mi seguii.


"Aspetta Marghe! Posso spiegarti"

Disse dopo che mi aveva afferrato per un braccio.

A quel tocco un conato di vomito mi invase. Mi faceva talmente schifo...



"Lasciami subito."



Ordinai, con il sapore salato delle lacrime in bocca.
Vedendo che non aveva intenzione di lasciarmi gli mollai uno schiaffo dritto in faccia e uscii da quella casa, che non avrei voluto rivedere mai più.

Il mondo mi era caduto addosso. Ecco cosa succedeva a fidarsi delle persone sbagliate.
Corsi in strada. Non sapevo cosa fare, dove andare. Mi sedetti perterra, con le lacrime che continuavani ad uscire. Non riuscivo a respirare.

Qualche minuto dopo, sentii delle braccia che mi avvolgevano, invitandomi ad alzarmi.
Non volevo farlo. Volevo rimanere li. Che senso aveva vivere ormai?


"Marghe alzati, forza"


Una voce a me conosciuta mi tirò su.



"Ma cosa è successo?"



Niccolò arrivava sempre nel momento più opportuno. Gli dovevo tutto.

Fra i singhiozzi provai a spiegare, ma non ci riuscii.



"Calmati ora"


Disse lui.
Poi mi sollevò.

Quelle braccia.
Quelle mani.
Quel petto.
Quel profumo.
Era tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento.
Mi lasciai cullare dalle sue braccia e mi addormentai, con gli occhi ancora fradici di lacrime e la testa che non smetteva di martellare.

IL CAPOLAVORO CHE È IN ME ||ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora