CAP 36

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Arrivate all'aeroporto ci catapultammo dentro l'edificio. Ci guardammo un po' intorno, non sapendo cosa fare. Fu Stella a prendere il comando della situazione. Io ero ancora sotto shock e infondo anche lei voleva molto bene a Niccolò. Avevamo passato molto tempo tutti e quattro insieme (Adriano compreso) ed erano diventati anche loro molto amici. Era un duro colpo anche per lei la partenza inaspettata di Niccolò.

Corse verso un'hoste.

"Mi scusi!"

Disse attirando l'attenzione della giovane ragazza, che si giró subito verso di noi.

"Dite pure"

Disse con un sorriso a trentadue denti.

"Volevo sapere dov'è la partenza dell'aereo Roma-Stati Uniti."

"Aspettate un secondo che controllo."

Tirò fuori dalla tasca un piccolo palmare portatile, sul quale supposi fossero segnati tutti i voli previsti. Fece scorrere per qualche minuto il dito sullo schermo, finché non trovò la risposta che cercavamo.

"Mi dispiace ragazze, ma l'unico volo per gli Stati Uniti che era previsto oggi è partito stamattina alle sei."

Mi lasciai andare. Caddi per terra. L'avevo perso. Per sempre. Le lacrime ricominciarono a scendere ininterrottamente, eliminando i pochi attimi di speranza che avevo vissuto durante la corsa all'aeroporto. Stella mi strinse forte la mano. Cercó di trattenere le lacrime, ma qualche d'una scese anche dai suoi occhi.

"Posso fare qualcos'altro per voi?"

Chiese l'hoste guardandoci con aria preoccupata.
Stella asciugando le poche lacrime che le erano cadute sulle guance assunse un aria sicura.

"No, non si preoccupi. Grazie lo stesso."

Quando la ragazza se ne fu andata mi abbracció. Mi abbracció forte. Avevo male dappertutto. Ma soprattutto avevo male al petto. Più precisamente al cuore.
Secondo diversi studi scientifici é impossibile provare dolore al muscolo cardiaco, ma solo alle piccole muscolature o tessuti che lo ricoprono. Io però ero sicura. A farmi male era il cuore. Il cuore che Niccolò aveva spezzato, e con lui, tutto i sogni che avevamo progettato. Sarei riuscita ad andare avanti? A dimenticarlo? Non penso.

"Forza Marghe, andiamocene via. Non c'è più nulla da fare qui."

La mia migliore amica mi prese per mano, trascinandomi verso l'auto. Non capivo cosa succedesse intorno a me. La mia mente era fissa su un unico pensiero. Niccolò.

Stella guidò in silenzio e mi portò a casa sua e di Adriano.
Mi aiutó premurosamente a salire le scale e mi fece sedere sul divano. Quando arrivammo Adriano ci raggiunse in salotto.

"Marghe..."

Sussurrò.
Non fece domande. Probabilmente non aveva bisogno di spiegazioni.

"Tu lo sapevi?"

Domandò acida Stella al suo ragazzo.
Io continuavo a piangere. Adriano si mise subito sulle difensive.

"Stella, cosa potevo fare?"

"LO SAPEVI?!"

La mora aveva alzato parecchio il tono di voce. Anche lei dentro aveva una grande battaglia e non riuscì più a contenersi, quindi scaricó tutta la sua rabbia su Adriano.

"Si. Lo sapevo. Ma come potevo convincerlo? Come?"

"Potevi evitare di fargli fare una cazzata simile. Guarda come l'ha ridotta!"

Disse Stella indicandomi.
Mentre i due litigavano continuavo a ripercorrere con la mente i bei momenti passati con l'amore della mia vita. Momenti che ora sembravano solo utopia.

" Basta litigare. Non è colpa di nessuno."

Dissi ad un certo punto. Ed era proprio così. Non era colpa di nessuno. Era andata così e basta. Faceva male, ma dovevo accettarlo,e  con me anche loro.

"Hai ragione."

Disse poi Stella, abbassando lo sguardo. Successivamente Adriano ci abbracció tutte e due.
Probabilmente anche per lui era stato molto difficile accettare la partenza della persona con cui aveva vissuto fino ad ora.

"Mi dispiace tanto Marghe. Anche a lui e lo sai. Ieri pomeriggio è venuto da me. Mi ha detto di prendermi cura di te. Di assicurarmi che tu sia felice."

Mi sussurrò all'orecchio Adriano. Queste parole furono come delle cannonate. Ricominciai a piangere. Ma se mi amava, perché mi aveva abbandonata?

[**]

Avevamo passato tutto il giorno insieme. Per qualche istante avevo anche dimenticato i miei problemi. Avevo dimenticato Niccolò. Avevamo appena finito di ordinare delle pizze con il telefono di Adriano, quando quest ultimo ricominciò a suonare. Dato che il ragazzo era andato in cucina ad apparecchiare urlai.

"Rispondo io! Magari è il tipo della piazza che si è scordato di chiederci qualcosa."

Afferrai il telefono senza guardare il numero apparso sul display.

"Pronto?"

Dissi.
Nessuna risposta.
Silenzio totale.

"Pronto?"

Un leggero ronzio proveniva dall'altra parte della comunicazione.

"C'è qualcuno?!?!"

Il silenzio venne interrotto da una voce rotta dal pianto a me troppo familiare.

"Marghe..."

Era un sussurro.
Solo lui sussurrava il mio nome in quel modo.

"Niccolò!"

Dissi piangendo, con voce mista tristezza e mista rabbia.

"Ti prego Marghe, butta giù. Io non ce la faccio."

"Ma perché?!"

"È proprio questo che volevo evitare!"

Disse piangendo forse piu di me.

"Perché l'hai fatto?"

"Non avevo altra scelta. Non avrei mai più rivisto Tommaso!"

"Nick ti prego...."

"Ormai è fatta Marghe"

Disse con una leggera incrinazione alla voce.

"Non posso tornare indietro."

"Ti odio"

Gli dissi soltanto.

"Io invece ti amo. E ti amerò per sempre."

Fu l'ultima frase che snetii. L'ultima frase del ragazzo che avevo amato più della mia vita. L'ultima frase del ragazzo che mi aveva spezzato il cuore. Nessuno sarebbe riuscito a riaggiustarlo. Nessuno. Il mio cuore l'aveva portato via lui in America con se. Piangevo. Piangevo per lui e per la mia felicità perduta per sempre. Avrei cercato sempre qualcosa di lui fra gli altri. L'avrei cercato per sempre fra la folla. Ma non l'avrei trovato. Lui non era più con me, se non in un cassetto chiuso a chiave nel mio povero cuore rattoppato dalle troppe ferite.

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So che molti di voi mi staranno odiando in questo momento, ma questo era il penultimo capitolo della Storia. Il prossimo sarà una specie di  conclusione, probabilmente non sarà molto lungo. Grazie a tutti per aver letto la mia storia!

IL CAPOLAVORO CHE È IN ME ||ULTIMODove le storie prendono vita. Scoprilo ora