Così crudele e accecante

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Soundtrack (eccezionalmente all'inizio, ma se non l'ascoltate prima o durante rischiate di perdervi buona parte del senso della storia): L'oiseau, ZAZ.



~ Così crudele e accecante ~




Al tempio c'è una poesia intitolata "la mancanza", incisa nella pietra.
Ci sono tre parole, ma il poeta le ha cancellate.
Non si può leggere la mancanza: solo avvertirla.
(Arthur Golden - Memorie di una Geisha)






"Ho visto la smorfia del suo dolore,
ho visto la gloria nel suo sguardo raggiante.
Anche io vorrei luce ed amore,
ma se arriva deve essere sempre
così crudele e accecante."





Parigi, 1927

La Ville Lumière è vestita a festa stasera.

Sfacciata, la città dai mille volti sembra volerti restituire lo stesso sguardo sprezzante che le rivolgi con malcelata, feroce soddisfazione mentre osservi dalla finestra la luna svettare maestosa oltre i comignoli puntuti di Boulevard de la Madeleine. Ha piovuto molto durante il pomeriggio. Una nebbia caliginosa, spessa come una coperta di lana grezza, dalla strada risale serpeggiando verso le mura dei palazzi, e avvolge ogni cosa fra le sue spire evanescenti, sfumando le luci che, dai lampioni, si srotolano pigre sopra i sampietrini consunti del marciapiede.

La casa è vuota, avvolta dalla penombra, silenziosa; tutta la tua corte si trova già al Père-Lachaise, intenta a preparare con la dovuta meticolosità il palcoscenico sul quale questa notte un'unica, extraordinaire étoile si esibirà nell'arringa più rivoluzionaria che la Francia abbia udito dai tempi di Saint Just e del suo discorso al processo di Luigi XVI.

La pendola, di lato al camino, batte undici lugubri rintocchi. Increspi le labbra in un ghigno bieco: ti piace farti attendere - un elegante ritardo in simili circostanze è l'ideale per creare nel pubblico la giusta carica di aspettativa - ma è ormai ora di raggiungere gli altri e dare finalmente inizio a uno spettacolo che les parisiens ricorderanno per intere generazioni. Il tuo ingresso in scena sarà trionfale, drammatico, solenne. Degno di Alessandro Magno, di Giulio Cesare, di Napoleone Bonaparte.

Ti avvii svelto verso l'ingresso della maison per recuperare cappello e soprabito ma, d'un tratto, un movimento ai margini del tuo campo visivo ti impone di fermarti: un'ombra pallida, al di là della porta socchiusa della sala da pranzo, si riflette per un attimo nel vetro della cristalliera. Afferri la bacchetta, già pronto a colpire, quando i frammenti sparsi di una conversazione tra Vinda e Lucrætia - qualcosa a proposito di quanto fosse vraiment plus raffiné una cameriera francese rispetto ad un banale e cencioso elfo domestico - ti riaffiorano con fastidio alla mente. Imprechi tra i denti, furibondo - detesti non avere tutto quanto sotto controllo, e le libertà che quelle sciocche si stanno prendendo (e che tu non ricordi affatto di aver loro concesso) cominciano sul serio a darti sui nervi. Avanzi deciso verso la povera malcapitata - una ragazzina magra, anonima, che non dà il minimo segno di essersi accorta della tua presenza - fermamente intenzionato a farla sparire con un sonoro schiocco di dita. Tuttavia indugi, per la frazione di un secondo, e resti immobile, le falangi strette intorno alla maniglia della porta, il tempo sufficiente ad accorgerti che la ragazza, convinta di essere sola, sta canticchiando fra sé una malinconica nenia in francese.

"Je connais les brumes claires, la neige blanche et les matins d'hiver.
Je voudrais te retrouver, le lièvre blanc qu'on ne voit jamais.
Mais l'oiseau, l'oiseau s'est envolé et moi jamais je ne le trouverai."

Ed è proprio in questo momento - nell'istante preciso in cui un ricordo riemerge vivido dai flutti ribollenti della memoria -, che l'intero universo va in pezzi, e tu insieme a lui.

GRINDELDORE ~  As my memory rests, but never forgets what I lostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora