Nights in black satin

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O ricordo lontano,
ultima stella pallida
della mia notte atroce,
oserò mai strapparti
ciò che sola possiedi?

Cesare Pavese – Prima di "Lavorare stanca"
(19 maggio 1928)

~ Nights in black satin ~

"Nights in white satin
never reaching the end,
letters I've written
never meaning to send.
Beauty I'd always missed
with these eyes before,
just what the truth is
I can't say anymore.
'Cause I love you,
yes I love you,
oh how I love you."

Londra, primi mesi del 1900

Sei ovunque[1].

Presenza discreta ma costante.

Sei nell'aroma pungente del primo tè del mattino, nel calore della tazza sotto le mie dita intorpidite, nel retrogusto amaro che indugia sulle labbra mentre cerco di riempirmi a forza lo stomaco, ingurgitando inquieto qualsiasi cosa sia in grado di darmi il coraggio necessario a reggermi in piedi e a tenere alta la testa – in apparenza, almeno. In fondo, è questione di poco, una manciata di ore soltanto, il tempo sufficiente a trascinarmi, in qualche modo, fino a sera. Niente di più.

(Niente – di – più)

Sei nell'acqua della vasca che lenta scivola sulla mia pelle gelida, nell'effluvio stucchevole di una saponetta che neppure rammento di aver comprato, nel tepore sprigionato dall'asciugamano umido nel momento in cui mi avvolgo nel primo – e ultimo – abbraccio che riscalderà la mia giornata.

Mi illudo che possa bastare.

Non basterà.


Sei ad aspettarmi a ogni angolo di strada, tra i riflessi beffardi del sole sopra le insegne opache dei negozi, nell'espressione pettegola e piena di curiosità di una vicina che mi chiede quando, e con quale incarico, comincerò a insegnare a Hogwarts.

«Presto», rispondo.

La voce non si incrina, il sorriso rimane composto, educato, sereno persino – ma una morsa d'acciaio mi comprime con violenza la gola e il petto.

Quando riuscirò a prendere in mano una penna, un libro o una pergamena senza che l'ennesima parte di me si frantumi e si disperda come cenere nel vento.

Perché sei anche . Racchiuso tra le pagine ingiallite di compagni nei quali ho da sempre riposto una cieca fiducia, e che in un istante di cruda, brutale consapevolezza, si sono rivelati in tutta lo loro agghiacciante miseria – null'altro che subdoli traditori, cumuli di parole incapaci ormai di regalarmi alcun conforto, nessun appiglio cui aggrapparmi mentre attorno a me il suolo trema, si spacca e mi inghiotte – ci inghiotte, la inghiotte! –, ancora, ancora e ancora.

Amici che ho amato con sincero ardore, guide preziose nei giorni difficili, mi torturano ora come i più crudeli fra gli aguzzini, privandomi di ogni difesa residua.


Sei alle mie spalle, ombra cupa fra le ombre che mi seguono strisciando attraverso le vie della città, nei movimenti scattanti e nervosi degli stranieri in cui per caso mi imbatto, nei barbagli di pallido oro che scorgo al collo o alle orecchie o ai polsi di ignare e indifferenti sconosciute.

Sei nei profumi che hanno infine scordato l'arte di colorare di vita l'aria che mi inonda i polmoni – ché ogni cosa ha perso consistenza e nitore da quando non cammini più al mio fianco, ma vaghi furioso – deluso? Smarrito? Disperato? – per il mondo, nascosto chissà dove, come, con chi.

GRINDELDORE ~  As my memory rests, but never forgets what I lostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora