Foglie d'autunno

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Di nuovo mi fissa: perché, tu hai visto intimità più grandi della nostra?
Secondo te quante sono le persone che mi conoscono come mi conosci tu?
E io, io so come gemi, come piangi, come baci.
(Philippe Besson – Un certo Paul Darrigrand)

~ Foglie d'autunno ~

"Al vento che cambia
e spettina il cuore,
ai piedi nel mare
a tutte quante le parole,
ai cieli di sole
a come eravamo
a quelli che siamo adesso noi."

Ti basta questo, in fondo, per stare bene.

Per non pensare, per tornare a respirare, a essere intero, completo – te stesso (almeno per un po').

Tenerlo stretto, adesso, sentirlo tiepido e rilassato contro la pelle, dentro la pelle, aderire con il corpo al suo, trasformare le tue braccia in un rifugio protetto e sicuro, e il petto in un giaciglio accogliente – per lui, solo per lui. Cullarlo al ritmo del tuo cuore, senza quasi muovere un muscolo, beandoti della dolcezza di una guancia ruvida a contatto con la tua, fino a che le sue palpebre si chiudono, si arrendono, fremono un'ultima volta nella penombra, sottili e impalpabili, pallide e incantevoli come il volo di una foglia d'autunno rapita dal vento.

Ti allontani un poco, spostando gentilmente la sua bella testa sul cuscino, per ammirarlo meglio, con tutta la calma e il trasporto che il suo sonno leggero ti può consentire. Baciato dal fioco riverbero di una candela, che a fatica perfora le fitte tenebre della stanza, il suo volto, insolitamente disteso nella quiete del riposo, appare ancora più diafano e sfuggente di quanto non sia in realtà.

Lo attiri a te, sopra di te, di nuovo; con una mano ti impossessi delle sue ciocche arruffate e con l'altra gli sfiori la schiena, nuda ed esposta sotto la pesante coperta di lana che avviluppa entrambi. Indugi per qualche istante lungo la piega che unisce il collo a una spalla, percorri da cima a fondo l'incavo sinuoso creato dalla punta delle scapole, e poi scendi, piano, piano, raggiungi i fianchi e infine ti soffermi, appagato, sulla curva morbida delle natiche. Un sospiro languido, caldissimo, gli sfugge dalle labbra e rapido corre a solleticarti il mento, provocandoti un brivido improvviso, conosciuto – eppure diverso, indefinibile, meraviglioso.

È un momento – un palpito di vita, un battito di ciglia, un frullo d'ali smarrite –, uguale ai tanti che avete vissuto, che ancora vivrete (forse), e tuttavia destinato a estinguersi, a svanire alle prime avvisaglie dell'alba, breve ed effimero come un sogno – è giusto così, ti ripeti, è inevitabile. Il tempo è passato, incurante, impietoso, e ha inciso nella carne solchi profondi; siete cambiati, tutti e due, siete diventati uomini l'uno lontano dall'altro, e se lui ha fatto le sue scelte, ebbene, lo stesso vale per te – avete scelto, .

Avete scelto altro.

Restano i ricordi, però, le memorie incancellabili – e l'amore, l'amore, l'amore che spezza il fiato e dissolve il sangue nelle vene.

Questo è il vero tesoro, raccolto e custodito fra i lembi sigillati dell'anima, un segreto talmente prezioso e vostro da non poter essere condiviso – nessuno saprà, mai: la verità – quel che è, che è stato, che sarà – appartiene a voi, e a voi soltanto. Il mondo è fuori e deve rimanere, escluso dallo splendore di un'intimità che avete costruito insieme, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, gemito dopo gemito. Tu conosci il modo in cui getta il capo all'indietro quando il piacere, simile a un'onda impetuosa, lo travolge, la macchia scura che dilaga nei suoi occhi mentre ti supplica di non fermarti, il sapore della sua bocca gonfia che si schiude in risposta ai tuoi baci febbrili, disperati. Lui sa dove toccarti per farti tremare e sciogliere e morire, come esaudire ogni desiderio, ogni anelito, ogni voglia, anche quella più audace, proibita e oscena, perché non c'è pudore che vi incateni, non esiste remora che vi impedisca di placare o infiammare il bisogno urticante che vi strazia le viscere – questa notte come allora, come sempre. Alla fine, per voi, vent'anni sono ieri, e ieri è domattina presto, e domattina sembra distante anni luce[1].

Gellert si volta nel tuo abbraccio, lentamente, ti si preme addosso, le vertebre fuse al tuo addome, e tu affondi il naso tra i suoi capelli, poggi la fronte alla sua nuca e inizi a vezzeggiare a piccoli morsi l'arco sensibile dell'orecchio.

«Hai freddo?» domandi, e intanto gli accarezzi il ventre, le cosce, l'inguine, cerchi le sue dita, le catturi e le annodi alle tue, ancora una volta.

Lui si lascia avvolgere, racchiudere, senza nemmeno provare a resistere, e si porta le mani – le vostre mani – alle labbra, per adorarle e baciarle e farle sue con infinita, struggente tenerezza.

«No» mormora in un soffio, e a te pare di avvertire il suo sorriso obliquo – teso sulle nocche, impresso nelle ossa – anche se non riesci a vederlo.

«Non ho freddo, mio blu».

Ma tu continua a stringermi più forte che puoi.



"Al vento che cambia
e cambia la vita,
a quando mi prendi
e tocco il cielo con le dita,
e intanto che dormi
arriva domani
e ancora ti svegli nelle mie mani."

{Words Count: 740}

[1] parafrasando indegnamente André Aciman, in Chiamami col tuo nome (oggi è il compleanno di Elio Perlman! Auguri, auguri!!)


Nota:

Buon pomeriggio a tutt* ^^

C'è ben poco da dire, questo capitolo vuole essere una sorta di omaggio a un personaggio la cui recente scomparsa mi ha lasciato un vuoto profondo nel cuore. Stefano, le sue canzoni, gli altri componenti della band, Dodi, Red, Roby e anche Riccardo e Valerio, erano - sono - un pezzo grande (molto grande) della mia vita (come credo della vita di tanti), e ancora adesso sinceramente mi sento come se mi avessero strappato la pelle dalle ossa. La canzone che accompagna il capitolo l'ha scritta, suonata e cantata lui, Stefano, ed è una delle mie preferite. Mi ha inoltre permesso di fare un balzo avanti di qualche anno, ma era necessario per seguire il senso della canzone stessa, e anche se il tema in realtà con i due soliti tordi c'entra poco, a me le ultime strofe hanno sempre parlato di loro.

Per il resto, mi trovo di nuovo in piena zona rossa, con tutto ciò che questo comporta.

Spero che voi tutt* stiate bene <3

Soundtrack: Se c'è un posto nel tuo cuore, Pooh.

Grazie come sempre a chi leggerà – anche silenziosamente –, e a chi commenterà o inserirà questa raccolta in uno dei suoi elenchi di lettura.

Un bacio :*

Questa raccolta fa parte della serie "We were closer than brothers" insieme a: "Meet me after dark again", "Fear the fever", "Quando viene dicembre" e "He's more myself than I am", tutte pubblicate sia su EFP che qui su Wattpad.

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GRINDELDORE ~  As my memory rests, but never forgets what I lostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora