Mio blu

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Mio blu – dicevi –
mio blu.
Lo sono.
E anche più del cielo.
Ovunque tu sia
io ti circondo.
(Ghiannis Ritsos - Mio blu)[1]



~ Mio blu ~




"Oh you're in my veins
and I cannot get you out.
Oh you're all I taste,
at night inside of my mouth."





Godric's Hollow, estate 1899

Il flebile bagliore delle candele ti sfiora i capelli, mentre l'eco dei nostri sospiri ancora aleggia nell'aria. Il tuo sguardo pare assorbire dentro sé la luce dell'intero universo, e nel momento in cui ti volti e, finalmente, lo fissi su di me, tutto ciò che mi sta intorno si riduce ad una massa sfocata e inutile; il mio orizzonte si tinge col blu di infiniti cieli stellati – un blu incredibile, impossibile, che mi circonda e mi abbaglia, mi avvolge e mi penetra, mi culla con malinconica dolcezza e allo stesso tempo mi toglie il fiato, impudico, ardente, crudele, come tu, soltanto tu, sai essere.

Oggi siamo rimasti lontani per ore – oppure sono trascorsi giorni, anni, secoli, millenni, dal nostro ultimo incontro? Non lo so, non lo so, lo giuro, forse sto delirando, forse sono ad un passo dalla follia, ma che importa? Che importa? Noi, in fondo, siamo già oltre, siamo al di là del bene e del male. Il confine tra giusto e sbagliato, tra normalità e pazzia per noi non esiste. Noi, uniti, creiamo un'entità nuova, completa, perfetta, in grado di superare qualsiasi ostacolo, di valicare ogni limite - umano o divino, non c'è differenza. Noi, insieme, siamo eroi invincibili e fieri, siamo dei all'alba del mondo[2], siamo comete luminose che squarciano l'oscurità, astri pulsanti che trafiggono il nero delle notti più cupe e spaventose.

Hai chiesto il mio perdono stringendomi fra le braccia e rubandomi l'anima, ancora una volta. Gellert, Gellert hai mormorato piano, le labbra incollate alle mie, mentre disegnavi arabeschi roventi sulla mia pelle – sentieri immaginari tracciati da carezze di fuoco e velluto, solchi scavati con mani dal tocco leggero e delicato, sì, sempre, e tuttavia decise, virili, impavide, rapaci, persino.

Ho lasciato che conquistassi il mio corpo con il vigore impetuoso di un'onda che si infrange contro gli scogli – al crepuscolo, nel caldo rosseggiare della sera, quando l'acqua è punteggiata da scintillanti barbagli dorati; ti sei insinuato in me generoso e potente, senza esitare, e io, in un istante di cruda, sfolgorante consapevolezza, mi sono fatto terra accogliente e solida roccia – per te, che porti negli occhi gli abissi e i misteri di tutti gli oceani del mondo.

Mi hai catturato e vinto sorridendo appena – oh, tu non hai pietà, non hai alcuna pietà di me, perché il tuo sorriso, dimmi, il tuo meraviglioso sorriso, in che modo potrò mai estirparlo dalla mente, mondare le vene, il sangue, il cuore dalla sua presenza ostinata - eppure necessaria, ineluttabile?

Non posso, non voglio.

Non dimenticherò, non cancellerò nulla, nulla, nemmeno la più piccola traccia di noi, il più impalpabile e  dimesso ricordo.

Le tue dita riprendono a scivolare sui respiri accelerati del mio petto, percorrono quiete la curva delle mie spalle e poi scendono languide verso l'incavo dei gomiti, fino a raggiungere i polsi, che lambiscono e imprigionano in una morsa ferrea, irresistibile.

«Non pensare» sussurri, la bocca di nuovo premuta sulla mia, affamata e feroce. «Senti e basta. Senti me e nient'altro

«Mio blu» soffio allora fra le tue labbra «mio blu. Ti sento, ti sento. Sento tutto di te.»

GRINDELDORE ~  As my memory rests, but never forgets what I lostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora