Capitolo 11

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“Ogni persona che incontri sta combattendo una guerra di cui tu non sai nulla. Sii gentile. Sempre”

–Carlo Mazzacurati

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CALUM’S P.O.V.

Fottuto Nicola e fottuto Simone. Stamattina mi hanno ripicchiato. Mi hanno tirato un pugno in faccia e mi hanno preso a calci proprio dove stanotte Alessio me li ha tirati. Un dolore atroce. Ancora zoppico ma ovviamente nessuno se né è accorto. Così mi hanno fatto fare ritardo e la prof mi ha messo in punizione.

Adesso sono le 15.30 e sto uscendo dalla punizione. È stata una noia terribile. C’ero solo io e i miei pensieri. Stavo pensando a come potessero stare Luke, Ashton e Michael in Australia. Scommetto che Michael ha pianto sensibile com’è. Mi mancano un casino.

«Stronzo! Perché mi hai lasciato! Sono un disastro lo so ma non mi meritavo anche questo!» sento delle urla provenire dal bagno del mio piano. Mi incammino per andare quando comincio a sentire altre urla seguite da singhiozzi.

«Mi hai lasciato nelle loro mani stronzo! Mi hanno picchiato e fatto passare l’inferno per colpa tua. Ma tu cosa hai fatto? Ti sei unito a loro!» è il pianto di una ragazza. Sembra disperata. Non voglio sentire più sofferenze oltre la mia. Non voglio che nessuno passi il mio inferno.

Entro dentro al bagno piano piano e improvvisamente sento un ultimo urlo prima del silenzio.

«Ti amo stronzo!» poi il silenzio. Svolto l’angolo e vedo una ragazza seduta sul pavimento con le ginocchia al petto. La testa è incastrata tra il petto e le ginocchia e ancora non mi ha visto. Ha i capelli mossi marroni. Riesco a vedere solo questo. Gli accarezzo leggermente la testa e lei subito la alza.

Si asciuga velocemente le lacrime e comincia a sorridere. È come se avesse paura di farsi vedere così. È terrorizzata, trema e sorride. Il suo trucco è tutto sbavato e i suoi meravigliosi occhi sono grossi e gonfi.

Cerca di alzarsi in piedi ma le sue gambe non reggono e ricade a terra. Sembra che ha pianto fino a farsi finire le lacrime.

I suoi meravigliosi occhi sono di un verde intenso e tutti rossi e gonfi. Quei bellissimi occhi non meritano di ridursi così. Poi il suo sorriso bello quanto finto. Un secondo fa stava piangendo a dirotto e appena mi ha visto mi ha mostrato il suo bellissimo sorriso finto.

«Shh, tranquilla. Non ti voglio far del male» gli sussurro all’orecchio. Lei cerca di nuovo di alzarsi e io l’aiuto prendendola per le braccia. Appena è in piedi noto che è un po’ più bassa di me e ha un corpo da favola. Le sue gambe sono favolose, sono slanciate e perfettamente in ordine. I suoi fianchi sono perfetti nella loro misura. Il suo viso è il più bello che io abbia mai visto. Quei suoi occhi verdi risaltano sul bruno dei suoi capelli. Le sue labbra poi. Sono la fine del mondo. Sono carnose, rosa.

Appena comincia a fissarmi la stringo in un abbraccio. Non so quello che ha fatto però io la devo consolare. Mi sento in dovere di aiutare le persone. Non voglio che loro passano il mio stesso inferno. Specialmente un angelo come lei. Lei mi stringe con tutte le sue forza e per un momento smetto di respirare. Le sue mani stringono la mia schiena facendomi riaprire le ferite causate dalla frusta di quel bastardo. Ma adesso non ci penso.

Lei sta bene così e anche io. Anche io mi sento bene in questo abbraccio. Mi sento come trasportato in un’altra dimensione. Tutti i miei bulli, Alessio, Simone, Nicola, tutte le botte, le minacce, la droga, tutto è scomparso. Mi sento bene. Ci siamo solo io, lei e la felicità.

Saranno passati 5 minuti buoni da quando siamo abbracciati ma nessuno dei due si vorrebbe staccare. Lei ad un certo punto si stacca e mi comincia a guardare negli occhi. Spero che non veda niente.

Io invece nei suoi occhi vedo la sofferenza, vedo l’odio verso se stessa. I suoi occhi sono delusi da se stessa. Anche io sono deluso da me stesso. Fino a qualche giorno fa pensavo che non mi sarei mai arreso invece no. Invece sono solo un perdente. Uno stupido perdente che si è fatto mettere i piedi in testa da delle teste di cazzo.

«Qualunque cosa è successo, tu non meriti niente di tutto questo perché sei una persona bellissima. Quegli stronzi non si meritano le tue lacrime» dico tutto d’un fiato. Lei annuisce poco convinta e và verso il lavandino per sciacquarsi la faccia.

«Loro hanno ragione. Sono un disastro. Lo sono sempre stato e non posso cambiare» afferma.

«Tu credi a dei bugiardi?» fa per aprire la bocca ma la richiude subito. Si appoggia al muro e si lascia cadere di nuovo. Ha ancora quel suo sorriso addosso.

«La società fa schifo» sussurra guardando il soffitto.

«Sono d’accordo con te. Fa proprio schifo» mi metto seduto vicino a lei con le ginocchia al petto.

«Me ne vuoi parlare? Così magari ti sfoghi» gli chiedo gentilmente.

«A patto che tu mi dici come ti sei fatto quei tagli sui polsi» cazzo. Non li doveva vedere. Nessuno li doveva vedere. I braccialetti non li coprono del tutto. Non gli posso dire che mi hanno legato e picchiato. Non gli posso dire nemmeno che mi sono tagliato perché su queste cose non si mente.

«Ti prometto che te lo dirò, ma non oggi. Tra qualche tempo. Ancora non sono pronto» gli sussurro. Lei annuisce e alza la testa.

«Jessica mi ha deriso a mensa facendo attirare l’attenzione di tutti. Mi ha detto che sono una balena secchiona» mi dice tutto d’un fiato. Vedo che i suoi occhi cominciano a ribagnarsi. Con un movimento veloce cerca di rimandare indietro le lacrime ma io sono più veloce e con il mio pollice le asciugo. La sua pelle è molto liscia, sembra davvero un angelo. Un angelo fuori posto. Un angelo in un mondo di demoni.

«E tu ci credi alle sue parole?» gli chiedo. Lei annuisce terrorizzata.

«Credi più alle parole di una poco di buono che adesso starà sicuramente scopando oppure a me che sono qui, vicino a te ad aiutarti e ad asciugarti le lacrime?» gli dico io convinto. Lei non dice niente ma mi abbraccia. È uno di quei abbracci sinceri che vanno ricordati a lungo.

È uno di quegli abbracci che vanno sperati di nuovo abbracciando un cuscino. Quel cuscino che conosce le nostre lacrime meglio di tutti.

«Per ogni cosa che ti serve puoi contare su di me» gli sussurro all’orecchio. Lei appena sente le mie parole si accoccola di più al mio petto, ormai coperto da lividi.

«Non voglio vederti soffrire perché tu non meriti di soffrire» gli sussurro ancora. È impossibile che si convinca adesso che non è un disastro. Ci vorrà tempo. Però lei non è affatto un disastro, anzi. È la perfezione anche solo conoscendola da una decina di minuti.

«Scusa io devo andare, mio fratello sarà preoccupato per me» mi dice sciogliendosi dall’abbraccio. La vedo sorpassare la soglia della porta e andarsene. Mi rimetto seduto sul pavimento portando i miei polsi davanti alla mia facci a e mi massaggio tutti i tagli sperando di alleviare il dolore.

«Ah, grazie. Di tutto. Davvero» la vedo rispuntare dalla porta con un enorme sorriso.

«Non c’è di che. Mi ha fatto piacere aiutarti. E ricordati che io ci sono quando vorrai» gli dico nascondendo i polsi dietro la schiena. Lei arrossisce e se ne va.

Non mi sono mai sentito così. Così bene. Finalmente mi sono sentito bene anche solo con un abbraccio.

Mi sento in dovere di aiutare quella ragazza perchè nessuno oltre me merita di soffrire. Io ormai sono abituato a soffrire. Nessuno mi vuole. Solo solo.

SPAZIO AUTRICE

Ma che tenero Calum in questo capitolo? Finalmente si sono incotrati! Un modo molto insolito non trovate? Ma forse, sarà proprio questo a far scoccare la scintilla o forse no?

Non vi dico niente, solo a domani!

COLD LOVE || CALUM HOODDove le storie prendono vita. Scoprilo ora