룰렛

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Minho stava seguendo in silenzio il croupier in mezzo ai tavoli da gioco, quando il suo sguardo cadde su uno di essi; il tavolo della roulette.

"Jisung, vorrei fare una partita" disse, indicando con un cenno del capo il tavolo desiderato. Jisung annuì, accompagnandolo.

"Buonasera, desidera giocare?" chiese il croupier a Minho, che si stava sistemando intorno al tavolo.
"Mi farebbe piacere" rispose il ragazzo, sorridendo.

"Bene, allora direi che possiamo iniziare" annunciò il gestore del banco.
"Place your bets" si rivolse ai giocatori, i quali iniziarono a fare le loro puntate.

Minho puntò un plein, cioè un singolo in numero, in modo che se la pallina di fosse fermata sul numero 27 avrebbe vinto trentacinque volte la somma puntata.

Sapeva di stare rischiando, ma decise di farlo lo stesso, dopotutto era a Las Vegas, no?

La pallina iniziò a girare nel senso opposto della roulette, Minho non distoglieva lo sguardo dal gioco. Ne era come stregato.

"No more bets" il croupier informò i giocatori che le puntate erano chiuse, segno che il numero era imminente.

Minho si strinse nelle spalle ed iniziò a ripetere il numero 27 nella sua mente, fino allo sfinimento, fino a quando la pallina non si fermò proprio su quel numero.

"27, red" annunciò il croupier, Minho rimase paralizzato per qualche istante.

"È il mio numero" disse, "il 27, il mio"
"Lo so, signor Lee" disse il ragazzo dietro al banco, "ecco le sue fiches"

"Se volete rimanere, place your bets, se volete andare, è stato un piacere giocare con voi" nessuno si mosse, il croupier ne rimase sorpreso.

Vennero fatte altre puntate, alla roulette iniziò a girare e con lei anche la pallina bianca, la quale si fermò un'altra volta sul numero puntato da Minho.

Il ragazzo continuò a puntare e continuò a vincere, lasciando interdetto se stesso, gli altri giocatori, e il gestore del banco.

La voglia di scommettere ancora e ancora era troppo forte, cresceva dopo ogni vincita, aumentava come aumentavano le fiches in suo possesso.

Si sentiva assuefatto, completamente dipendente da quella pallina bianca che girava in tondo nella roulette.

L'adrenalina gli attraversava la schiena, sentiva ogni nervo del suo corpo vibrare, il sangue iniziò a raffreddarsi nelle vene.

"Signor Lee, si sente bene?" chiese Jisung, evidentemente preoccupato per il comportamento del ragazzo. Minho scosse la testa in risposta, iniziando a sorridere.

"Voglio giocare" disse, appoggiandosi al tavolo da gioco, "non riesco a smettere"

"Champagne?" chiese un cameriere, avvicinandosi a Minho. Il ragazzo lo guardò confuso, prima di rifiutare educatamente.

"Voglio restare lucido durante il gioco"
"Non sei già più lucido..." disse Jisung a bassa voce, ma non abbastanza bassa per evitare che Minho lo sentisse.

"Come scusa?" disse Minho, avvicinandosi all'altro ragazzo. Quest'ultimo mosse alcuni passi all'indietro, si fermò solo quando andò a sbattere contro un altro tavolo.

"Credo di non aver sentito, potresti ripetere?" il tono di Minho si fece minaccioso, il ragazzo non sapeva cosa dire e si limitava a fissarlo negli occhi, senza dire nulla.

"Non perdo tempo a litigare con te solo perché ho dei soldi da incassare, ma se non ci fossero, ti avrei già mollato un pugno qua davanti a tutti" il croupier deglutì nervosamente, si scusò.

Minho si girò su stesso, Jisung lo osservò ritornare al tavolo, riporre le sue fiches nel sacchetto del Bellagio, per poi riavvicinarsi a lui.

"Scusami, non volevo dirti quelle cose" ammise, "ho perso la testa. Scusami"
"Non si preoccupi, capita" sorrise Jisung.

"Comunque hai ragione, è ora di smetterla" affermò Minho, "potresti accompagnarmi alla suite?" chiese, sorridendo.
"Certamente, mi segua" rispose Jisung.

"Ehm... Jisung?" si fermò, richiamato da Minho. Si voltò verso il ragazzo, "mi dica"
"Non è che potresti darmi del tu? Non mi sembra il caso di parlare in modo formale, voglio dire, avrai più o meno la mia età"

Il croupier sorrise, annuendo, "ok, allora seguimi... Minho" e Minho lo fece.

Presero l'ascensore, nel cui quadrante Jisung inserì una chiave che sbloccò un tasto. Lo premette, e l'ascensore iniziò a salire velocemente.

Calò un'aria pesante, quasi di imbarazzo, entrambi la percepirono ed entrambi si domandarono il perché di quella strana atmosfera.

Minho osservava i movimenti dell'altro ragazzo in silenzio, poi, mosso dalla curiosità, si decise a parlare.

"Sei coreano?"
Jisung si voltò verso Minho, sul suo viso un'espressione sorpresa, "sì, Han Jisung, piacere" e gli porse la mano, ridendo. Minho gliela strinse.

"Sono tre anni che vivo e lavoro qui, ma sono di Incheon" Jisung iniziò a parlare in coreano e Minho cominciò a sentirsi a suo agio a parlare nella sua lingua.

"Io sono di Gimpo" rispose Minho, "vicini" aggiunse poi, sorridendo.
"In effetti è vero, le due città confinano" ribatté l'altro.

Le porte dell'ascensore si aprirono, Jisung e Minho fecero la loro entrata nella suite del Bellagio Casinò.

"È bellissima" disse Minho, guardandosi intorno, "davvero, è bellissima" e iniziò a saltare da un luogo all'altro.

Jisung lo paragonò ad un bimbo in un negozio di giocattoli, trasmetteva un senso di pura felicità. Sorrise, pensando al paragone appena fatto.

"Io devo ritornare di sotto" Jisung avvisò Minho, ma quest'ultimo gli andò contro dicendo che voleva che rimanesse con lui.
Jisung si sentì onorato da questa richiesta ma, nonostante ciò, disse che non poteva lasciare i suoi tavoli scoperti.

"Ma c'è quella biondina a coprirti" protestò Minho, riferendosi alla croupier che aveva preso il suo posto.
"Lo so, ma Ariel non può coprirmi per sempre" rispose Jisung.

Minho lo guardò storto, prima di prendere il cellulare e per fare una chiamata.

"Sebastian, scusami per l'ora, ma mi devi fare un favore; riferisci al signor Benson che Han Jisung si fermerà nella mia suite per stanotte" disse, fissando negli occhi l'altro ragazzo che lo guardava a bocca aperta.

"Grazie mille Sebastian, e scusami ancora" e mise giù. Minho alzò lo sguardo su Jisung, il quale lo ricambiò, e vi si avvicinò.

"Stanotte quindi starò qui?" chiese Jisung, gli occhi fissi in quelli scuri di Minho, il quale annuì.
"Ti va?" chiese il ragazzo, accorciando sempre di più le distanze con Jisung.

Si stava ricreando la stessa atmosfera dell'ascensore, ma stavolta i due ragazzi decisero di farci qualcosa a riguardo.

bet on me ; minsung #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora