Moon's Casinò

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"Eccoci, è questo" sorrise Jisung, quando la macchina rossa fiammante si fermò davanti all'entrata dalle porte in vetro.

Hoseok non rispose, uscì dall'auto senza aprire la portiera, semplicemente la scavalcò. In silenzio.

Jisung lo fissò stranito, quasi preoccupato, era successo qualcosa?

Era da quando avevano lasciato casa sua che quel ragazzo si comportava in modo strano, distaccato, assente.

Il minore sbuffò, portandosi le braccia dietro alla nuca, appoggiandogliela sopra.

Alzò lo sguardo; la pensilina dell'edificio gli impediva di vedere il cielo, eppure poteva percepire il calore dei raggi solari sulla sua pelle.

Senza accorgersene chiuse gli occhi, la mente offuscata dalle tante domande, ma troppo stanca per cercare delle risposte.

Hoseok irruppe nell'atrio del casinò, sbattendo le porte contro al muro ai lati di esse.

Un uomo, sulla cinquantina, seduto dietro ad un bancone in marmo, posò lo sguardo sul nuovo arrivato.

"Signor Kim, la cercano" disse l'uomo con tono di voce alto, tanto che le sue parole riecheggiarono nella stanza.

Da una porta in legno fece la sua apparizione un giovane dai capelli viola, leggermente scoloriti sulle punte, ma nonostante questo particolare ancora di un colore accesso.

La frangia era tirata indietro da una fascia nera, sulla quale vi era una scritta bianca, che Hoseok non riuscì a leggere. Neanche sforzandosi.

"Bene, bene, bene" batté le mani con ritmo il ragazzo, "Hope, è da anni che non ci si vede. Dimmi un po', dov'è il tuo amic..."

"Yakuza" lo interruppe Hoseok, nominando la mafia del Giappone; sapeva che si stava riferendo al fratello di Jisung, non voleva ripercorrere i suoi ultimi istanti di vita, doveva porre un freno in partenza.

"Capisco" sussurrò l'altro, "ma, d'altronde, si sa, i giapponesi prendono tutto e non danno nulla indietro, vita compresa. È così che gira il mondo"

Hoseok trattenne le lacrime che minacciavano di uscire. Non doveva mostrarsi debole di fronte a lui, non di fronte al suo primo, ed ormai, ex capo.

Non poteva, e non doveva, permetterselo. Le emozioni non avrebbero avuto la meglio su di lui.

"Tralasciando, come mai sei qui?" domandò avvicinandosi ad Hoseok, squadrandolo dall'alto.

"Sono qui per volere di V" si schiarì la voce, "vorrebbe sapere quando salderai il debito che hai con lui"

Il ragazzo dai capelli lilla rise sonoramente, portandosi una mano a coprirsi la bocca, ai lati di quest'ultima si formarono delle piccole fossette.

"Tesoro, quell'apatico del tuo boss dovrebbe saperlo che in questo preciso momento sono nella merda, e che i soldi non li vedrà fino a quando non riuscirò a rimettermi a posto"

"Sì, comprendo, ma..."

"Niente ma" Hoseok venne stroncato sul nascere dal tono rude del ragazzo in piedi di fronte a lui, "il Moon's è o non è proprietà di Taehyung?!"

"Lo è, però..."

"E allora che mi dia una mano a far rinascere sto posto del cazzo, invece di fare la bella vita a Bangkok"

"Namjoon, basta" una voce quasi sconosciuta si fece strada fino alle orecchie di Hoseok, che si voltò verso l'entrata.

In piedi, sullo stipite della porta, un ragazzo con le braccia incrociate fissava in silenzio la scena che gli si parava dinanzi agli occhi.

bet on me ; minsung #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora