한밤중

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"Jisung?" il tono leggero di Minho tagliò in due il silenzio presente nella camera da letto. Jisung si girò verso di lui, "dimmi"

"Non riesco a dormire" ammise il più grande, "che ore sono?"
Jisung si mise seduto sul letto, allungò una mano verso il comodino e prese il cellulare.

Quando lo sbloccò, la sua luminosità lumeggiò a giorno l'ambiente, facendo chiudere gli occhi ai due ragazzi per il fastidio.

"Mancano due minuti a mezzanotte" disse Jisung, quando gli riaprì, abituatisi ormai alla luce, "e comunque, neanche io ho sonno" sorrise.

"Allora, posso farti una richiesta improvvisa?" chiese Minho, voltandosi verso il ragazzo seduto accanto a lui. Jsiung annuì, invitandolo a parlare.

"Mi racconteresti la tua storia?" domandò Minho con tono incerto, spaventato da una possibile, e probabile, negativa reazione da parte del minore.

E invece, diversamente da come se l'era immaginato, Jisung accettò, senza mostrare un minimo di esitazione o di fastidio.

"Premetto, sarà una storia lunga" lo avvertì il più piccolo.
"Tranquillo, ho tutta la notte" ribattè Minho. Jisung sorrise, per poi iniziare.

"Sono nato ad Incheon, dove ho vissuto, tolti alcuni brevi periodi a Seoul, fino a quando non mi sono trasferito qui.

Mio padre, non l'ho mai conosciuto, è morto prima che io nascessi. Sono cresciuto con mia mamma e con mio fratello maggiore, ma lui non era mai a casa" si fermò, per prendere un respiro profondo.

"Sai, mio fratello era un gangpeh * , faceva parte della BlackMoon * , e si occupava delle città di Busan e di Tokyo.

Mentre era nella capitale giapponese, finì per sbaglio in una sala di Pachinko * gestita dalla Yakuza * , dove vi perse la vita" il buio velava gli occhi scuri di Jisung, ma Minho intuì che stessero divenendo lucidi.

Ebbe l'istinto di avvicinarsi a lui, di consolarlo e di tranquillizzarlo, ma non fece nulla; rimase in silenzio a fissarlo, lasciandogli il tempo necessario per calmarsi.

"Con lui, c'era anche un'altro ragazzo, di cui ora mi sfugge il nome. Lui riuscì a fuggire e, una volta tornato in Corea, fu lui a raccontare al loro capo ciò che accadde. E poi V, il loro boss, lo disse a noi" i singhiozzi iniziarono a spezzare la sua voce, "mi ricordo ancora quel gior.." non finì la frase, che cominciò a piangere silente.

"Quel giorno, faceva caldo, era giugno inoltrato" riprese, una volta riuscitosi a calmare, "e ci venne a fare visita V, il cui vero nome, se non erro, è Taehyung.

Io non ci diedi peso; lui e mio fratello erano molto legati, pensai che fosse venuto a trovarlo perché convinto avesse già fatto ritorno da Tokyo" tirò su con il naso, asciugandosi con il dorso della mano le labbra intrise di acqua salata.

"Ricordo ancora l'espressione sul volto di V, sono passati anni, ma non riesco a dimenticarla. È fissa nella mia mente, per quanto mi sforzi, non riesco a rimuoverla" un leggero colpo di tosse gli mosse il corpo, facendo tremare leggermente il letto, fattosi improvvisamente freddo.

"Mia madre, non pianse. E nemmeno io lo feci; non ho mai appoggiato la sua scelta di vita, e non la appoggerò mai, ma so che lui era contento.

Ero cosciente che quello che faceva lo appagava più di qualsiasi altra cosa al mondo, io so che quel colpo in fronte lo prese con la sua idea di onore" Jisung prese la mano di Minho, quest'ultimo gliela strinse forte.

Il minore era scosso da leggeri tremori, i quali scomparvero al contatto di Minho.

"Circa un mese dopo la sua morte, feci un sogno; ero collocato in cima ad un castello di carte, il quale crollò, facendomi cadere in una roulette.

bet on me ; minsung #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora