회의

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"Mamma, mamma!" un bambino sorridente si avvicinò ad una donna impegnata a riporre alcuni piatti bianchi, decorati da piccoli motivi appena accennati sull'azzurro, dentro ad una credenza in legno.

Il bimbo, dai capelli scompigliati che gli ricadevano sul viso paffuto, strinse la gonna della donna con la sua piccola mano, chiamandola nuovamente.

"Quando ritornerà il fratellone?" domandò, sul punto di piangere, "mi manca tanto, mamma"

La donna chiuse le ante del mobile antico, abbassò lo sguardo su di lui e rispose, "presto" gli sorrise.

Sul viso del figlio, all'udire quelle parole, nacque un ampio sorriso, luminoso, caratterizzato da felicità pura.

Si riaccese un barlume di speranza verso il ritorno di quel ragazzo, così tanto importante per lui.

Ma, si sa, niente dura per sempre, compresa quella fiamma che ardeva dentro di lui. Si sarebbe spenta di lì a poco, investita da una folata di aria gelida.

Dei colpi alla porta d'ingresso attirarono l'attenzione della madre, che si diresse verso di essa con un'espressione confusa in volto. Erano colpi continui, dati senza un ritmo definito.

Toc, toc, toc!

Sembravano non voler cessare mai.

"Mamma, ho paura" sussurrò il piccolo, preso dalla disperazione, "mamma, perché non apri?"

La donna era ferma, immobile, come se si fosse pietrificata sul posto.

Toc, toc, toc!

"Mamma, perché non... Mamma!" Jisung si alzò di scatto, fredde gocce di sudore scivolavano lungo le sue tempie pulsanti.

Tastando le lenzuola con le mani tremanti, si accorse che anch'esse erano umide del suo sudore.

Lo stesso incubo, di nuovo, più forte della volta precedente.

Iniziò a guardarsi intorno, poteva percepire le sue pupille vibrare; era nella sua camera, tutto gli parve essere al posto giusto, niente di diverso.

Non era cambiato nulla dalla notte precedente, quando era rientrato a casa dopo un estenuante turno di lavoro.

"Eppure" pensò ad alta voce il ragazzo, "quei colpi sembravano cos..."

Toc, toc, toc!

Eccoli, di nuovo loro, ma meno ovattati.

Jisung si paralizzò, il suo corpo sembrava non voler reagire ai suoi comandi, trovava faticosa anche una naturale ed automatica azione come respirare.

Ma, non era stato un sogno? Non era stato solo frutto della sua malata fantasia?

Toc, toc, toc!

Ad ogni secondo che passava, i colpi diventavano sempre più reali.

Jisung raccolse le ginocchia al petto, vi appoggiò la testa sopra, e si portò le mani a coprirsi le orecchie; non voleva più sentire nulla.

Alcune lacrime iniziarono a scendere, causandogli un senso di bruciore agli occhi.

Se in quel momento fosse apparso un genio ad offrirgli tre desideri, il primo che avrebbe espresso sarebbe stato quello di perdere l'udito, di non sentire più niente. Solo, silenzio.

Toc, toc, toc!

Tuttavia, se dati con così tanta insistenza, potevano significare qualcosa.

bet on me ; minsung #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora