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Jimin bussò allo studio di Namjoon e attese una risposta prima di entrare, che arrivò subito.
Entrò lentamente, quasi avendo paura di rovinare la sacralità di quel luogo: sapeva quanto quella stanza fosse importante per il suo Hyung e temeva sempre di disturbarlo nei momenti peggiori.
Nam era seduto sulla sua adorata poltrona e stava lavorando sulla base di qualcosa, ma non sembrava infastidito dalla sua presenza: forse perché era troppo gentile per farglielo notare.

«Jimin! Cosa ti porta qui?».

Nam si aprì in un sorriso caloroso, facendo spuntare due adorabili fossette ai lati del viso, che scaldarono particolarmente il cuore a Jimin.
Se Jin veniva considerato la loro Eomma, Namjoon era sicuramente l'Appa della piccola e confusionaria famiglia dei Bangtan.
Era sempre pronto a darti una pacca sulla spalla quando ne avevi bisogno, cercava di spronarti a dare il massimo e copriva tutti agli occhi di Jin quando commettevano qualche stronzata.

«Volevo parlarti ... Di Kookie.» mormorò Jimin spostando lo sguardo sulle sue mani, avendo paura che Nam lo ritenesse un po' una perdita di tempo, ma il maggiore si alzò velocemente dalla poltrona e trascinò il biondino con lui sul divanetto in fondo alla stanza.

«Ero sicuro che saresti passato prima o poi, ma prima di iniziare voglio chiederti una cosa: sei arrabbiato con me per avergli detto di Serendipity?».

Jimin fissò il proprio Hyung attentamente e capì quanto ci tenesse ad una sua risposta sincera.

«No Hyung, come puoi pensarlo? Grazie a te Jungkook ha capito ... Forse avrei dovuto dirglielo io, ma temevo che lo prendesse come un patetico tentativo di farmi perdonare ... Invece le tue parole lo hanno aiutato a fare chiarezza.»

Jimin gli era veramente grato, senza il suo intervento probabilmente lui e Kookie ancora non si sarebbero chiariti.

«Ne sono felice, allora cos'è che ti turba Chim?».

Il biondo continuava a torturarsi le mani, ma sapeva che era molto meglio parlarne con lui che con Taehyung.

«Come l'hanno presa i tuoi quando gli hai detto di Jin Hyung?».

Namjoon capì quale fosse il problema, ora che con Jungkook le cose erano andate al loro posto, mancava solo un ultimo grande scoglio - ultimo per modo dire naturalmente - ed era dirlo alle proprie famiglie.

«Uhm non è stato tanto semplice, all'inizio erano abbastanza sconvolti, ma tenevano più alla mia felicità che al pensiero delle persone ... Il vero problema è stato il padre di Jin Hyung ... Quando mi ha presentato ufficialmente come suo ragazzo, tu non puoi immaginare il suo sguardo: mi sono sentito sbagliato ... Tu prova a immaginare come si sia sentito Jin ... Ma anche lui dopo un paio di mesi ha capito che la felicità di Jin era più importante e dall'ora quando ha un momento libero ci tiene ad averci da lui per pranzo.»

Jimin annuì alle sue parole, ma non sembrava affatto più tranquillo.

«Hyung non voglio che i miei genitori mi odino o che odino Kookie o che la famiglia di Jungkook possa odiarmi o prendersela con lui ... È davvero così sbagliato? Quando sto con lui mi sento sempre così bene, sorrido sempre e il cuore mi batte così forte ... Tutto questo non può essere davvero così sbagliato.»

Namjoon sorrise alle parole del biondino e gli scompigliò teneramente i capelli, volendo abbracciarlo e proteggerlo dal mondo.
Era sempre più sicuro che nessuno meritava veramente Jimin, lui era così puro e aveva un cuore così grande.
Sperò con tutto se stesso che Jungkook se ne prendesse cura.

«Non è sbagliato Jimin, amare qualcuno non è mai un errore.»

Jimin annuì a quelle parole, rimase ancora un po' con Namjoon a chiacchierare, gli raccontò meglio di ciò che fosse successo a Tokyo e ascoltò i consigli del suo Hyung su come affrontare il primo periodo, come essere discreti più del solito davanti alle telecamere e tutto il resto.
Jimin pensò di aver bisogno di un foglio e una matita per prendere appunti, non era sicuro che si sarebbe ricordato tutto, ma Namjoon lo rassicurò sul fatto che non fosse solo e che potesse contare su tutti loro.

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«Pronto? Jimin sei tu?».

Il biondo prese un profondo respiro, sentiva le gambe e le mani tremare, le lacrime già minacciavano di uscire dai suoi occhi, ma doveva farlo.
Il cellulare era abbandonato di fronte a lui, sull'isola della cucina con il vivavoce attivo, dato che temeva di farlo cadere a terra.

«Ciao Eomma, sì sono io! Sono tornato ieri da Tokyo e ... Volevo sentirti, Aboji è lì con te?».

Sperava vivamente in un sì, perché non era sicuro di aver il coraggio di ripetere tutto quanto un'altra volta - sapeva anche che fosse sbagliato comunicarglielo via cellulare, ma non avrebbe potuto tornare a Busan per un po' e lui non avrebbe retto il peso di quel segreto.

«Sì è qui! Ora sei in vivavoce, c'è qui anche tuo fratello! Tesoro ci stai preoccupando.»

Jimin prese un profondo respiro prima di parlare, sapeva che poteva accadere di tutto, ma non era comunque pronto a farsi odiare dalla sua famiglia.

«Vedete io ... io mi sono fidanzato.»

Si diede del codardo per quella risposta, perché non era una bugia, ma non era esattamente quello che avrebbe dovuto dire in quel momento.
L'ansia lo stava uccidendo.

«Tesoro è una cosa bellissima! Chi è la fortunata?».

Il vociare allegro di suo padre e suo fratello lo intimorirono solo di più: come avrebbero reagito? Sarebbe stato ancora considerato loro figlio? Lo avrebbero amato ancora e supportato come sempre?

«Ecco, in realtà è ... In realtà sto con Jungkook.»

Aveva sganciato la bomba e nel farlo aveva serrato gli occhi, come se quel gesto avesse potuto proteggerlo dalla loro reazione.
Seguirono momenti di puro silenzio prima che la risata di suo fratello giungesse alle sue orecchie.

«Io ve lo avevo detto che sarebbe stato Jungkook! Dovete sganciare entrambi!».

«Andiamo con Taehyung era più fattibile! E porta rispetto a tuo padre, ingrato!».

«Finitela entrambi! Tesoro siamo così felice per te, certo avremmo preferito che ti confidassi prima con noi, non ti avremmo mai odiato per questo: sei il nostro piccolo Jiminie.»

Jimin aveva iniziato a piangere, tutta l'ansia e la tensione di poco prima era sparita, il sollievo era l'unica cosa che percepiva in quel momento.
Era così preso da quel momento che non si accorse della presenza di Jungkook finché due braccia non lo circondarono da dietro.

«Avevate scommesso su di me e Jimin? Fingerò di non sapere che patteggiavate per Taehyung.»

I Park risero alle parole del corvino e Jimin si girò nell'abbraccio per affondare il volto nella maglietta di Jungkook, che prese ad accarezzargli i capelli dolcemente.

«Immagino che il mio bambino stia piangendo come una fontana!».

La signora Park aveva la voce rotta dall'emozione e questo fece sorridere Jungkook.
La famiglia di Jimin lo amava veramente tanto e lo avrebbe supportato sempre.

«Esattamente, ma sono sicuro siano di gioia.»

E Jimin alzò il volto per incrociarlo con quello di Kookie sorridendogli dolcemente, perché anche quella era stata superata e non importava se ci fossero ancora i Jeon da affrontare, Jimin era felice e in ogni caso la sua famiglia amava anche Jungkook.

Take me to the sky ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora