Capitolo 6

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L'acqua calda scivola sul mio corpo ridandomi un pò di pace. Le mie mani plasmano il mio profilo fermandosi sulle sporgenze sempre più evidenti. Chiudo la manolpola e con una mano afferro subito l'asciugamano per coprirmi. Ora ho freddo, spesso ho freddo. Tampono i miei capelli prima di uscire dal bagno, sicura di essere sola in stanza ma purtroppo non è così. "Stavo per farmela addosso", Davina mi sorpassa e senza neppure chiudere la porta usa il bagno. Non capisco come riesca ad essere così disinvolta. Ci troviamo nella stessa situazione ma forse c'è una differenza più sottile che permette a lei di fare cosa che io non mi sognerei di fare mai davanti a nessuno. "Allora?" Io sono inerme, al centro della stanza, mentre tengo stretto al mio petto l'asciugamano che nasconde il mio corpo. "Allora, cosa?" Afferro i miei vestiti, sto per richiudermi in bagno ma la sua voce mi ferma. "Com'è andata con il signor Dan?". "E' simpatico, ma non ho detto nulla", rispondo con tono ovvio. "Vedrai che prima o poi riuscirai ad aprirti con lui. Sa metterti al tuo agio", annuisco. Questo devo riconoscerglielo. "Ma parliamo di cose serie", sgrano gli occhi quando mi afferra dai polsi e mi trascina sul letto. Siamo sedute l'una di fronte l'altra ma io arretro di qualche centimetro. Credo ci sia rimasta male ma non dice nulla. Sembra davvero che debba parlarmi di qualcosa di importante. "Hai visto quanto è bello? Ti era seduto di fronte, hai notato se per caso mi ha guardata?". Tossisco strozzandomi con la mia stessa saliva. "Parla sempre a voce bassa con sua madre, non alza mai lo sguardo dal piatto. Volevo controllare ma è stata la prima volta che ero seduta quasi di fronte a lui. Mi vergognavo", continua. Uno strano senso di colpa si fa largo nella mia testa, ma è assolutamente ingiustificato. "Non ha mai rivolto la parola a nessuna ragazza?" Domando cercando di mascherare un timore che non so spiegarmi. "No, mai. Da una parte è comprensibile. Sarà circondato di belle ragazze, figurati se lo attraggono degli scheletri viventi", sbuffa e sono queste parole a colpirmi di più. "Già, perchè dovrebbe guardare noi. Cioè voi", mi correggo all'istante. "Non dirmi che lo trovi brutto?" Aggrotta la fronte. "E' pur vero che io sono di parte. Ho praticamente perso la testa per lui, ma oggettivamente è un bel ragazzo". "S-si, non è male", non la guardo. "Ma davvero ne sei innamorata?" Ridacchio. "Con oggi l'hai visto due volte". "Te l'ho detto", urla. Ha questo pessimo vizio. "E' stato un colpo di fulmine ma non credo sia ricambiato". "Potresti...", sospiro. "Provare a parlarci tu", scrollo le spalle. "Mi vergogno. Mi hai vista?" Si indica. Davina è bellissima, lo penso davvero. "Non sei uno scheletro vivente", abbozzo un sorriso. "Ti stai riprendendo". "Tu per niente", mi pizzica la guancia e stavolta non mi infastidisce il suo contatto. "Non hai toccato nulla a pranzo e vorrei sapere cosa hai fatto tutto quel tempo in bagno". "Solo una doccia", e stavolta non mento. Da quando sono qui è successo solo una volta. "Mh, va bene. Ad ogni modo stasera prova a mangiare qualcosa. Di solito il giovedì sera c'è la pizza". "Alla pizza non si dice mai di no". Arriccio il naso. Lo faccio spesso. "Ecco. Il signor Dan sarebbe orgoglioso di me in questo momento". "Perchè mi stai incoraggiando a mangiare? Pensavo fossi dalla nostra parte", scherzo. "Oh, ma io sono sempre dalla nostra parte", ridacchia. "Ma non farmi perdere altro tempo. Devo farmi bella, passerà un'altra settimana prima che riveda il mio principe azzurro", dice correndo nuovamente in bagno. "Già", sussurro a me stessa e al vuoto.

Avevo erroneamente pensato che il pranzo sarebbe  stato il momento più difficile di questa giornata. Che gran cazzata. Quattro enormi cartoni di pizza sono posizionati in più punti di questo lungo tavolo. Al mio arrivo, Karl è già qui, con un sorrisetto stampato in faccia che Davina giura di non aver mai visto. "E' strano, credimi. Solitamente ha un'espressione mista fra l'annoiato e lo scazzato". Mormora mentre mi trascina ai posti di prima. Vorrei strozzarla e nello stesso momento vorrei raccontarle di quello che è successo in giardino con il ragazzo di cui è innamorata, ma non ci riesco. Probabilmente è stato solo un caso il fatto che questo taciturno ragazzo abbia rivolta la parola solo a me. Forse stavo occupando il suo spazio e gentilmente voleva mandarmi a fanculo. Tanti forse, tanta ansia. "Magari è felice per qualcosa", la butto lì passandomi nervosamente le mani sui jeans. "Forse, spero non per una ragazza". "Questo non possiamo saperlo", taglio corto sperando che la mia compagna di stanza capisca che è il caso di cambiare il discorso. "Odio questa cosa", sbuffa afferrando due enormi fette di pizza che finiscono nel mio piatto. "Tu sei pazza", la guardo male. "Prendine una", ringhio fra i denti ma mi ignora. "Stronza", ride. Fantastico. Sospiro poggiando la schiena contro la sedia, non riuscirò mai a mangiare tutto ma stranamente, dopo una vita, ho un leggero languorino. Avvicino la pietanza alla mia bocca, le do un morso e butto giù. Mi fa male le gola, devo solo rifarci l'abitudine. Sgrano gli occhi per i miei stessi pensieri. Io non voglio riabituarmi a nulla. D'istinto poso la pizza nel piatto e commetto un grave errore. Lo guardo e lo sta facendo anche lui. La parte di me, arrabbiata col mondo, prevale e non so come succede, ma gli alzo il medio. Ringrazio Dio per non essere stata vista da nessuno e per un attimo mi si ferma il cuore quando sorride e si morde le labbra, per poi continuare a mangiare come se nulla fosse successo. Ci resto di merda, infastidita dalla sua sfacciataggine che però gli calza a pennello. Sbuffo ma alla fine riesco a mangiare quasi tutta la pizza.

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