Sono in macchina con Karl, siamo soli e non riesco a spiccicar parola. Sento che di tanto in tanto mi guarda, poi una sua mano finisce sulla mia ferma sul ginocchio. Cos'hai?" E' una serata importante per lui. In qualche modo rivedo me stessa dopo ogni esibizione di tango, e non mi va di rovinargli questo momento. "Nulla", accenno un sorriso. Poggio una mano sulla sua iniziando a giocare con le sue dita. Posso sentire i suoi nervi distendersi e una piccola risata. "Non fare finta di nulla, so che ti sono mancato in questi giorni". "Sei troppo sicuro di te stesso, Hunt". "Siamo passati al cognome?", stringe le mie dita entrando in contatto con un lembo di gamba scoperta. Rabbrividisco ma non per il freddo. E' come se fosse tutto completamente nuovo per me. "Diciamo che l'ho pronunciato spesso in questi giorni. Ho avuto a che fare con tuo padre", spiego. Una parte di me vorrebbe parlargli delle domande che il signor Hunt mi ha posto, ma significherebbe aprire argomenti che vorrei aprisse lui. "Sai che divertimento", il suo sguardo è fisso sulla strada. Ho sempre pensato che Karl avesse un buon rapporto con i suoi genitori ma ultimamente non ne sono poi così sicura. "A volte mi tocca", scrollo le spalle fissando l'auto dei suoi amici che prosegue tranquilla ad un metro da noi. "Pensavo fossi io il tuo confidente preferito", ammicca stringendomi il ginocchio. "Cretino", lo guardo male per poi scoppiare a ridere. Mi era mancato tutto questo e non mi rendo conto di aver trasformato questo pensiero in parole. "In tua assenza dovevo pur sfogarmi con qualcuno". "Visto?" Ha un sorriso enorme, "ti sono mancato". "Non ho detto esattamente questo", mi agito sul sedile. Con Karl è troppo facile essere me stessa. "Mi va bene anche quello che hai detto". "Sembri molto felice", gli dico. "Sei soddisfatto della tua esibizione?". "Certo, ma sono soddisfatto anche per altro", mi guarda. "Per cosa?"
Dovrei imparare a contare fino a mille prima di parlare. Si morde le labbra e passano alcuni secondi prima che parli. "Uh guarda, siamo arrivati". "Stronzo", borbotto mentre lui scoppia a ridere di nuovo.Resto al suo fianco mentre gli altri parlano fra di loro di quanto siano bravi, forti e perfetti a questo gioco. Ogni rumore è uno schiaffo per me e mi sento come quei birilli ogni volta che vengono colpiti e la folla esulta. "Che numero di scarpe hai?" Guardo Dasha che non mi ha mai rivolto la parola da quando mi ha vista. Brad, però, continua a detenere il record di asocialità. Credo che questa cosa possa accomunarci molto. "Trentasette", rispondo poggiandomi alla spalla di Karl. E' come se in questo momento avessi ancor più bisogno di lui. So che tutto questo potrà sembrargli strano, come so che appoggiarmi a lui, in ogni senso, è la cosa più sbagliata che possa fare. "Ok", risponde guardando poi Karl che continua a fissare me da tanto tempo. "Tu sempre quarantacinque", non è una domanda, ma l'affermazione di una ragazza che sembra conoscerlo da sempre. E' una cosa stupida, conosce il numero delle sue scarpe, eppure non posso che essere infastidita da tutto questo e sentirmi un'estranea in un contento che odio. "Esatto", risponde lui sorridendole. "Sei davvero minuscola", non alzo la testa per guardarlo fingendo di essere interessata a quello che accade intorno. "Già", mi sposto spezzando il contatto, cosa che non sfugge all'attento Karl. "Ma che fai?" Soffoco un urlo quando afferra la mia vita con le mani riportandomi dove vuole. Siamo troppo vicini e sento troppi occhi su di noi. Non so cosa abbia detto ai suoi amici di me, su Dylan non ho dubbi che sappia tutto o almeno dove vivo ora. Gli altri si saranno fatti sicuramente un'idea a prescindere da quello che Karl possa aver detto o meno. "C'è qualche problema, Kendra?"
Sbatto le palpebre quando accarezza il mio viso. Piano, come so lui è in grado di fare. "Ho già risposto ad una domanda simile", sospiro non guardandolo negli occhi. "Hai già mentito ad una domanda simile", mi corregge e mi viene da pensare a quanto sia simile a Dan. "Perchè pensi che stia mentendo?" Ho la testa dura e nessuna intenzione di rovinargli la serata con i miei problemi. Ci penserò domani, quando lui sarà andato via ed io sarò nuovamente Kendra, una paziente di una clinica per anoressiche e non solo. "Perchè ho imparato a notare alcune cose di te", poggia la fronte contro la mia ed io mi sento tremendamente in imbarazzo. "Karl, ci guardano tutti", provo a spostarmi ma le sue mani stringono tenendomi a se. "E quindi?". "Ecco le scarpe", urla Dasha mettendo fine a questo momento. Non so se esserne felice o meno, ma non sono affatto pronta a mostrare a tutti quanto posso essere debole. Karl continua a guardarmi mentre mi siedo e sostituisco le mie scarpe con quelle da gioco. Provo ad ignorare quelle due che continuano a parlare di chissà cosa, Brad che mi guarda per poi nascondersi quando lo colgo in flagrante ed Alan che mi sorride troppo spesso. "Ho scritto io i nomi", interviene Dylan, "il primo è Karl". Fisso lo schermo notando il mio nome infondo alla lista. Lo preferisco ma so che quel momento arriverà comunque.
Karl va alla grande come il resto dei ragazzi che riescono ad ottenere un buon punteggio. Ovviamente il ragazzo dagli occhi neri è al primo posto, una parte di me si aspettava che fosse bravo anche in questo. "Tocca a te, Kendra", Alan mi sorride ancora e per una frazione di secondo Karl lo guarda male. Sono più che sicura di essermi sbagliata, uno come lui non potrebbe mai essere geloso di una come me. "Ok", sospiro avvicinandomi al rullo per prendere una boccia da appena sei chili. Cerco di non guardarmi intorno, di concentrarmi solo su questo stupido tiro che dovrò ripetere per altre nove volte. Non guardo neppure Karl mentre tiro troppo piano affinchè possa gettar giù anche un solo birillo. "Andrà meglio al prossimo tiro", mi rassicura Alan mentre torno al mio posto. E' di nuovo il turno di Karl, sento che mi guarda mentre io fisso il pavimento. "Quanti anni hai?" Sgrano gli occhi, ero arrivata a pensare che Brad fosse muto. "Venti, e tu?" Ci guardiamo appena, entrambi troppo imbarazzati. "Anch'io", la sua voce è bassa, incerta. Come se avesse paura. Fra non molto sarà il suo turno eppure ho ancora voglia di parlare con lui. Nei suoi occhi grandi rivedo un pò me stessa. "Pensavo che non mi avresti mai rivolto la parola", ammetto accennando un sorriso che inaspettatamente ricambia. "Tendo ad essere un pò asociale con le persone che non conosco", scrolla le spalle. "Credimi, ti capisco", fissiamo Dylan che fa strike. Sono tutti bravi, anche Brad lo è. "Sembri parecchio a disagio", in quel momento Karl si avvicina e lui si alza per il suo turno senza attendere una mia risposta. "Ti gira troppa gente intorno stasera", un braccio di Karl avvolge le mie spalle, sussulto quando poggia un bacio all'angolo delle mie labbra. "Non direi", lo guardo e ci perdiamo l'uno negli occhi dell'altra. Vorrei essere in qualunque posto, ma sola con lui. Queste luci, questa musica e queste persone non mi permettono di essere me stessa, e con Karl vorrei poterlo essere sempre. In ogni istante. "Io direi di si", chiudo gli occhi quando con una mano sfiora il profilo del mio viso, e sembra tutto perfetto. Dimentico il resto, dimentico questo stupido gioco che mi sentire ridicola. "Sei molto bella", il suo naso sfiora il mio, le sue labbra accarezzano le mie fino a posarsi del tutto. Mi lascio andare fra le sue braccia che mi attirano a se come a volerne rivendicare il possesso. Mi sento libera di allacciare le braccia al suo collo e stringere i suoi capelli fra le dita. Ma dai sogni ci si risveglia sempre troppo presto. "Kendra, riesci a fare un altro tiro?" Questa domanda suona strana, ma mi limito ad annuire avvicinandomi a Jessica che ha già preso una palla per me. "Oh, scusami. Avevo dimenticato che per te serve una più leggera". Per un pelo non mi sono rotta un piede sotto una boccia da quattordici chili. "Non preoccuparti", stringo le mani in due pugni, afferrando quella da sei con il braccio non fasciato. Non sono così stupida da non aver capito che quelle due non mi sopportano, ma mai avrei pensato che potessero essere tanto stronze ed infantili. Karl le guarda male, io cerco di ignorare le loro risate trattenute che si amplificano non appena tiro male per seconda volta. Non ci riesco, la parte stronza di me torna a galla. "Cosa vi fa ridere esattamente?" Cala il silenzio, Karl mi raggiunge ma non gli permetto di aprir bocca. "Sto aspettando una risposta". "Nervosetta la tua amica, Karl", sghignazza Dasha. "Non fare la stronza con lei. Non ti conviene", ringhia il ragazzo al mio fianco. Non l'ho mai visto così. "Per caso parlare con me ti fa schifo?" Continuo. Sono troppo incazzata per restarmene in silenzio. Non volevo rovinare nulla, ma a quanto pare questa serata non avrà esito diverso. "Tranquilla che non sono contagiosa". "Ma chi si crede di essere questa?" Interviene Jessica. "Hai bloccato il gioco. Sei incapace a prescindere dal fatto che rischi di spezzarti anche solo respirando". "Jessica", urla Karl. "Che stronze", commenta Alan guardandole male. "Continuiamo a giocare da persone mature". "Tocca a Karl", cinguetta Dasha mentre io raccolgo le mie cose e me ne vado cercando di non crollare del tutto. Odio me perchè non so non essere fragile.
"Kendra", qualcuno chiama il mio nome afferrandomi dal polso. Riconoscerei quel profumo fra mille ma ora non riesce a calmarmi. "Non dargliela vinta. A volte quelle due sanno essere davvero ridicole". "Non è per loro", sfuggo dal suo sguardo, ma con Karl è sempre stato difficile riuscirci. "Si è fatto tardi, devo tornare al centro". "Hey, guardami", afferra il mio viso a coppa fra le sue mani. "Sei più forte di quanto immagini. Puoi zittirle con uno sguardo". "Non offenderti, so che sono tue amiche, ma non ne vale la pena. L'ignoranza non si combatte". Mi acciglio quando sorride. "Tu non hai bisogno che nessuno ti difenda", sussurra poggiando la fronte contro la mia. "Eppure io voglio farlo lo stesso", sussulto quando asciuga con le dita una lacrima sfuggita al mio controllo. "Cavolo", mi tocco il viso. "Che disastro", mi sporco le mani di nero. "Già, un vero disastro", ammicca mordendomi il naso. "Ahi, che fai?"
"Vuoi andartene?" Mi chiede dolcemente. Sono confusa dalle varie sfaccettature di Karl e dal fatto che, bene o male, mi piacciono tutte. "Si, è tardi", sussurro fissando le mie scarpe basse. "Guarda che se andiamo via non ti riaccompagno già". "Cosa? E dove....".
"Fidati di me", mi strizza l'occhio prendendomi per mano. Ce ne andiamo senza salutare nessuno. E' questo il momento che aspettavo da tutta la sera. L'aria è calda, eppure la mia pelle è sempre caratterizzata da brividi lungo le braccia. In quella stanza mi sono sentita umiliata, debole, ridicola. Ho pensato a quanto io sia diversa, troppo complessa. Un bagaglio di problemi che sarebbe meglio perdere e non far mai arrivare a destinazione. Poi Karl mi ha presa per mano, abbiamo lasciato quel posto e solo allora mi sono sentita davvero bene. Davvero me stessa. "Non mi chiedi dove stiamo andando?" Chiudo il finestrino poggiandomici contro. "Di solito tu ami fare le domande", con lui è semplice parlare, rispondere e farsi valere. Certo, non ho taciuto dinanzi agli atteggiamenti stupidi di quelle due ragazze ma non sono affatto soddisfatta. Sono andata via dandogliela vinta. "Amerei ascoltare anche qualche risposta". "Non essere avido", lo guardo. "Sai già troppo", ridacchio e con me lui, ma qualcosa nella sua espressione cambia quando continuo. "A differenza mia. Non mi hai mai parlato dei tuoi amici". "Non abbiamo mai affrontato l'argomento", riporta lo sguardo sulla strada aumentando troppa curiosità in me. "Giusto", sussurro più a me stessa che a lui. La sua risposta è un chiaro tentativo di sviarmi ma in questo momento mi sento troppo coraggiosa per lasciar perdere. "Vi conoscete da tanto?" Le macchine corrono al nostro fianco. Ovunque stiamo andando sembra che Karl non abbia alcuna fretta di arrivarci. "Da un pò, fra quanto toglierai la fasciatura?" Resto a fissarlo e quando mi guarda per un solo attimo, sono sicura abbia letto nei miei occhi quello che sto pensando. "Basta dire che non vuoi parlarne. Comunque fra qualche giorno", torno a fissare il nulla e nessuno dei due apre bocca fin quando non lo vedo rallentare a pochi passi dalla clinica. Ci resto male, forse più di quanto sia giusto. "Penso che il posto in cui avrei voluto portarti sarebbe stato rovinato dai nostri umori". "Tranquillo, nessun problema", faccio per scendere ma una sua mano afferra il mio polso impedendomelo. "Non intendevo questo. Non voglio che tu te ne vada", nei suoi occhi leggo una supplica silenziosa, ed è strano. Sono abituata ad una versione completamente diversa di Karl. Lui è solare, scherzoso, sempre positivo. Ora, ansioso, irrequieto, totalmente diverso. "Ma siamo arrivati", sono agitata anch'io. E' stata una serata altalenante e non avrei mai immaginato che potesse finire così male. "Possiamo restare qui, o salire da te". "Non credo sia il caso", lo guardo male e lui ricambia. "Non sono tenuto a raccontarti ogni cosa della mia vita. Non fare l'offesa". "Prego?" Inarco un sopracciglio. "Ma chi ti credi di essere? Vivo lo stesso anche senza essere a conoscenze dei cazzi tuoi", sbotto e tiro un urlo quando blocca le serrature dell'auto. "Te la sfascio, Karl". "Sei troppo nervosa Kendra, non tutto può andare secondo i tuoi piani". "Scherzi?" Stringo le mani in due pugni. Non mi ha mai trattata così. "Solo tu puoi trattarmi di merda? Solo tu puoi rovinare una serata?" Riduce gli occhi a due fessure. "Io non ho rovinato un bel niente", sbotto. "Le tue amiche mi hanno presa in giro per tutto il tempo". "E' sempre questo il problema", scuote il capo. "Dai importanza a chi ti toglie e non a chi ti dà", resto muta. "Era la serata più importante per me, volevo passare del tempo con te da soli. Dopo quella maledetta partita di bowling ti avrei portata in un posto, cazzo. Solo io e te. E devi imparare a fregartene se qualcuno ti dice che sembri uno scheletro o che sei sul punto di spezzarti. Loro non meritano la tua rabbia e cazzo, non la meritavo neanch'io. So cosa significa essere giudicato per quello che c'è fuori, lo so bene e se esiste una cazzo di persona che è riuscita a fregarsene di questo, tu non puoi e non devi trattarla come il resto del mondo". Il viso rosso, il fiatone, gli occhi grandi e neri. Le mani che tremano, la voce pure, ed io che mi sento troppo sbagliata e stupida per poter dire qualunque cosa. "Ho fatto anch'io degli errori, mi sono fatto del male ma se non riesco a parlartene ancora tu non puoi arrenderti. Io con te non l'ho fatto". I nostri occhi si ritrovano e quando lui incrocia i miei, non vedo più alcuna traccia della rabbia e della frustrazione di pochi attimi prima. Smetto di pensare a me stessa. Alla me stessa concentrata solo su quello che ha subito, iniziando a realizzare una versione di me completamente nuova e non sola. Le mie mani afferrano la sua nuca e in attimo mi tuffo sulle sua labbra rosee e morbide. Le più belle mai sentite prima. Karl non perde tempo, non l'ha mai fatto con me fin dalla prima volta. Mi ritrovo a cavalcioni sulle sue gambe a baciarlo come se non sapessi fare altro. Come se avessi fatto questo per tutta la vita senza mai sbagliare. Non servono parole in questo caso, tutte sarebbero sbagliate e forse, è arrivato il momento di darmi una possibilità. So che c'è qualcosa in lui che non mi torna e che continuerà a tormentarmi giorno e notte, ma ho deciso di aspettarlo come lui ha aspettato me.Angolo autrice
Buonasera a tutte. Come già avete letto nello scorso capitolo, fra karl e kendra si inseriscono nuovi personaggi.
Cosa ne pensate? Chi amate e chi odiate? Io avrei un'idea, ma aspetto i vostri commenti. E poi questo litigio che sembra risolversi con un bel bacio.
E karl? Pensate di averlo capito al 100% questo personaggio?
Commentate in tante XX.
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RomanceToccare il fondo è qualcosa a cui non ho mai pensato prima, e mentre fisso il mio riflesso allo specchio, mi rendo conto di essere andata ben oltre quello che mi ero imposta. Stringo forte le mani sulla mia valigia aggrappandomi alla consapevolezza...