La vita è fatta di abitudini. Da un anno a questa parte l'ansia mi ha sempre dato il buongiorno, mi ha sempre fatto capire quando era arrivato il momento di lasciare un mondo apparentemente tranquillo, sbalzandomi in quello vero. Questa mattina è diverso. Sento qualcosa che non ho mai provato, una sensazione molto diversa dalle altre. Qualcuno mi sta accarezzando, qualcuno ha sconvolto quest'abitudine così precisa e scaltra. Qualcuno sta rendendo questo risveglio migliore, semplicemente diverso. "Dovrei dormire più spesso con te", la sua voce roca è un colpo basso. "Buongiorno", piano apro gli occhi ma li richiudo nascondendo la testa sotto al cuscino quando realizzo cosa Karl sta guardando in questo momento. "Ma che fai?"
Lo sento ridere mentre io vorrei scomparire. Sono orrenda al mattino, peggio del solito. "Io...", non so che dire, e mi sento anche abbastanza stupida ed infantile al momento, ma sono davvero terrorizzata all'idea di mostrare le mie occhiaia scure e il mio viso scarno appena sveglia. "Ti nascondi", la sua non è una domanda. Il suo tono di voce cambia, non c'è più alcuna traccia di divertimento in questo. "Non sono un bello spettacolo al mattino", arrossisco mentre sposto il cuscino e scendo dal letto. Vado in bagno e ci resto per troppo tempo. Spero vada via, ma Karl è una continua sorpresa, una sorpresa infinita che torna sempre. Quando esco dal bagno lo trovo ancora steso a letto a fissare il soffitto, credo non mi abbia neppure sentita arrivare. "Scusami per prima", resto lontana mentre gli parlo. Il mio aspetto non è migliorato nel frattempo, ma sono più tranquilla rispetto a mezz'ora fa. "Mi sono comportata come una bambina". Continua a fissare il soffitto e questa cosa inizia a rendermi nervosa. "Tranquilla, non è successo nulla", solo ora noto che stringe il telefono fra le mani. "Va tutto bene?"
Sono poche le volte in cui glielo chiedo, come se dessi per scontato tante cose di lui, come se fossi l'unica a soffrire quando evidentemente non so nulla di lui. "Si, va tutto bene", accenna un sorriso, poi si alza dal letto passandosi le mani fra i capelli disordinati. I miei pensieri corrono subito dove non devono e dal suo sguardo non credo di essere l'unica. "Devo andare". "Va bene, anch'io devo....devo scendere", le gambe iniziano a tremare, la voce pure e le abitudini ritornano. La verità è che ho tremendamente paura di incontrare il dottor Morrison e iniziare qualcosa che mai avrei pensato di poter fare nella mia vita. "Allora scendiamo insieme", mi sorpassa aprendo la porta della mia stanza. Lo seguo in silenzio ma qualcosa non va. Karl non è mai stato così sfuggente con me, anzi. "Karl....kendra", entrambi ci blocchiamo al suono della voce dei signor Dan, suo padre. Sembra passata una vita dall'ultima volta che l'ho visto. "Papà", sospira Karl guardandolo appena, poi prosegue per la sua strada senza neppure salutarmi. "Buongiorno signor Hant", cerco di mascherare la delusione ma con uno psicologo credo sia difficile riuscirci. "Kendra, a cosa devo tutta questa tua gentilezza?" Sorride, ma con lo sguardo segue suo figlio. Vorrei fare lo stesso ma mi sento troppo vulnerabile, meglio evitare. "A nulla", scrollo le spalle ingoiando il groppo che mi si è formato in gola. Non ricordo di essere mai stata tanto sensibile prima di entrare qui dentro. Stanno cambiando troppe cose, ed io non riesco più a stare al loro passo. "Sempre di poche parole", scuote il capo. "Dove stavi andando?"
So che ci ha visti, so che ha visto Karl uscire dalla mia stanza e so, che non si aspetta nessuna spiegazione dalla sottoscritta per questo. "Dal dottor Morrison", non aggiungo altro, sicura che la notizia ben presto farà il giro dell'istituto. Non tutte arrivano a questi livelli. "Capisco", annuisce, "spero di rivederti presto anche nel mio ufficio. Sai che parlare fa sempre bene". "Ne terrò conto", lo supero non affatto pronta ad affrontare le conseguenze delle mie scelte giuste o sbagliate."Quante volte bevi in un giorno?" Sento l'ago bucare la mia pelle, non guardo. Non potrei mai. "Poche volte", trattengo il respiro, poi butto tutta l'aria fuori quando Morrison si allontana. Dovrò restare stesa per un pò, fissare il soffitto e contare delle cazzo di pecorelle inesistenti. "Sei disidratata". "Lo immaginavo", stringo i denti. E' una sensazione strana. Forse è solo la mia immaginazione, ma è come se qualcuno mi stesse costringendo a far qualcosa. "Mi chiedo come tu riesca ancora a camminare sulle tue gambe", prende una sedia posizionandola al mio fianco. "Posso restare sola?" Non commento la sua frase, a differenza del dottor Hant, Morrison non conosce il significato della parola delicatezza. Non che ne abbia bisogno, ma odio il modo in cui mi fa notare qualcosa che noto anch'io. "Se è quello che preferisci", lascia la stanza chiudendo piano la porta alle sue spalle. Mi ritrovo avvolta nel silenzio, sola come da un anno a questa parte. I pensieri tornano a farmi visita, le sue parole, il suo modo sfuggente di allontanarsi da me. Ho sempre pensato che Karl non dicesse tutto quello che c'era da dire, ma mai ho avuto tanta paura di scoprire qualcosa che potrebbe farmi troppo male. Forse sono solo troppo paranoica da non riuscire a godermi un ragazzo che palesemente mi vuole. Forse ho preso troppi schiaffi dalla vita per poter apprezzare qualche carezza, ma vederlo andar via in quel modo non mi ha lasciata indifferente. Allora mi chiedo quanto tardi sia per poter fermare un cuore che batte troppo forte solo al suono del suo nome. Non so quando ci rivedremo, ne se ricorderà di avermi invitata al suo spettacolo. E' nato tutto lì, in quella stupida sala prove dalla quale sarei voluta scappare. Ora sarebbe un rifugio perfetto per me, per noi. Ora avrei la forza ed il coraggio per restare, e mi chiedo perchè io continui a voler qualcosa solo quando penso di perderla. Rilascio un respiro tremolante, fisso la boccetta che scorre nelle mie vene e penso a quanto sia inutile voler salvare chi non vuole essere salvato. Penso a quanto tempo quel ragazzo stia perdendo dietro qualcuna che non potrà mai portare a mangiare una pizza a Times Square, senza che questa non scappi via come una bambina davanti ad un film horror. "Fanculo", le mie dita stracciano via dalle mie braccia l'ago, mi alzo troppo in fretta e finisco a terra precipitando sul braccio ancora fasciato. Reprimo un urlo, ma mi ritrovo a singhiozzare proprio come quella famosa bambina del film horror. Due braccia mi tirano su dalle ascelle. "Kendra", la voce mortificata e delusa di Morrison non mi fa alcun effetto. Sono un vaso rotto che nessuno sarà mai in grado di aggiustare. Ho sempre odiato quegli sguardi, gli stessi che hanno accompagnato la mia vita dopo la morte di mio fratello. Qui pensavo di non dover provare più quella sensazione, qui siamo tutte uguali o forse io riesco a distinguermi negativamente anche in questo caso.
STAI LEGGENDO
365
रोमांसToccare il fondo è qualcosa a cui non ho mai pensato prima, e mentre fisso il mio riflesso allo specchio, mi rendo conto di essere andata ben oltre quello che mi ero imposta. Stringo forte le mani sulla mia valigia aggrappandomi alla consapevolezza...