La porta si chiude alle mie spalle e io scivolo contro questa. "Benvenuta all'inferno", sobbalzo sbattendo la testa contro un piccolo canestro attaccato a questa maledetta porta. "Chi sei?" Sbarro gli occhi. Mio padre non mi aveva parlato di una compagna di stanza e spero vivamente che si tratti solo di un banale errore. "Davina, la tua compagna di stanza", si lancia sul letto lasciandomi a bocca aperta. No, questo non era previsto. "Non ci è consentito stare sole in camera, sai....per quello che potremmo fare dopo", si porta due dita in gola emulando un conato. "Eh..posso sapere il tuo nome?" Inclina il capo scrutandomi dalla testa ai piedi ma in qualche modo, almeno da lei, non mi sento giudicata. "Kendra", mi massaggio la testa avvicininandomi a quello che suppongo sia il mio letto. "Molto piacere", si mette a sedere. "Mi hanno separato dalle altre ragazze proprio in vista del tuo arrivo". "Mh", poggio la valigia sul letto prima di passarmi le mani sul viso. Ho sonno ma non credo che la giornata possa considerarsi conclusa. "Non sei di molte parole", osserva. Questa è la prima cosa che tutti notano di me e vorrei tanto che si limitassero solo a questo. Non voglio che nessuno mi conosca, anche perchè non c'è più nulla in me. "Da quanto sei qui?" Le chiedo. Non so davvero come gestire la questione compagna di stanza, odio gli imprevisti e questo è un enorme imprevisto. "Una settimana", sbuffa. "Non puoi capire quanto sia noioso tutto questo".
"Mi sono già fatta un'idea", apro il mio armaio, nuovo e che profuma di talco. "Per carità, qui sono davvero tutti gentili. La signora Anne è un angelo. Ci capisce, ci ascolta. Non ci obbliga solo a mangiare". Mi blocco. "Mi sembra il minimo", sbotto. "Vogliono solo farci guarire", scrolla le spalle. "Sei qui da solo una settimana e già ti hanno fatto il lavaggio del cervello?" Scuoto il capo poggiando la prima pila di vestiti sullo scaffale più basso. "Però, sei davvero simpatica", ridacchia. "Ma tranquilla, non sono una facilmente infuenzabile. Credo che se entrambe siamo qui è perchè abbiamo raggiunto la consapevolezza di aver bisogno d'aiuto". "Non ho bisogno di qualcuno che imbocchi", mi volto prendendomi tutta la sua attenzione. "Credi davvero che qualcuno qui dentro ci capisca? Credi davvero che loro comprendano il motivo per cui musiriamo lo spessore del nostro braccio o se per noi è importante contare le nostre costole?". "Wow, che temperamento ragazza. Mi chiedo dove tu trova la forza di urlare così tanto", si alza avanzando nella mia direzione. "Non che tu stia messa meglio", la guardo di sottecchi prima di tornare ai miei vestiti. "Quanti anni hai Kendra?". "Venti, e tu?". "Ventuno", si siede sul mio letto. "Saremo ancora giovani quando usciremo da qui dentro". "Già", sussurro al vuoto pensando a quanto sbagliati siano ora i miei pensieri. "Comunque non è proprio tutto noioso qui dentro", la voce squillante di Davina mi riporta alla realtà. Una realtà ugualmente brutta e sbagliata. Una realtà che non avrei mai voluto vivere senza di lui. "Non dirmi che c'è anche l'animazione una volta alla settimana?" Alzo gli occhi al cielo ma devo davvero aspettarmi di tutto da questo posto. "Meglio", ammicca trascinandomi al suo fianco. Non gestisco bene il contatto fisico, alla gente fanno schifo i miei polsi scheletrici. "Anne ha un figlio". "Tante persone hanno figli", faccio per rialzarmi ma me lo impedisce. "Beh, a meno che tu non sia lesbica, amerai come tutte noi il giovedì". "Cosa succede il giovedì?" Domando anche se non me ne frega nulla. "Karl viene a trovare sua madre", bisbiglia come se questo fosse un segreto di stato. "Che nome del cazzo", mi ritrovo a ridacchiare e mi blocco non appena me ne rendo conto. Forse per Davina questo è normale, per me non lo è affatto. "Lo pensavo anch'io, effettivamente", scrolla le spalle. "Ma non appena lo vedrai, il suo nome del cazzo sarà l'ultima cosa a cui penserai". "Wow, sembra interessante". "Risparmia il tuo sarcasmo cara, mi darai ragione", arriccia il naso e sembra davvero una bambina. Sono qui da meno di un'ora, in una stanza che non è la mia, a parlare con una sconusciuta più di quanto abbia fatto durante il corso dell'ultimo anno. "E comunque il tragico momento è arrivato", sbuffa facendo leva sulle braccia per rimettersi in piedi. "Di che momento stai parlando?" La guardo dal basso, è davvero alta a differenza della sottoscritta.
"La cena".
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RomanceToccare il fondo è qualcosa a cui non ho mai pensato prima, e mentre fisso il mio riflesso allo specchio, mi rendo conto di essere andata ben oltre quello che mi ero imposta. Stringo forte le mani sulla mia valigia aggrappandomi alla consapevolezza...