"Karl qualcuno potrebbe vederci", cerco di fermarlo ma sono davvero poco credibile. "E che guardino", sussurra mentre continua il suo assalto al mio collo. "Sul serio", stringo gli occhi. Devo essere più forte, ma sopratutto più ragionevole.
"Vogliamo andare da me?" Dai suoi occhi capisco quanta voglia abbia di spingersi oltre, ne ho anch'io ma sono sicura che questo peggiorerebbe ulteriormente le cose. "Credo sia meglio che tu mi riaccompagna". "Come vuoi", sospira. Non è felice, ma sa che d'ora in poi dovrà faticare per cercare di riacquistare la mia fiducia.
Ancora una volta avvolge il mio corpo con un braccio, dandomi quel calore di cui ho bisogno. In auto restiamo in silenzio. Vorrei che le cose fra noi fossero più facili, vorrei che quell'errore lui non l'avesse commesso. Vorrei sentirmi al sicuro, forse amata, ma sicuramente rispettata. Non voglio correre più alcun rischio, e questo, è bene che Karl lo capisca.
L'auto rallenta a pochi metri dall'ingresso del centro. Spegne il motore ma non ci sarà nessun proseguo per noi. "Grazie per la cena", mi affretto a dire. E' molto imbarazzante, ho sempre odiato questo momento di un appuntamento. Ne ho avuti pochissimi e nessuno di loro ha mai avuto il valore che ha questo per me.
"Questo sarebbe il momento in cui tu mi inviti a salire", si lecca le labbra. "Certo, magari nei tuoi sogni", sorrido beffarda. "Meglio che non te li descrivo i miei sogni. Posso almeno accompagnarti dentro?" Mi piacciono tanto i suoi occhi ora, sono pieni di speranza ed anche qualcos'altro. Credo siano molto simili ai miei al momento. "Va bene", apro lo portiera, e subito lo sento trafficare con la cintura per fare lo stesso.
Camminiamo l'uno al fianco dell'altro verso l'atrio di questo grande edificio quando qualcosa, o meglio qualcuno, avanza nella nostra direzione con uno strano sorriso stampato in faccia. "Hey", Dasha saluta Karl che in questo momento sembra essere sul punto di svenire. Poi la vedo, Anne, guardare suo figlio dal fondo della sala, con un'espressione sul viso che fa pensare al peggio.
"Che diavolo hai fatto?"
Sono io a parlare, e so bene quello che questa ragazza ha fatto, ma non voglio crederci. Karl fissa Dasha come se in questo modo potesse farle del male, ma lei è qui, sotto i nostri occhi tranquilla ma sopratutto soddisfatta per aver rovinato altre vite. "Era da tempo che non venivo a trovare la dottoressa Hunt. Vi auguro la buonanotte", scrolla le spalle, ed io non sono in grado di fermarla mentre se ne va indisturbata.
Anne è ancora lì, io non so che fare. "Kendra, vai nella tua stanza. Ci vediamo nei prossimi giorni", sussurra Karl, ma quando lo guardo credo di poter star male. "Hey", accarezzo il suo braccio con una mano, qualcosa che non posso controllare. "Devi stare tranquillo, tua madre capirà".
"Ma come fai?" Scuote il capo. "Dovresti odiarmi, e invece tu mi stai consolando perchè mia madre è venuta a sapere quello che ti ho fatto".
"Già, dovrei odiarti", mi alzo sulle punte lasciandogli un bacio sulla guancia. "Buonanotte Karl". "Buonanotte principessa", lo vedo sorridere ma so che, ora, ha paura. E anch'io.Karl
"Come hai potuto?"
N'è passato di tempo dall'ultima volta che mi sono seduto su questo lettino. Ovviamente ci siamo appartati nella prima stanza disponibile, ma continuo ugualmente ad odiare il tutto.
Mia madre continua a pormi questa domanda da venti minuti, ma la verità è che non c'è alcuna spiegazione che possa essere da rimedio a quello che ho fatto. Mi sento una merda, probabilmente lo sono.
Ho fatto del male all'unica persona che non lo meritava, all'unica persona che mi ha fatto sentire vivo e felice. Non avevo idea di cosa significasse tenere così tanto a qualcuno, non avevo idea che proprio io potessi ridurmi così per una ragazza.
"Allora? Non hai nulla da dire?"
Mia madre ha le lacrime agli occhi. In questi anni non mi sono mai sentito in colpa nei loro riguardi, ora si, ma continuo a desiderare di lasciarla qui per poter correre da Kendra. "Cosa vuoi che ti dica? Ci ha già pensato Dasha". "Voglio sentire anche la tua versione", sospira guardandomi come è successo tante altre volte. "Volevo farvela pagare ancora una volta", ammetto guardandola negli occhi. "Mi avete snobbato anche quando ero qui", nei suoi occhi leggo dolore, ma non sa quanto ne abbia provato io lo scorso anno e in tutti gli anni della mia vita.
"Sei ingiusto", una lacrima solca il suo viso. "Non ti abbiamo mai fatto mancare nulla, ti abbiamo curato".
"Mancavate voi, è sempre stato questo il problema".
"Noi lavoriamo, Karl", alza gli occhi al cielo. "E quello che hai fatto a quella ragazza...".
"Lo so bene, so che non lo meritava e sto cercando di...". "No", mi interrompe. "Tu devi lasciarla in pace. E' una mia paziente e ti vieto di avere qualsiasi forma di rapporto con lei". "Cosa?" Mi alzo. "Tu non hai alcun diritto di dirmi quello che devo o non devo fare".
"Non volevo arrivare a questo".
"Lei mi piace sul serio. Non t'azzardare a far nulla".
"No, Karl. Stavolta no. Questo è il mio lavoro e cerco di salvare tutte quelle ragazze, Kendra inclusa. Devi starle lontano se non vuoi che racconti tutto a suo padre, consigliandogli di portare sua figlia lontano da qui".
"Non ci credo", sbuffo una risata. "Non riesco a crederci che tu sia arrivata a tanto, ma cara mammina.....non provare a metterti fra me e Kendra perchè non ci riuscirai". "E' solo il tuo ennesimo tentativo di vendicarti di noi. Quella ragazza non ha alcun valore per te". "Tu non mi conosci", sputo. "Non sai quello che provo e quello che io e quella ragazza abbiamo condiviso, ma è ovvio. Non ci sei mai stata, non puoi conoscere un figlio che non hai mai cresciuto", urlo e me ne vado prima che possa dire o fare cose di cui potrei pentirmene.
Ho un assoluto bisogno di lei, ma temo di correre troppo e di sbagliare ancora. Sto per andarmene quando sento il mio nome bisbigliato dalla voce più dolce che abbia mai sentito.
"Karl...Karl", mi volto e la vedo rannicchiata sulle scale con ancora quel vestito indosso. Dio solo sa quanta fatica provi ogni volta che la vedo. La desidero con tutto me stesso, ma prima di questo desidero farla sorridere ancora.
"Hey,ancora sveglia?" Provo a sorridere, ma le parole di mia madre mi hanno sconvolto. Nessuno può mettersi fra noi.
"E' molto arrabbiata?" Mi avvicino perchè non posso farne a meno. E' una calamita per me.
"Abbastanza, ma....non m'importa più di lei. Può pensare quello che vuole di me".
"Certo che t'importa", sorride. "E' tua madre, sai non lo dico mai, ma anche a me fa male sapere che la mia non ha la necessità di venire a trovarmi".
"Abbiamo tante cose in comune io e te", ammicco, lei ridacchia ed io sto già meglio. Qualunque cosa mi stia facendo questa ragazza, non voglio che smetta.
"Sei sempre il solito. Stavi...andando via?".
"Se me lo chiedi, resto", la guardo negli occhi. Non ho mai voluto qualcosa nella vita, come voglio lei.
"Io......s-si, resta", afferra la mia mano, mi lascio portare ovunque lei voglia. Sono rovinato, ma per la prima volta mi sta bene. Più che bene.
"Davina....credo resti a dormire da Dylan".
"Quindi ti lascia spesso sola", ridacchio guardandola arrossire.
Kendra è tante cose. Kendra è quella che ti manda al diavolo quando la fai incazzare, quella che ti tira uno schiaffo senza pensarci due volte, e quella che arrossisce dinanzi ad un complimento. Non saprei dire quale versione di lei mi piaccia di più, so solo che sono pazzo di questa ragazza qualunque cosa faccia.
"Si, molto spesso", scrolla le spalle. "Beh, sai su chi contare quando vuoi compagnia". Le scappa un nuovo sorriso, poi torna seria.
"Mi dispiace che tu abbia litigato con tua madre. A volte danno per scontato che solo i figli sbagliano. Non cercano mai l'origine dei nostri comportamenti".
"Ho smesso di sperare che mia madre possa capirmi molto tempo fa, ma.....non voglio che si metta fra noi".
"Immaginavo che lei...si arrabbiasse perchè hai toccato una sua paziente", scuote il capo. "Ma io ho una testa karl, e solo io sceglierò...sceglierò".
"Se perdonarmi?" Lei si siede sul letto ed io vorrei tanto stendermi lì con lei ed abbracciarla soltanto. "Non si tratta di questo", abbassa il capo. "Si tratta di noi", mi piego sulle ginocchia afferrando le sue mani che stringo fra le mie.
"Io...io non sempre ti capisco, karl", ha ancora lo sguardo basso, come se temesse di incontrare il mio.
"Te lo spiegherò altre mille volte se necessario", con due dita alzo il suo mento ritrovando i suoi occhi pieni di una paura che devo cancellare. "No, tu non mi hai mai detto cosa vuoi da me. Io...io non voglio che tu mi consideri un'avventura o...".
"Ti voglio, e non parlo di sesso. Beh, ti desidero, non posso negarlo. Vedi Kendra, io non ho mai.....non ho mai preso seriamente i rapporti con le donne. Non ho mai avuto relazioni importanti e mai avrei pensato di volerle. Quando stavo con te all'inizio, stavo bene, non pensavo a nulla e spesso, per non dire sempre, dimenticavo quello che dovevo fare. Ogni volta era sempre più bello, più naturale, poi mi fermavo a pensare. Pensavo che avrei dovuto mettere fine a quello che avevamo dopo aver ottenuto quello che volevo". Parlo senza un freno, sperando che la verità e il mio essere sincero le facciano capire come sono ridotto per lei. "Ma quando stavo con te non ho mai finto, e sono dovuto andare via quando mi sono reso conto del male che ti stavo facendo. Mi sei piaciuta dal primo giorno, ma è stato in quei giorni in cui non ti ho vista, e in cui pensavo che mai ti avrei rivista, che è cambiato qualcosa. Avevo bisogno di te, ho bisogno di te nella mia vita e da allora, ho una fottuta paura che tu scelga di essere ragionevole e mandarmi a fanculo. Io ti voglio Kendra, ti voglio tutta per me. Voglio che tu sia la mia donna, e aspetterò tutto il tempo che vorrai", sussurro sulle sue labbra bagnate dalle sue lacrime. "Spero di essere stato abbastanza chiaro ora".
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RomanceToccare il fondo è qualcosa a cui non ho mai pensato prima, e mentre fisso il mio riflesso allo specchio, mi rendo conto di essere andata ben oltre quello che mi ero imposta. Stringo forte le mani sulla mia valigia aggrappandomi alla consapevolezza...